La letteratura scientifica nazionale e internazionale, studia il sistema sanitario attraverso una serie di indicatori che mettono in relazione le risorse (come posti letto, personale sanitario, attrezzatura tecnologica, etc.) con la domanda di cure (come ricoveri, prestazioni ambulatoriali, interventi di urgenza) in modo da identificare il livello di efficacia, efficienza ed economicità della struttura o dei singoli reparti. A tal fine, con il Decreto del Ministero della Salute del 12 dicembre 2001, vengono stabiliti gli indicatori ufficiali per il monitoraggio dell’assistenza sanitaria definendoli “informazioni selezionate allo scopo di conoscere fenomeni di interesse, misurandone i cambiamenti e, conseguentemente, contribuendo ad orientare i processi decisionali dei diversi livelli istituzionali”. Questo scritto si concentra in particolare sulla dotazione di posti letto erogati in regime di ricovero ordinario, escludendo dall’analisi il fattore produttivo relativo al personale e le tecnologie, per i quali si ritiene opportuno dedicare una trattazione a parte. La scelta di utilizzare i posti letto come unico fattore produttivo è comunque riconosciuto dai professionisti del settore, come una proxy del funzionamento globale di una struttura ospedaliera e le altre voci di costo direttamente proporzionali alla loro entità.
Posti letto In seguito alla riforma del sistema sanitario, i posti letto pubblici per acuti x 1.000 abitanti, hanno subito una progressiva riduzione, con una diminuzione di quasi del 10% in un arco temporale di 6 anni (tabella 1). Osservando il dato rispetto alle macro-aree del Paese, si assiste a un comportamento comune ma con intensità diversa e riduzioni più marcate man mano che si percorre verso Sud il territorio nazionale. Rimane comunque superiore la disponibilità di letti nelle regioni del Nord, probabilmente alimentata da una maggiore capacità finanziaria di queste ultime oltre che da una struttura di offerta caratterizzata da ospedali di medio-grandi dimensioni.
Tabella 1 – Posti letto ospedalieri pubblici ordinari x 1.000 abitanti
2007 | 2010 | 2013 | Δ 2007 -2013 | ||
NORD | 3.3 | 3.2 | 3.0 | -9.1% | |
CENTRO | 3.1 | 2.9 | 2.7 | -12.9% | |
MEZZOGIORNO | 2.7 | 2.4 | 2.2 | -18.5% | |
ITALIA | 3.0 | 2.9 | 2.7 | -10.0% |
Fonte: Nostra elaborazione su dati del Ministero della Salute
Tasso di Dimissione Come effetto della razionalizzazione del sistema, la riduzione dei posti letto disponibili sembra avere modificato il comportamento della popolazione nel ricorso alle cure ospedaliere. Questo fenomeno, misurato attraverso il Tasso di Dimissione ospedaliera, se calcolato nella sua forma più elementare, restituisce variazioni molto consistenti. L’indice così calcolato (tabella 2) evidenzia una riduzione complessiva del ricorso alle strutture ospedaliere di quasi il 15% su tutto il territorio nazionale. Lo stesso indicatore, che al 2007 nel Mezzogiorno si discostava di poco dalla media nazionale, nel 2013 risulta nettamente inferiore con una riduzione di quasi il 22%.
Tabella 2 – Tasso di Dimissione ricoveri ordinari presso ospedali pubblici x 1.000 abitanti
2007 | 2010 | 2013 | Δ 2007 -2013 | ||
NORD | 116.9 | 110.4 | 103.7 | -11.3% | |
CENTRO | 116.0 | 111.8 | 102.7 | -11.5% | |
MEZZOGIORNO | 111.5 | 98.3 | 87.1 | -21.9% | |
ITALIA | 114.9 | 106.5 | 97.8 | -14.9% |
Fonte: Nostra elaborazione su dati del Ministero della Salute
Tasso di Utilizzo La riduzione dei posti dedicati al ricovero, nonostante abbia disincentivato il ricorso alle strutture ospedaliere, se da una parte ha fatto emergere ulteriori margini di utilizzo, dall’altra, pone un’ulteriore problematica di non facile risoluzione: il livello di saturazione della capacità produttiva. In generale, il maggiore utilizzo dei posti letto, misurato attraverso il Tasso di Utilizzo, ha superato già nel 2007 i livelli di riferimento (70-75%) definiti con il Decreto del 12 dicembre 2001 dal Ministero della Salute. Tuttavia, nel periodo considerato, l’indicatore, calcolato per macro-area del Paese (tabella 3), restituisce un aumento dei livelli di saturazione solo per le regioni del Mezzogiorno, che dal 75,6% nel 2007 salgono al 78.5% allineandosi alla media nazionale.
Tabella 3 – Tasso di Utilizzo dei posti letto per ricoveri ordinari presso ospedali pubblici – (%)
2007 | 2010 | 2013 | Δ 2007 -2013 | ||
NORD | 79.6 | 79.8 | 78.0 | -1.6 | |
CENTRO | 79.6 | 79.3 | 78.5 | -1.1 | |
MEZZOGIORNO | 75.6 | 77.0 | 78.5 | 3.0 | |
ITALIA | 78.4 | 78.9 | 78.2 | -0.1 |
Fonte: Nostra elaborazione su dati del Ministero della Salute
Giornate di degenza e degenza media L’aumento della produttività sopra descritta è in parte, dovuto a una riduzione delle giornate di degenza potenziali pro-capite che passano da 0.87 a 0.76 (tabella 4) e in parte ad un aumento della degenza media che passa da 7,6 a 7,8 (tabella 5). Tale variazione, sembra tuttavia essere guidata dalle sole regioni del Mezzogiorno.
Tabella 4 – Giornate di degenza Ospedaliera (pro-capite) per ricoveri ordinari presso ospedali pubblici
2007 | 2010 | 2013 | Δ 2007 -2013 | ||
NORD | 0.96 | 0.92 | 0.86 | -10.4% | |
CENTRO | 0.90 | 0.84 | 0.78 | -13.3% | |
MEZZOGIORNO | 0.74 | 0.68 | 0.63 | -14.9% | |
ITALIA | 0.87 | 0.82 | 0.76 | -12.6% |
Tabella 5 – Degenza media per ricoveri ordinari presso ospedali pubblici
2007 | 2010 | 2013 | Δ 2007 -2013 | ||
NORD | 8.2 | 8.4 | 8.3 | 1.2% | |
CENTRO | 7.8 | 7.5 | 7.6 | -2.6% | |
MEZZOGIORNO | 6.6 | 6.9 | 7.2 | 9.1% | |
ITALIA | 7.6 | 7.7 | 7.8 | 2.6% |
Fonte: Nostra elaborazione su dati del Ministero della Salute
Indice di Case-Mix L’indice di Case-Mix, impiegato per la misurazione della complessità della casistica trattata, dato dal rapporto tra il peso medio per disciplina calcolato nella struttura e il peso medio dello standard italiano, fornisce informazioni importanti circa la produttività di un ospedale/reparto e del suo relativo livello di specializzazione rispetto a quella di riferimento. Valori di ICM > 1 indicano una casistica trattata più complessa rispetto allo standard, mentre valori inferiori a 1 indicano una casistica meno complessa. Sulla base di questa preliminare classificazione, calcolando il rapporto tra il numero di reparti che tratta casi complessi (ICM>1) e il numero totale dei reparti, per ciascuna delle tre macro aree, emerge una evidente sproporzione tra le strutture del nord (48.9% al 2013) e del centro (45.3%) rispetto a quelle del sud Italia (29.7%) nonostante queste ultime siano cresciute di 2.3 punti percentuali nel periodo considerato (tab. 6).
Tabella 6 – Distribuzione dei reparti con ICM >1 per macro area del Paese
ICM > 1 | ||||||
2007 | 2010 | 2013 | Δ 2007 -2013 | |||
NORD | 54.3% | 54.5% | 48.9% | -5.4% | ||
CENTRO | 46.6% | 46.8% | 45.3% | -1.3% | ||
MEZZOGIORNO | 27.4% | 25.5% | 29.7% | 2.3% | ||
ITALIA | 42.4% | 41.9% | 41.1% | -1.3% |
Fonte: Nostra elaborazione su dati del Ministero della Salute
Discussione Va comunque detto che le differenze geografiche sopra evidenziate, sono solo in parte attribuibili alla capacità di programmazione delle singole regioni. La scelta di dotazione di risorse, infatti, è fortemente condizionata, oltre che dalla dimensione delle strutture, anche dalla capacità di finanziamento delle regioni che ne garantisce la sostenibilità nel tempo. In questi termini, la devoluzione delle competenze, non sembra avere completamente ridotto il ricorso ai disavanzi prodotti dalle regioni per finanziare le eccedenze di spesa. La conseguenza di una maggiore autonomia a livello locale, sebbene questa costituisca un vantaggio in termini di responsabilizzazione manageriale, si scontra con una capacità contributiva differenziata che caratterizza le diverse regioni (Carroppo e Turati, 2007). Di conseguenza, la copertura della spesa sanitaria attribuibile al finanziamento regionale assume connotati e strategie differenti per area del Paese. Di fronte alla necessità di ridurre i livelli di spesa sanitaria, interventi di razionalizzazione della rete sono una condizione necessaria a garantire un equilibrio sostenibile tra domanda e offerta. L’analisi della struttura di offerta ospedaliera, rispetto ai fabbisogni di sanità, rivela una sostanziale disomogeneità tra la domanda e l’offerta, soltanto in parte spiegata dalle dimensioni geografiche e di popolazione. Pertanto si può affermare che le decisioni prese in ambito sanitario non rispecchino una politica sanitaria globale di omogeneizzazione dei livelli di servizio rispetto alla popolazione residente ma seguono un comportamento di mercato fortemente condizionato dai livelli di spesa rischiando di impoverire ulteriormente la struttura del servizio. Da questi dati emerge che alla sanità delle regioni meridionali non serve un piano di rientro, serve piuttosto una spending review seria e un serio piano di valutazione delle performance.
Il piano di rientro della sanità è stato ed è un Moloch a cui le strutture sanitarie calabresi hanno dovuto inchinarsi. Facendo un bilancio di più di 6 anni di piano di rientro e di commissariamento, dobbiamo notare con rammarico che nessuno dei problemi strutturali della sanità è stato risolto, che il disavanzo delle strutture sanitarie continua ad essere rilevante, che i LEA sono lontani dagli standard nazionali, che ai problemi già atavici il piano di rientro ha aggiunto nuove criticità perché riducendo le risorse e bloccando le assunzioni ha reso problematici i servizi sanitari. La logica dei tagli lineari non solo non migliora la qualità dei servizi sanitari anzi, tende ad appiattirne verso il basso il livello. Se risparmiare sempre e comunque è l’imperativo, se il turnover è bloccato, se gli investimenti latitano allora il livello qualitativo dell’erogazione dei servizi cala e quello che cresce è solo la mobilità sanitaria.
Bisogna allora avere il coraggio di dire che il disavanzo sanitario non solo non è la causa dei mali della sanità meridionale, anzi ne è piuttosto l’effetto perverso. Il vero male della sanità meridionale è la scarsa qualità e il maggior costo del servizio erogato, spesso anche a causa di uno spreco di risorse. Una semplice spending review nelle strutture sanitarie varrebbe 10 anni di piano di rientro e, se gestita con un’ottica premiale, potrebbe addirittura diventare strumento di investimento. Perché ciò che si risparmia in sanità deve essere reinvestito sotto forma di risorse aggiuntive. Se un reparto, una ASP o un Azienda Ospedaliera riduce i suoi costi del 20%, questo 20% deve tornare raddoppiato sotto forma di nuovi posti di lavoro per medici ed infermieri e di nuovi beni strumentali. Il Governo si sta orientando a permettere alle regioni di abbandonare il piano di rientro e questo sicuramente è un bene. Se in questo provvedimento si inserissero anche degli strumenti che rendano obbligatoria la spending review e che rafforzino i meccanismi di valutazione delle performance in ambito sanitario sicuramente i risultati sarebbero rilevanti anche per le regioni considerate meno virtuose.
Questo contributo è scritto in collaborazione con Giuseppe Quattrone.