Fabbisogni standard e capacità fiscale costituiscono i due pilastri su cui si reggerà la perequazione delle risorse finanziarie dei Comuni realizzata attraverso il Fondo di Solidarietà Comunale (FSC). La normativa di riferimento è la legge delega 42/2009 in materia di federalismo fiscale in cui si fissa il principio della copertura integrale da parte dei meccanismi perequativi di tutti i costi derivanti dall’esercizio delle funzioni fondamentali degli enti territoriali. Tuttavia, l’applicazione di criteri perequativi è stata avviata solo nel 2015 con l’Accordo del 31 marzo 2015 in Conferenza Stato-Città che, in attuazione della legge di stabilità, definisce la ripartizione del FSC con criteri diversi rispetto alla spesa storica. Il tema è di grande interesse, tant’è che in questi giorni è stato oggetto di studio e di valutazione da parte della Corte dei Conti e dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Questo breve contributo si limita a presentare gli effetti attesi sulla finanza pubblica che i comuni calabresi riceveranno in applicazione del nuovo piano di ripartizione dei fondi statali.
I due pilastri della perequazione Per fabbisogno standard si intende l’ammontare di spesa necessaria a garantire un livello minimo di servizi essenziali. È predeterminato sulla base dei costi standard fissati dalla legge dello Stato, tenendo conto (a) del valore standardizzato della spesa corrente, al netto degli interessi e le spese in conto capitale, e (b) di indicatori di fabbisogno di infrastrutture, in coerenza con la programmazione regionale di settore. La capacità fiscale corrisponde al valore di gettito fiscale generato da ciascun comune. Essa gioca un ruolo chiave nella quantificazione della perequazione, poiché ogni ente riceverà la differenza tra il totale dei fabbisogni standard e il totale delle entrate derivanti dai tributi locali valutati ad aliquota standard. La nuova modalità di perequazione sarà a regime a partire dal 2021 e nella fase di transizione 2017-2021 sostituirà gradualmente quella basata sulla spesa storica, ossia sulla spesa media sostenuta dall’ente in un determinato arco temporale. Dal 2021 in poi, il ruolo della spesa storica non si annullerà, poiché nei calcoli per la perequazione se ne considererà il 50%.
Perché si cambia L’obiettivo è di razionalizzare la distribuzione della finanza erogata ai comuni ricorrendo a criteri “standard” di determinazione dei fabbisogni essenziali ed eliminare le distorsioni generate dalla passata perequazione basata sull’uso della spesa storica. ll confronto tra fabbisogno standard e spesa storica evidenzia che più del 55% dei comuni italiani avrebbe un livello di spesa superiore a quello stimato come necessario per garantire le funzioni fondamentali. In altre parole, col vecchio metodo basato sulla spesa storica, più della metà dei comuni italiani riceverebbe un ammontare di risorse superiore a quelle strettamente necessarie. Si tratta di enti di piccole e medie dimensioni: le differenze maggiori riguardano prevalentemente i comuni con meno di 1.000 abitanti. Per questi comuni, la spesa storica è superiore di oltre il 33% del fabbisogno standard, con picchi particolarmente elevati (+39%) nel Centro e nel Sud. Al contrario, la capacità fiscale risulta al Sud di gran lunga inferiore a quella del Nord Italia. In Calabria, nel 2016 la capacità fiscale standard dei comuni è stimata in 233€ procapite, ossia un valore 5 volte minore della media nazionale pari a 413 € [al netto della componente rifiuti] (Ministero delle Finanze “Capacità fiscale standard dei Comuni RSO”)
Gli effetti ridistributivi del nuovo regime Per i piccoli comuni italiani, la corte dei conti stima che il graduale passaggio dalla spesa storica al combinato “fabbisogni standard e capacità fiscale” determinerà già nel 2017 delle perdite fino a 15,90€ ad abitante, il cui peso relativo ammonta al 3% del totale dei trasferimenti. Dalle elaborazioni della corte dei conti si evince che cosa succederà al termine della fase di transizione, ovvero quando i nuovi criteri di perequazione saranno a regime. Nel 2021 la riduzione dei trasferimenti per i piccoli comuni sarà elevata: essi riceveranno l‘8,5% in meno rispetto a quello che otterrebbero se si applicasse il vecchio metodo basato sulla spesa storica. Questa perdita è abbastanza uniforme su tutto il territorio nazionale: è certo che i piccolissimi comuni italiani saranno svantaggiati dall’applicazione del nuovo piano di perequazione, indipendentemente dalla loro localizzazione. Le penalizzazioni riguardano anche i comuni con una popolazione compresa tra 1000 e 5000 abitanti (in media lo svantaggio è di 5,6% di risorse in meno rispetto a quanto osservato), ma, in questo caso, i costi maggiori si registrano nel Nord Ovest (-9.1%), Nord Est (-6.5%) e in misura minore nel Centro-(1%) e nel Sud (-2.6%). E’ interessante notare che i comuni italiani con una popolazione di 5-20 mila residenti non subiranno alcuna penalizzazione. Anzi, in media, registreranno nel 2021 un aumento del 3.2% dei trasferimenti rispetto a quelli calcolati con il metodo storico. Considerando sempre i comuni della fascia 5-20 mila abitanti, è importante dire che quelli localizzati a Sud contabilizzeranno dal 2021 in poi un incremento di risorse pari al 10.7% in più rispetto ai fondi FSC ricevuti fino al 2016 (Figura 1). I calcoli presentati si riferiscono ad uno scenario, quello disciplinato a partire dal 2021, in cui si considera il 50% della spesa storica. Evidentemente, se fosse prevalsa l’iniziale ipotesi di annullare la spesa storica, i risultati sarebbe stati ulteriormente penalizzanti. La sintesi di questi dati è che occorre riflettere sulle opportunità e sulle convenienze di mantenere lo status-quo degli assetti istituzionali più periferici, salvaguardando la presenza di comuni anche di piccolissima dimensione. Oppure se ponderare la possibilità di avviare processi di integrazione tra enti finalizzati a recuperare efficienza nella gestione delle spese e delle entrate.
Il potenziale impatto sui comuni calabresi La diversa ripartizione del FSC potrebbe essere penalizzante per molti comuni della Calabria, a causa della presenza di due concomitanti fattori. Da un lato, la capacità fiscale è la più bassa d’Italia: gli estremi della distribuzione delle capacita fiscale comunale indicano che il valore massimo si registra in Liguria (più di 630€ pro-capite per comune), mentre il punto di minimo è in Calabria in cui capacita fiscale per comune è poco meno di 250€ per abitante. In assenza di radicali shock strutturali nella determinazione di maggiori entrate fiscali locali, si deduce che i comuni calabresi – in particolare i piccoli – non possono contare sulla componente fiscale come canale di finanziamento delle loro attività istituzionali. In presenza di bassa capacità contributiva, i comuni hanno, quindi, il vincolo di finanziarsi ricorrendo ad una maggiore domanda di fondi del piano nazionale di perequazione. Tuttavia, i gradi di libertà sulla perequazione mutano e sono più restrittivi. Infatti, molti comuni calabresi hanno potuto finora far leva su un’elevata spesa storica che, in moltissimi casi, è stata superiore alla soglia compatibile con i fabbisogni standard. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di comuni calabresi di piccole dimensioni: l’80% ha meno di 5.000 abitanti e il 20% ha meno di 1.000 residenti. Questa eccedenza è considerata come un segnale di inefficienza nella ripartizione nazionale dei fondi perequativi, ma nella sostanza delle cose, ha consento a molti enti locali calabresi di finanziare le loro attività. L’abolizione del criterio della spesa storica implicherà, quindi, che questi comuni riceveranno meno fondi FSC rispetto a quelli ottenuti fino al 2016. Queste valutazioni di carattere generale sono confermate dall’esercizio numerico effettuato dalla Corte dei Conti. I dati sono drammatici per molti comuni calabresi. L’analisi mostra come su 409 comuni calabresi solo 148 trarranno vantaggio dal nuovo sistema di ripartizione dei fondi statali, mentre 261 saranno svantaggiati. Anche in Calabria le penalizzazioni saranno concentrate nella fascia di comuni con meno di 5.000 abitanti. In particolare, dei 79 comuni calabresi fino a 1000 abitanti ben 67 riceveranno meno risorse statali in applicazione del nuovo FSC. I comuni calabresi ricadenti nella fascia successiva (1.000-5.000 residenti) sono 246 e, di questi, ben 171 sono penalizzati dal nuovo piano di perequazione. E’ chiaro che la riduzione dei trasferimenti ripropone il problema dell’opportunità di mantenere in vita i piccoli enti locali, sia quelli con popolazione inferiore ai 1.000 abitanti sia quelli con meno di 5.000 residenti (Figura 2).
Sintesi E’ chiaro che in base alle valutazioni proposte dalla corte dei conti, ne deriva che questi comuni – ricevendo meno fondi FSC e con bassa fiscal aita locale – dovranno valutare l’opportunità di aggregarsi. In tal caso, l’incremento della dimensione potrebbe consentire di godere dei vantaggi legati al fatto che l’incidenza della spesa pro-capite diminuisce significativamente passando da comuni piccolissimi a comuni più grandi, fino a raggiungere il punto di minimo (817€ di spesa pro capite) quando la popolazione è compresa tra 3.000 e 5.000 abitanti. Una valutazione esaustiva dei processi di aggregazione deve, infine, considerare anche l’andamento curvilineo (prima decrescente e poi crescente) della capacità fiscale pro-capite al variare della dimensione dei comuni.
Questo contributo, riprendendo le indicazioni della corte dei conti, limita la discussione sugli aspetti economici che condizionano le attività delle municipalità italiane. In tale prospettiva, indica con estrema chiarezza che il tema che rimane aperto è quello della sostenibilità finanziaria di assetti istituzionali in cui la domanda e l’offerta di finanza locale sono polverizzate in un numero elevato di centri di spesa, ossia i comuni.
Presentazione dati: Dibattiti a Trenta (17.3.2017) e a Pedace (20.3.2017)