L’analisi del caso Lo scioglimento dei comuni con infiltrazioni mafiose è stato uno strumento che ha funzionato poco. In primo luogo perché è stato sempre fatto su comuni di dimensioni piccole. Sicuramente la dimensione del comune può significare poco in termini di infiltrazione mafiosa, ma è anche vero che gli interessi che possono gravitare intorno ad un comune di poche anime possono essere interessanti per la manovalanza della mafia e non certo per i vertici delle organizzazioni. Nei grandi comuni o nelle provincie le richieste di accesso sono state quasi nulle, ricordiamo solo il caso della provincia di Crotone che si è concluso senza scioglimento e il caso del comune di Reggio Calabria che si è concluso con lo scioglimento [1].
Questo fatto ha due ordini di motivi, i grossi centri hanno interessi politici molto forti e con risvolti regionali e nazionali, la scelta, quindi, non è solo una scelta tecnica, ma deve tenere conto di delicati equilibri politici e in secondo luogo in questi casi la presenza della criminalità è più indiretta e realizzata attraverso l’area grigia e quindi più difficile da individuare. Quella dello scioglimento è poi una politica non scevra di effetti collaterali, sia in termini di immagine sia in termini di capacità gestionale delle strutture commissariali che spesso aggravano i problemi amministrativi del Comune. Si assiste, poi, al caso di numerosi comuni con reiterazioni di scioglimento ad intervalli di tempo ravvicinati, cosa che denota una certa inefficacia del procedimento.
La discussione In sintesi, i nodi problematici della procedura di scioglimento sono i seguenti: L’inefficacia del provvedimento; l’aggravamento dei problemi amministrativi e gestionali dei Comuni; l’applicazione a realtà piccole; l’incapacità di colpire l’area grigia che si pone come cerniera fra le istituzioni e la criminalità; la limitazione degli effetti agli amministratori, con la sostanziale esclusione della dirigenza; l’esagerata confidenza sulle capacità taumaturgiche delle terne commissariali.
Alla luce di questa breve analisi, si possono trarre alcune considerazioni che possono costituire una prima base di riflessione per una riforma di questo istituto. Non si può non notare che ci troviamo in una situazione in cui si opera con il paradigma dell’urgenza e nel contempo non esiste una graduazione degli interventi. Una volta che la commissione d’accesso si è insediata può verificarsi solo una di due ipotesi: a) Consiglio Comunale sciolto; b) Consiglio Comunale non sciolto. Si potrebbero citare casi concreti, ma spesso la differenza fra i primi e i secondi è abbastanza labile. La commissione d’accesso interviene, poi, in casi in cui vi sia già una sorta di fumus di mafiosità del comune.
La proposta Partendo da ciò, una proposta potrebbe essere quella di eliminare il carattere di urgenza all’insediamento della Commissione di accesso e costruire, invece, una procedura ordinaria di verifica dell’attività ammnistrativa da parte di un organo apposito che valga per tutti i comuni italiani, con l’obbligatorietà di sottoporsi alla procedura di verifica dell’attività amministrativa ogni due anni per i centri con più di 15 mila abitanti, ogni 4 anni per i comuni più piccoli e ogni anno per le città metropolitane, le regioni e per quei comuni in cui vi sia stato uno scioglimento del consiglio negli ultimi 5 anni. L’obbligatorietà della procedura dovrebbe, poi, essere estesa a tutti quegli enti pubblici che possono essere oggetto di infiltrazioni (ASL e Aziende Ospedaliere, Società in House e Partecipate, Enti Strumentali, Società di Gestione di Appalti in Project Financing).
L’esito della verifica sulle infiltrazioni della criminalità potrebbe dare origine a sanzioni differenziate che possono sommariamente essere elencate di seguito:
- Divieto di espletare appalti
- Obbligo di rotazione degli incarichi dirigenziali
- Licenziamento o trasferimento ad altra amministrazione dei dirigenti e dei dipendenti
- Obbligo di espletamento di tutti gli appalti attraverso SUA
- Modifiche sui bilanci approvati
- Modifiche e/o bocciature di delibere e determine
- Verifica sui requisiti di moralità degli eletti e dei candidati
- Decadenza o sospensione temporanea individuale di consiglieri e assessori
- Sospensione temporanea dei Sindaci
- Affiancamento di una task force per il monitoraggio dell’attività amministrativa
- Scioglimento del Consiglio Comunale
Alla verifica ordinaria si può aggiungere in casi gravi e particolari l’insediamento di una Commissione d’Accesso. Un approccio di questo tipo mira, innanzitutto, ad evitare l’evoluzione della patologia del sistema, mentre la metodologia attuale si basa su un approccio di tipo chirurgico che interviene con il bisturi quando ormai la situazione si è incancrenita. Nell’ambito di questa proposta di riforma, lo scioglimento del Consiglio Comunale diventa una extrema ratio che deve sempre essere accompagnato da un percorso di monitoraggio successivo dell’attività amministrativa mirato ad evitare ricadute. Il personale per svolgere queste attività potrebbe essere reperito fra i dipendenti delle prefetture e fra i prefetti che risulteranno in esubero dopo la riduzione delle prefetture. In sintesi, si propone di trasformare da straordinaria ad ordinaria la procedura di verifica delle infiltrazioni mafiose all’interno degli enti locali e di promuovere una serie di sanzioni crescenti, unite all’eventuale azione di affiancamento nell’attività amministrativa degli organi politici da parte di una task force specializzata, per evitare l’aggravarsi del fenomeno dell’infiltrazione criminale all’interno degli enti locali.