Per il 2017 il Governo ha deciso sgravi contributivi fino a un valore di 8.060 euro per lavoratore, al fine di incentivare le assunzioni nelle regioni del Mezzogiorno di giovani fino a 24 anni di età, e di disoccupati da almeno 6 mesi di qualsiasi età. La decisione di limitare questi sgravi alle regioni del Mezzogiorno è motivata dal fatto che, mentre nelle regioni del Centro-Nord dell’Italia i tassi di disoccupazione e, soprattutto, di occupazione sono sostanzialmente simili alla media dei paesi dell’OECD, nel Mezzogiorno i tassi di disoccupazione, e ancor di più i tassi di occupazione, sono molto lontani da livelli considerabili fisiologici[1].
Se da un lato la decisione di differenziare le politiche a sostegno del lavoro a seconda della gravità della disoccupazione appare certamente giusta, non si può non evidenziare il fatto che un uso settorialmente selettivo degli sgravi contributivi, a parità di onere, potrebbe determinare incrementi di occupazione, reddito ed entrate fiscali nel Mezzogiorno significativamente maggiori. In particolare, data la struttura produttiva delle regioni del Mezzogiorno, in assenza di vincoli settoriali gran parte degli sgravi sarebbero utilizzati da imprese che producono beni a mercato esclusivamente locale (costruzioni e servizi tradizionali)[2]. In questi settori occupazione e reddito sono determinati essenzialmente dalla dimensione della domanda locale e sono quindi poco sensibili rispetto a una riduzione del costo del lavoro. Se invece gli sgravi fossero riservati a imprese che producono beni che competono con quelli prodotti in altre regioni (agricoltura, industria manifatturiera, servizi informatici, ecc.), la riduzione del costo del lavoro, aumentando la competitività delle imprese del Mezzogiorno, potrebbe stimolare spostamenti significativi della domanda sia interna che esterna verso le imprese del Mezzogiorno, con effetti sull’occupazione e sul reddito significativamente maggiori. A sua volta, il maggior reddito prodotto in queste imprese stimolerebbe aumenti di domanda nel Mezzogiorno per i beni a mercato esclusivamente locale, e quindi un aumento dell’occupazione e del reddito anche in queste imprese. L’aumento di produzione e reddito nel Mezzogiorno avrebbe effetti positivi anche per le regioni del Centro-Nord dell’Italia: l’aumento delle entrate fiscali per IRPEF ed IVA che ne conseguirebbe consentirebbe infatti di finanziare una maggior quota della spesa pubblica del Mezzogiorno con imposte riscosse nel Mezzogiorno, e sarebbe quindi possibile ridurre i trasferimenti fiscali dal Centro-Nord verso il Mezzogiorno.
Per innescare questo circolo virtuoso dovrebbe esserci però la possibilità per le imprese di poter contare sulla riduzione del costo del lavoro per un orizzonte temporale ben più lungo di un anno, probabilmente almeno per un decennio; in questo caso, tuttavia, gli sgravi fiscali e contributivi per l’occupazione nelle imprese del Mezzogiorno a mercato non esclusivamente locale tenderebbero in misura significativa ad autofinanziarsi.
[1] Nel 2015 il tasso di disoccupazione é stato dell’8,6% nel Nord Ovest dell’Italia, del 7,3% nel Nord Est, del 10,6% nel Centro, del 19,4% nel Mezzogiorno; il tasso di occupazione totale é stato del 64,5% nel Nord Ovest dell’Italia, del 65,3% nel Nord Est, del 61,4% nel Centro, del 42,5% nel Mezzogiorno; il tasso di occupazione delle persone da 15 a 24 anni é stato del 18,8% nel Nord Ovest dell’Italia, del 21,1% nel Nord Est, del 16,3% nel Centro, del 10,9% nel Mezzogiorno; il tasso di occupazione delle persone da 25 a 34 anni é stato del 73% nel Nord Ovest dell’Italia, del 72% nel Nord Est, del 65,2% nel Centro, del 42,3% nel Mezzogiorno (Banca d’Italia, L’Economia delle regioni italiane, Giugno 2016, pagine 35 e 37). Sempre nel 2015 il tasso di disoccupazione é stato del 10,4% in Francia e del 6,8%, in media, nei paesi dell’OECD; il tasso di occupazione totale é stato del 63,8% in Francia, del 68,7% negli Stati Uniti, del 66,3%, in media, nei paesi dell’OECD (OECD, Employment Outlook 2016, pagine 214 e 215).
[2] Nel 2015 nel Mezzogiorno gli occupati sono stati 406.000 in agricoltura, 774.000 nell’industria in senso stretto, 424.000 mila nelle costruzioni, 4.347.000 nei servizi (Banca d’Italia, L’Economia delle regioni italiane, Giugno 2016, pagina 33).