Una frattura profonda che divide il Paese e che allontana i giovani, quasi sempre altamente professionalizzati. È questa la vera spada di Damocle che grava sulle spalle del Mezzogiorno e non l’immigrazione che, al contrario, compensa solo in parte questa emorragia. Il 2018, a differenza del triennio 2015-2017, registra una brusca frenata degli investimenti in macchinari ed attrezzature, il declino degli investimenti pubblici e della pubblica amministrazione, invece, non sembra fermarsi. In quest’anno il Sud ha fatto registrare una crescita del PIL dell’appena +0,6%, rispetto +1% del 2017. Se a tutto questo si unisce un deficit di 3 milioni di posti di lavoro rispetto al Centro-Nord, quello che emerge è una vera e propria crisi dei diritti di cittadinanza, limitatissimi al Sud.
IL DOPPIO DIVARIO: se l’Italia rallenta il Sud ne risente in maniera maggiore. Un andamento che consolida sempre di più il doppio divario del Sud rispetto al Centro Nord. Risulta evidente che il problema meridionale è intimamente legato a quello italiano ed ora che il Paese è in crisi, lo spettro recessione incombe sul Mezzogiorno.
Il dato più allarmante è il ristagno dei consumi nell’area: +0,2, contro il +0,7 del resto del Paese. È da questo indicatore che si evince la divergente dinamica territoriale. Se il Centro-Nord ha ormai recuperato e superato i livelli pre crisi, nel decennio 2008-2018 la contrazione dei consumi meridionali risulta pari al -9%. Oltre a questo, un ulteriore affondo avviene a causa del debole contributo dei consumi privati delle famiglie (quelli alimentari calano dello 0,5%), così come è mancato l’apporto del settore pubblico. La spesa per consumi finali delle Amministrazioni Pubbliche ha segnato un ulteriore -0,6% nel2018, proseguendo un processo di contrazione che, cumulato nel decennio 2008-2018 risulta pari a -8,6%, al Centro-Nord la crescita registrata è dell’1,4%.
INVESTIMENTI: nel 2018, stima la SVIMEZ, sono stati investiti in opere pubbliche nel Mezzogiorno 102 euro pro capite rispetto a 278 nel Centro-Nord (nel 1970 erano rispettivamente 677 euro e 452 euro pro capite). La ripresa degli investimenti privati, in particolare negli ultimi tre anni, aveva più che compensato il crollo degli investimenti pubblici. Gli investimenti meridionali nel 2018 reggono, rivelando una dinamica differente a seconda dei settori. Crescono gli investimenti in costruzioni (+5,3%), mentre si fermano, con un fortissimo rallentamento rispetto all’anno precedente, quelli delle imprese in macchinari e attrezzature (+0,1%, contro il +4,8% del Centro-Nord). Questo dato desta non poche preoccupazioni, in quanto sono specialmente gli investimenti in macchinari e attrezzature (ancora del -27,6% al di sotto dei livelli del 2008, contro il +4,9% del Centro-Nord), a indicare la volontà di investire delle imprese, generando un clima di sfiducia fra gli operatori economici.
OCCUPAZIONE: gli occupati al Sud negli ultimi due trimestri del 2018 e nel primo del 2019 sono calati complessivamente di 107 mila unità (-1,7%); nel Centro-Nord, invece, nello stesso periodo, sono cresciuti di 48 mila unità (+0,3%). In questo stesso arco temporale, la precarietà nel Mezzogiorno aumenta (con meno 84 mila contratti a tempo indeterminato), a fronte di una riduzione nel Centro-Nord (contratti a tempo indeterminato aumentati di 54 mila unità). Il tasso di occupazione femminile, al Sud, resta ancora molto basso nel 2018: appena il 35,4%, contro il 62,7% del Centro-Nord.
LO SPETTRO DI UNA NUOVA RECESSIONE: in base alle previsioni elaborate dalla SVIMEZ, nel 2019, l’Italia farà registrare una sostanziale stagnazione, con incremento lievissimo del PIL del +0,1% e una crescita zero dell’occupazione (considerando nella stima il peso crescente della cassa integrazione). Il PIL del Centro-Nord dovrebbe crescere poco, di appena lo +0,3%. Nel Mezzogiorno, invece, l’andamento previsto è negativo, una dinamica recessiva: -0,3% il PIL. Nell’anno successivo, il 2020, la SVIMEZ prevede che il PIL meridionale riprenderà a salire segnando però soltanto un +0,4% (anche l’occupazione tornerà a crescere, se pur di poco, con un +0,3%).
Le cause di queste prospettive poco incoraggianti per l’economia italiana vanno ricercate in primo luogo nella decelerazione del commercio mondiale, sottoposto a pressioni crescenti, dall’improvvisa fiammata protezionistica alle forti tensioni in diverse parti del mondo. Nonostante tale peggioramento l’export, all’interno della domanda aggregata, resta la componente per la quale la SVIMEZ prevede una crescita relativamente più sostenuta. E inevitabilmente di ciò ne beneficia soprattutto il Centro-Nord, data la maggiore, e crescente, partecipazione di quest’area ai flussi del commercio mondiale.
La SVIMEZ ha calcolato l’impatto negativo sul PIL conseguente a un’eventuale aumento dell’IVA, per effetto della mancata sterilizzazione delle “clausole di salvaguardia”: se pesano per un -0,33 sull’economia nazionale, questa cifra si scompone territorialmente in un -0,30% al Centro-Nord e in un -0,41% al Sud. L’impatto maggiore al Sud dell’aumento dell’IVA è legato a due ordini di fattori. Il primo è l’effetto regressivo che una manovra sull’IVA determina maggiormente nel Mezzogiorno, dove i redditi sono strutturalmente più bassi e la capacità di spesa reale dei consumatori è minore. Il secondo attiene alla trasferibilità dell’incremento dell’IVA sui prezzi finali, che è maggiore al Sud rispetto al resto del Paese: infatti, mentre a livello nazionale, la SVIMEZ stima una traslazione dell’incremento dell’Iva sui prezzi al consumo intorno al 70%, l’incidenza è territorialmente diversa e scende al 63% nel Centro-Nord, mentre sale all’85% al Sud.
PIU’ EMIGRATI CHE IMMIGRATI: La ripresa dei flussi migratori rappresenta la vera emergenza meridionale, che negli ultimi anni si è via via allargata anche al resto del Paese. Sono più i meridionali che emigrano dal Sud per andare a lavorare o a studiare alCentro-Nord e all’estero che gli stranieri immigrati regolari che scelgono di vivere nelle regioni meridionali. In base alle elaborazioni della SVIMEZ, infatti, i cittadini stranieri iscritti nel Mezzogiorno provenienti dall’estero sono stati 64.952 nel 2015, 64.091 nel 2016 e 75.305 nel 2017. Invece i cittadini italiani cancellati dal Sud per il Centro-Nord e l’estero sono stati 124.254 nel 2015, 131.430 nel 2016, 132.187 nel 2017. Questi numeri dimostrano che l’emergenza emigrazione del Sud determina una perdita di popolazione, soprattutto giovanile, e qualificata, solo parzialmente compensata da flussi di immigrati, modesti nel numero e caratterizzati da basse competenze. Tale dinamica determina soprattutto per il Mezzogiorno una prospettiva demografica assai preoccupante di spopolamento, che riguarda in particolare i piccoli centri sotto i 5 mila abitanti.
I DIVARI NEI DIRITTI DI CITTADINANZA: Il divario nei servizi è dovuto soprattutto ad una minore quantità e qualità delle infrastrutture sociali e riguarda diritti fondamentali di cittadinanza: in termini di sicurezza, di adeguati standard di istruzione, di idoneità di servizi sanitari e di cura. Nel comparto sanitario vi è un divario già nell’offerta di posti letto ospedalieri per abitante: 28,2 posti letto di degenza ordinaria ogni 10 mila abitanti al Sud, contro 33,7 al Centro-Nord. Ancor più drammatici sono i dati che riguardano l’edilizia scolastica. A fronte di una media oscillante attorno al 50% dei plessi scolastici al Nord che hanno il certificato di agibilità o di abitabilità, al Sud sono appena il 28,4%. Inoltre, mentre nelle scuole primaria del Centro-Nord il tempo pieno per gli alunni è una costante nel 48,1% dei casi, al Sud si precipita al 15,9%. Con punte del 6,3% in Molise.
Dati che spaventano e che rendono quanto mai urgente un piano straordinario di investimenti nelle infrastrutture sociali meridionali: scuole, asili nido, ospedali, presidi socio-sanitati.
Lo spettro della recessione è evitabile se si comprende che è dentro il problema italiano che si accentua il problema meridionale; è così che si configura il “doppio divario”.Invece di perseguire soluzioni che contengono germi di contrapposizione territoriale, favorendo rivendicazionismi come la riduzione dei salari al sud o l’autonomia differenziata, sarebbe più opportuno mettere in campo un insieme di strumenti incisivi per il rilancio degli investimenti pubblici in un’ottica di integrazione e reciproci vantaggi tra le aree del Paese.
La vera mission è portare il Mezzogiorno a competere sulle catene globali del valore, sfruttando al meglio i suoi vantaggi competitivi, in una strategia nazionale ed europea.