In Italia, il contagio da Coronavirus ha rallentato la sua corsa. E’ da qualche giorno che la curva epidemiologica ha cambiato inclinazione: in termini percentuali, le variazioni giornaliere delle persone contagiate diminuiscono da circa una settimana e questo spiega la concavità della curva che si osserva nella tratto finale della figura 1.
La crisi pandemica sembra essere, quindi, sotto controllo: le misure di distanziamento sociale hanno impedito che l’espansione dell’epidemia fosse più dirompente. Ora si attende lo scenario “crescita zero” del contagio giornaliero, prima che la curva inizi a scendere. La discesa potrà essere, però, molto lenta: secondo molti virologi, uno scenario relativamente rassicurante potrà verificarsi non prima della fine di Aprile. Da qui l’idea di pensare ad una Fase 2 e una Fase 3 prima di riaprire totalmente il paese. Fasi che ancora devono essere strutturate anche tenendo conto delle differenze regionali del curve del contagio: se la regione X diventa sicura prima delle altre non è chiaro perché non potrebbe anticipare l’abbandono del lockdown. Si parla spesso di gradualità pensando solo alle attività, come se i territori fossero estranei a qualsiasi valutazione sulla rischiosità del contagio.
La scomposizione dei contagiati. Per capire cosa potrebbe accadere nei prossimi giorni è utile guardare non solo alla curva epidemiologica, ma anche alla scomposizione dei contagiati in persone in isolamento domiciliare, pazienti in ospedale e pazienti deceduti (per esclusione si ottengono i pazienti guariti). Questa scomposizione è riportata in figura 1 (valori in percentuale sull’asse a sinistra).
Da un lato, la quota di persone decedute sul totale dei contagiati è cresciuta molto e solo negli ultimi giorni sembra essersi stabilizzata: sebbene il numero dei decessi stia crescendo in termini assoluti (in base ai dati della Protezione Civile del 7 Aprile 2020 i decessi sono 17127), la variazione percentuale giornaliera decresce, e il tasso di letalità fluttua da 3 giorni attorno al 12,5%.
Dall’altro lato, qualche segnale prudenzialmente rassicurante si ha guardando alla quota di persone in ospedale che è cresciuta nelle prime due settimane dell’epidemia, mentre successivamente è diminuita con regolarità. Parallelamente, aumenta in modo sistematico la quota di persone positive in isolamento domiciliare (al 7 Aprile 2020, il 45% dei contagiati non ha sintomi tali da motivarne l’ospedalizzazione). Infine, tra le persone in ospedale la quota di ricoverati in terapia intensiva era circa il 19%-20% ad inizio dell’epidemia e nel corso del tempo è gradualmente diminuita fino ad essere pari all’11,66% (interessando il 7 aprile 2020 ben 3792 pazienti).
Il caso calabrese. I dati nazionali riflettono evidentemente le dinamiche che si osservano in tutte le regioni italiane. La figura 2, per esempio, riporta i dati relativi alla Calabria. Al 7 Aprile 2020, degli 883 contagiati il 64% è in isolamento domiciliare e questa proporzione sta fluttuando sempre sopra il 60% da piu’ di due settimane. Diminuisce anche in modo regolare la quota di persone in ospedale e, tra queste, quelle che hanno bisogno di trattamenti in terapia intensiva. Accanto all’andamento della curva del contagio in Calabria (che è ben approssimata da una funzione logistica), la scomposizione dei contagiati calabresi consente di dire (prudenzialmente) che l’espansione dell’epidemia è sotto controllo e che la prosecuzione delle misure di contenimento servirà per stabilizzare l’andamento delle curve. Anche in Calabria dobbiamo avviarci con fiducia verso la riapertura graduale delle attività economiche e della vita sociale.