Il lockdown ha interessato tutta la filiera dell’offerta di servizi turistici, tranne gli alberghi. Hanno sospeso le attività 45724 imprese turistiche che occupano 120mila persone. Su base annua, il fatturato “bloccato” delle imprese inattive da Covid è pari a 17,4 miliardi di euro (il 47% del totale settoriale). E’ evidente che oggi la riapertura delle attività avrebbe un impatto (diretto ed indiretto) maggiore sul mercato del lavoro delle regioni più vocate al turismo estivo. Basti pensare che il 70% degli occupati del segmento “villaggi turistici” è attivato nel Mezzogiorno d’Italia. Inoltre, se da un lato la dimensione media delle imprese è relativamente piccola (4,8 addetti per imprese nell’intero settore, che passano a 2,6 addetti per le imprese dei settori “sospesi”), dall’altro lato l’ISTAT calcola che la capacità di attivare nuovi occupati a seguito dell’incremento della produzione è alta in molte attività fortemente legate alla stagionalità del turismo estivo (alberghi, B&B e agriturismi, agenzie di viaggio e tour operator).
Il lockdown di tutti i settori. L’espansione dell’epidemia dl coronavirus ha costretto le autorità governative a disciplinare la chiusura di molte attività produttive. E’ di questi giorni il dibattito sulla progressiva riapertura del paese e, in questa direzione, l’abbandono del lockdown interessa già alcune nuove attività economiche (per esempio, cartolibrerie, librerie, negozi per bambini e neonati). A supporto delle scelte sul ripristino della normale vita del paese, l’ISTAT sta fornendo nuove basi dati, tra cui molte informazioni disaggregate[1] per 787 settori (servizi e industria), distinguendo tra quelli (396) che sono rimasti in attività e quelli (391) sospesi fino al 14 aprile 2020. In Italia, il lockdown ha interessato poco più di 2,1 milioni di imprese, mentre altre 2,3 milioni non hanno subito alcuna interruzione. La sospensione delle attività produttive ha interessato più di 7,1 milioni di lavoratori di imprese che nel 2017 hanno fatturato 1334 mila miliardi di euro (tabella 1).
Tra i tanti approfondimenti settoriali che la banca dati dell’ISTAT consente di fare, qua si propone una sintesi delle caratteristiche di struttura e di performance del settore turistico, la cui “riapertura” è tema di discussione anche a livello delle singole regioni italiane.
Il settore turistico in Italia. Nel 2017 le imprese turistiche sono poco più di 69342 (l’1,5% delle imprese italiane nel settore dell’industria e dei servizi (Tabella 2). Il fatturato del 2017 ammonta a 37,1 miliardi di euro, corrispondente all’1,17% del fatturato totale dei settori dell’industria e dei servizi. Il settore occupa 331390 lavoratori, pari a quasi il 2% dell’occupazione nazionale (industria e servizi).
Il contrasto del Covd19 non ha “formalmente” interessato gli alberghi, che – in termini di volumi (occupati e fatturato) – rappresentano la componente più importante del settore. Tutte le altre attività sono state sospese. La chiusura ha interessando 45724 imprese turistiche, di cui ben 24541 (il 54% delle attività chiuse) operano nel segmento di affittacamere, case ed appartamenti per vacanze, bed&breakfast, residence e agriturismi. Seguono le guide e gli accompagnatori turistici (5151 imprese), i tour operator (5612 imprese) e 4800 agenzie di viaggi.
L’occupazione sospesa ha riguardato poco meno di 120 mila addetti: il 38% (45661 occupati) opera nel segmento di “affittacamere, case ed appartamenti per vacanze, bed and breakfast, residence, e agriturismi”, seguono i tour operator (21942 occupati), le agenzia di viaggio (17422 occupati) e i villaggi turistici (10289 occupati).
L’occupazione del turismo per area geografica. I dati ISTAT consentono di verificare le aree del paese in cui le imprese turistiche attivano occupazione. Il 19,3% degli occupati negli alberghi italiani lavora nelle regioni del Nord Ovest, il 38% nelle regioni del Nord Est, il 20.5% nel centro e il 22,5% nel Mezzogiorno d’Italia (Sud più Isole nella tabella 3). La tabella 3 aiuta a capire la distribuzione territoriale del costo del lockdown in termini di occupazione per singolo segmento dell’offerta turistica: il blocco dell’occupazione dei rifugi di montagna è concentrato nelle regioni settentrionali (il 61,5% nel Nord Est e il 31,7% nel Nord Ovest). All’estremo opposto, il Sud (47,9%) e le Isole (21.5%) sono le aree del paese più penalizzate dall’inattività dei villaggi turistici. A Sud (Molise, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria) il blocco da Covid ha riguardato il 18,5% degli occupati da affittacamere, B&B e agriturismo, il 16,5% dell’occupazione nazionale delle agenzie di viaggio e il 15,7% dell’occupazione italiana nel segmento delle Colonie marine e montane. Il contributo delle regioni del Centro rispetto all’occupazione totale è elevato per le Guide e Accompagnatori Turistici (47%) e nel settore “Affittacamere, B&B e Agriturismo” (32,1%).
La rilevanza relativa del settore turistico. E’ di interesse anche ricordare qual è il “peso” delle imprese turistiche rispetto al resto dell’economia. A riguardo, l’ISTAT riporta alcuni indicatori, tra cui il grado di attivazione dell’occupazione e la rilevanza media delle imprese del settore. La prima misura si basa sul numero di occupati che verrebbero attivati a seguito dell’incremento della produzione direttamente o indirettamente attivata da ciascun settore turistico. Questa misura varia da Alto; Medio-alto; Medio-basso e Basso e nel turismo è “Alto” per gli alberghi e “Medio alto” per “affittacamere, case ed appartamenti per vacanze, bed and breakfast, residence, e agriturismi”, agenzie di viaggio e tour operator. Per tutti gli altri segmenti del turismo è medio-basso. Infine, la rilevanza media delle imprese si valuta tenendo in considerazione la dimensione economica (per esempio, fatturato occupati) e la dimensione relazionale basata sulla connettività e sulla capacità di attivazione delle imprese. Questo indicatore è medio-basso o basso per tutte le imprese turistiche.
Note
[1] Fonte: Istat (2020) Contributo e posizionamento all’interno del sistema produttivo italiano dei settori di attività economica, secondo la classificazione Ateco a 5 cifre, 16 aprile 2020