La dimensione del divario. I dati pubblicati della SVIMEZ nelle anticipazioni del Rapporto 2014 hanno destato clamore e preoccupazione per la dimensione e la persistenza del divario di sviluppo tra le regioni italiane. Nel 2013 il PIL pro-capite (a prezzi costanti 2005) è in media pari a 22278 Euro in Italia e 14613 Euro nelle regioni meridionali. La ricchezza di un individuo che risiede nel Mezzogiorno d’Italia è meno di due terzi della ricchezza pro-capite nazionale. La distanza diventa più vistosa se il confronto si fa per circoscrizioni: nelle regioni del Nord Ovest, il PIL pro-capite è pari a 27061 Euro, ossia quasi il doppio di quello meridionale. Il passaggio dalle macro-aree alle singole regioni restituisce differenze ancora più marcate: nel 2013 i valori più elevati del PIL pro-capite si registrano in Valle d’Aosta (30565 Euro), Tentino (29455 Euro) e in Lombardia (28943). All’estremo opposto si collocano la Sicilia, con un PIL pro-capite pari a 13976 e la Calabria, che chiude la classifica con il valore minimo di 13815 Euro. La ricchezza individuale di un calabrese è pari al 45% di quella di un cittadino della Valle D’Aosta, del Trentino o della Lombardia.
La persistenza del divario. Divari ampi e preoccupanti anche per la loro persistenza: nel 1995, il rapporto del reddito pro-capite tra la Calabria e la Valle d’Aosta era pari a 0.39, e circa a poco più di 0.44 nel caso del confronto con la Lombardia. In vent’anni, il ritardo della Calabria non ha subito alcuna variazione statisticamente rilevante (Figura 1). Un dato allarmante, poiché segnala che la Calabria ha rinunciato ad avviare un percorso di crescita strutturale, in grado di avviare un’inversione della curva del declino perenne cui sembra convergere.
Non si produce, ma si spende…. L’analisi merita di essere completata ricorrendo alla spesa media pro capite. I dati di Prometeia indicano che dal 1980 al 2014 la spesa pro-capite per consumi finali delle famiglie calabresi è sovrapponibile a quella delle altre regioni meridionali, con un divario addirittura positivo negli ultimi anni, seppure si tratti di una distanza contenuta in termini assoluti (12000 Euro contro 11700 Euro nel biennio 2013-2014). L’informazione più interessante si ottiene dal rapporto tra i consumi delle famiglie calabresi e quelli dell’intero paese.
Questo rapporto fluttua intorno al 78%-80% nel periodo 1980-2013 e consente di fare due considerazioni. Da un lato, si apprende che a fronte dell’ampia distanza del PIL pro capite tra la Calabria e il resto dell’Italia, le famiglie calabresi non registrano un peggioramento della loro posizione relativa nei confronti delle altre regioni in termini di spesa. In Calabria, si consuma di meno in termini assoluti, ma il divario relativo con le altre regioni (circa -20%) non è aumentato nel corso del tempo. Dall’altro lato, i consumi privati assorbono l’80% della ricchezza regionale, una percentuale che aumenta, però, al 144% quando si considerano le altre componenti della domanda aggregata regionale (consumi della PPAA, investimenti privati e importazioni nette). Nel 2013-2014, in Calabria l’utilizzo delle risorse supera del 44% la ricchezza disponibile. Un dato legato a qualche evento eccezionale degli ultimi anni? No. E’ un fattore legato al ciclo economico? No. E’ un elemento che caratterizza l’economia calabrese. È un fenomeno strutturale: nel 1980-1981 il rapporto Impieghi/Risorse era pari a 1,55. L’eccesso di domanda per impieghi è diminuito negli ultimi 35 anni, ma rimane ancora elevato.
La dipendenza dall’esterno. Trattandosi di una regolarità empirica, rimane da capire come sia possibile che una regione viva sempre al di sopra delle proprie possibilità. Evidentemente, questa connotazione di equilibrio su cui la Calabria si è posizionata da molti anni è stata possibile solo grazie al flusso di risorse finanziarie extra-regionali che hanno consentito di sostenere livelli di spesa altrimenti non realizzabili. Si tratta di trasferimenti di provenienza extra-regionale (per lo più dal governo centrale) erogati (a qualsiasi titolo) per sostenere la domanda, senza incidere, tuttavia, sulla capacità produttiva del sistema. Risorse che hanno alimentato la spesa, ridistribuendo ricchezza, ma non hanno intaccato i vincoli di offerta della regione, la quale, oggi, è seduta sul ceppo del sottosviluppo. Fondi erogati per attività non produttive, inutili, a basso impatto reale. Utili solo a sostenere consumi. Ad allontanare il problema. A rinviarlo alle generazioni future. Sono 70 anni che questo sistema va avanti, che si auto-riproduce.
Tuttavia, i dati segnalano qualcosa di importante. Ossia che la dipendenza dall’esterno sta diminuendo (dal 55% del 1980 al 44% del 2013) e il motivo è legato al rigore che rende meno espansive le politiche fiscali del paese. Sta venendo meno la fonte finanziaria che per anni ha consentito alla Calabria di spendere più di quanto non riuscisse a produrre. Sono anni importanti, perché l’allarme è stato lanciato, forzando l’avvio della fine di un modello di dipendenza che in previsione non sarà più finanziariamente sostenibile. Sono anni importanti anche perché segnalano ai calabresi la necessità di diventare protagonisti e attori del proprio sviluppo. Senza delegare ad altri. Senza dipendere dagli altri. Se i livelli di domanda rimarranno elevati e i trasferimenti tenderanno ad annullarsi, allora l’unica soluzione sarà di migliorare la capacità locale di creare ricchezza. Non esistono altre soluzioni. La cosa preoccupante, però, è che la fine del modello di dipendenza ci restituisce una regione priva dei fondamentali per poter essere competitiva. Quel modello non si preoccupava della qualità della spesa. L’importante era alimentarla, per risolvere questioni di brevissimo periodo. Senza alcuna valutazione di quanto fatto.
Sintesi. Questa nota vuole fungere anche da ulteriore stimolo per diffondere la consapevolezza che l’uso delle risorse pubbliche deve essere finalizzato, oggi più che mai, a finanziare investimenti produttivi, rimuovendo i vincoli allo sviluppo. Guardando oltre i cicli elettorali. In questo nuovo percorso, il ruolo più importante nell’immediato futuro lo dovrà assolvere la Regione Calabria, se non altro per massimizzare la qualità della spesa dei fondi comunitari 2014-2010. Sarebbe un buon inizio per contribuire ad affossare attivamente e definitivamente quel maledetto modello di dipendenza.