Dal 2009 al 2019, la mobilità sanitaria passiva ha generato un debito verso altre regioni di circa 2,81 miliardi di euro. Le ragioni di questo fenomeno migratorio sono molteplici. Tra queste un ruolo importante è svolto dalla bassa qualità di servizi offerti dal servizio sanitario regionale e dall’assenza di strutture per alcune patologie. L’implicazione è che un recupero di efficienza sistemica e un potenziamento delle strutture consentirebbero all’attuale eccesso di domanda regionale di servizi sanitari di essere soddisfatto (almeno in parte) in regione, con il risultato di un contenimento dei costi che gravano sul bilancio sanitario della Regione Calabria. Questo ragionamento vale per qualsiasi settore dell’offerta sanitaria. A mò di esempio, si considerino gli interventi in ambito cardiovascolare.
I dati del settore cardiovascolare. La figura 1 riporta la distribuzione degli interventi in sei raggruppamenti omogenei di diagnosi (DRG) effettuati nel 2017 in diverse strutture regionali o di altre regioni. La migrazione passiva verso altre regioni è molto elevata e varia tra il 19% (By-pass aortocoronarico isolato) al 42% Aneurisma aorta addominale). È pari al 39% nel caso di interventi sulle valvole cardiache, 30% nel caso di endoarteriectomia carotidea e di PTCA non in IMA e, infine, è del 29% per la rivascolarizzazione carotidea.
La figura 1 consente anche di evidenziare il ruolo delle strutture regionali nei diversi raggruppamenti. Considerati i DRG di questa nota si osservi il ruolo chiave svolto dalla Clinica Sant’Anna Hospital (SAH) di Catanzaro: ben il 50% di interventi ai calabresi di endoarteriectomia carotidea è effettuato al SAH. Segue il presidio degli ospedali riuniti di Reggio Calabria (9%), il Mater Domini d Catanzaro (6%) e, infine, il 5% fa riferimento ad Altre Strutture. Il dominio del SAH si ha anche nel caso di By-pass aortocoronarico isolato (44% dei casi trattati in Calabria, contro il 19% di Reggio Calabria e il 18% di Mater Domini), di interventi sulle valvole cardiache (38% dei casi), rivascolarizzazione carotidea (37% dei casi) e di PTCA non in IMA.
Discussione. Questa nota evidenzia in modo inequivocabile due aspetti della medicina cardiovascolare in Calabria. Da un lato, molti calabresi si curano ancora in altre regioni. Dall’altro lato, in ciascuno degli ambiti medici considerati, un ruolo chiave è svolto dalla clinica SAH.
Immaginando che il SAH lavori al massimo delle sue potenzialità, la domanda di sanità dei calabresi in questo comparto può essere soddisfatta in regione operando in tre direzioni.
- Se tutte le altre strutture (Riuniti di Reggio Calabria, Mater Domini e Pugliese di Catanzaro, Annunziata di Cosenza) lavorano anch’esse nel punto di massima efficienza, l’implicazione di politica sanitaria è che una riduzione della mobilità passiva può essere perseguita aumentando le strutture (reparti) sanitarie che operano in questo comparto.
- Se gli ospedali (diversi dal SAH) sono inefficienti, l’implicazione è che un recupero di efficienza in queste strutture contribuirebbe alla riduzione della mobilità passiva.
- Valgono, ovviamente, soluzioni intermedie tra questi due casi limite, ossia aumentare l’efficienza delle strutture “strettamente” pubbliche e riqualificare l’offerta regionale con nuovi reparti/presidi ospedalieri.
In nessun caso, le condizioni di mobilità settoriale migliorerebbero in presenza di uno spostamento del SHA o di un cambiamento dell’attuale governance. Nel primo caso e assumendo che il trasferimento di una struttura così complessa sia realizzabile, si avrebbe un banale effetto sostituzione (invece di curarsi a Catanzaro, i calabresi andrebbero altrove). Nel secondo caso, una nuova governance dovrebbe garantire il livello di “produttività” ed “efficacia” che oggi osserviamo nel caso del SHA. Il che è tutto da dimostrare.