Nel contesto della fusione tra enti locali, è fondamentale esaminare approfonditamente la situazione economico-finanziaria dei comuni coinvolti per evitare sfavorevoli conseguenze economiche. Questa breve analisi si focalizza sul Comune di Cosenza, evidenziando alcuni aspetti critici dei suoi rendiconti di gestione che potrebbero influenzare negativamente la sostenibilità della futura fusione con Rende e Castrolibero. Quanto scritto in questa nota non è da considerare come una solida valutazione a favore o contro il progetto della citta unica. Al contrario, è una breve riflessione su un aspetto specifico della fusione ed è da intendere come un invito sulla direzione che dovrebbe essere impressa al confronto che in queste settimane si sta svolgendo nelle tre città.
Secondo l’intento del legislatore, le fusioni tra enti locali mirano a ridurre le diseconomie nella gestione dei servizi ai cittadini, fenomeno che si accentua particolarmente nei comuni con meno di 5.000 abitanti. Aumentando la dimensione dell’ente, le diseconomie si riducono fino a un punto minimo, individuabile tra i 5.000 e i 10.000 abitanti, ma oltre questo limite riprendono a crescere.
Nella Figura 1, le spese pro capite per fascia di popolazione dei comuni italiani mostrano chiaramente questa tendenza: nei comuni molto grandi, che spesso fungono da “polo di servizi” per i territori limitrofi, le spese crescono, poiché l’offerta di servizi interessa anche chi risiede in altri comuni. Questo fenomeno indica che, per gli enti locali, non è sempre valida la regola “grande è bello” (Figura 2 e 3).
Per comprendere se la fusione tra i tre comuni possa realmente produrre vantaggi, è necessario confrontare alcuni indicatori dei rendiconti finanziari. Nel caso specifico di Cosenza, la situazione è abbastanza complessa: dopo aver dichiarato dissesto finanziario nel 2020, il comune ha ridotto la spesa pro capite, che è un risultato atteso (in precedenza l’ente aveva livelli di spesa molto elevati rispetto ai parametri standard). L’esame dei dati SOSE, elaborati tramite la società del Ministero dell’Economia, permette di confrontare la “spesa storica”, cioè quanto un comune spende effettivamente, con la “spesa standard”, ossia quanto un comune dovrebbe spendere per erogare determinati servizi.
I dati relativi al 2021 rivelano che il costo storico complessivo dei servizi di Cosenza era superiore del 70% rispetto al costo standard, mentre quello di Rende era inferiore del 20% (Figura 5). Ad esempio, per la gestione dei rifiuti, Cosenza spendeva il 219% in più della spesa standard, mentre Rende era quasi in linea, con uno scostamento di appena -3,9%, e offriva servizi simili per qualità e quantità (si veda Figura 5). Simili differenze si riscontrano anche nelle spese per la viabilità e la gestione del territorio (Figura 6).
Oltre alle spese, anche la capacità di riscossione è un altro elemento critico da valutare in sede di avvio di una fusione: il Comune di Cosenza presenta una capacità di riscossione delle sole imposte e tasse del 22%, contro il 28% di Rende. Questa differenza incide significativamente sulla sostenibilità finanziaria del bilancio comunale e rappresenta un elemento di vulnerabilità che potrebbe riflettersi sui cittadini della nuova città unica. Ma ci sono molti altri parametri da tenere in considerazione, ad es. la spesa per interessi nel bilancio di Cosenza incide per il doppio in rapporto alle entrate rispetto a quella di Rende, segnalando una maggiore esposizione al debito del comune di Cosenza.
Ritornando all’esempio della gestione dei rifiuti, è essenziale chiedersi quali sarebbero le implicazioni per Rende in una fusione con un comune che ha una spesa per la gestione dei rifiuti notevolmente più alta. Dato che il costo del servizio di raccolta dei rifiuti deve essere coperto per legge dalla tariffa, la dimensione dei due comuni rende evidente che tale costo verrebbe inevitabilmente trasferito sui cittadini di Rende e Castrolibero, a meno di non voler prevedere delle tariffe differenziate per i 3 comuni nella fase post-fusione (è una procedura fattibile, ma deve essere prevista e discussa prima di procedere alla fusione).
Cosenza, inoltre, porta in dote alla fusione un importante fardello finanziario: il comune ha dichiarato il dissesto cinque anni fa, con un debito accertato di oltre 40 milioni di euro, che verrà ripianato fino al 2042. Tuttavia, nonostante siano passati soli 5 anni dal dissesto, si può notare come dalla relazione dei revisori al rendiconto 2023 emergano già delle “tensioni” sulla liquidità del Comune di Cosenza: i revisori hanno, infatti, evidenziato un mancato reintegro delle spese a destinazione vincolata (spese destinate a investimenti, utilizzate per la spesa corrente) per oltre 32 milioni di euro (Figura 7). Inoltre, i revisori hanno segnalato che non è stato fornito uno stato aggiornato del dissesto, lasciando un quadro poco chiaro della situazione debitoria.
In aggiunta, Cosenza ha accumulato un debito residuo di oltre 90 milioni di euro per anticipazioni di liquidità, destinate a coprire spese correnti. Questo tipo di debito è considerato particolarmente oneroso, poiché grava sulle generazioni future, trasferendo su di esse il costo di spese correnti come stipendi e utenze, senza apportare benefici futuri come potrebbero essere le spese per investimenti. Per spiegare questo aspetto è utile fare riferimento ad un’altra forma di spesa. Si pensi, per esempio, a un debito trentennale per costruire una scuola. Si tratta di un investimento che avrà un’utilità sia per la generazione di cittadini che ha contratto il debito, sia sulle generazioni future. Al contrario, un debito contratto per pagare le spese per l’energia elettrica comunale ha solo utilità sulla generazione che ha contratto il debito e scarica sulle generazioni future l’onere finanziario. La fusione potrebbe, quindi, comportare per Rende e Castrolibero un’immediata assunzione di responsabilità finanziarie che andrebbero a incidere sui residenti.
In sintesi, l’analisi preliminare di alcuni indicatori di performance economico-finanziaria suggerisce che la fusione richiederebbe tempi più maturi e un ulteriore consolidamento economico-finanziario, specialmente per il comune di Cosenza. Un’attesa o un’attenta valutazione di queste variabili potrebbe offrire a Rende e Castrolibero una prospettiva più chiara su cosa comporterebbe realmente questa fusione in termini di futura sostenibilità economico-finanziaria.