Il Decreto Sud e le ZES
Pochi giorni fa il parlamento ha approvato il Decreto Legge proposto dal Governo Gentiloni per stimolare la crescita delle regioni del Sud (da qui il nome “Decreto Sud”). Un intervento previsto è l’istituzione delle Zone Economiche Speciali (ZES) nei porti di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Per ZES si intende un’area geograficamente delimitata in prossimità di un porto all’interno della quale le attività economiche – sia quelle pre-esistenti sia i nuovi insediamenti – godono di condizioni di vantaggio. In particolare, i nuovi investimenti (a) seguiranno un iter burocratico semplificato, (b) avranno libero accesso alle infrastrutture esistenti e previste nel piano di sviluppo strategico predisposto dalla regione che propone l’istituzione della ZES e (c) beneficeranno di fiscalità di vantaggio “in relazione alla natura incrementale degli investimenti e delle attività di sviluppo di impresa” (art. 4, comma 2, DL 20/6/2017, n. 91). Fino al 2020, il governo stanzierà 206,45 milioni di Euro, di cui 25 milioni da utilizzare nel 2018, 31,25 milioni nel 2019 e 150,2 milioni nel 2020. Questa dotazione finanziaria sarà a copertura del credito di imposta che le imprese beneficeranno per gli investimenti effettuali entro il 2020 (i progetti di investimento delle imprese a valere sul credito di imposta non possono superare i 50 milioni di Euro). Le ZES che dovrebbero essere avviate nel 2018 sono quelle di Gioia Tauro e di Salerno-Napoli. L’avvio è, comunque, soggetto all’approvazione finale dell’UE.
La ZES potrebbe essere utile
La domanda che è utile porsi è legata alla possibilità che la ZES possa rappresentare un’occasione di sviluppo della Calabria. E’ certo che le agevolazioni fiscali non sono sufficienti a stimolare la crescita: se il passaggio tra l’esistenza di un investimento agevolato e lo sviluppo fosse automatico, il Mezzogiorno, in generale, e la Calabria, in particolare, dovrebbero essere aree ad elevata densità imprenditoriale – data la massa di politiche di incentivazione di cui hanno goduto negli ultimi 50 anni. Evidentemente serve altro. La fiscalità di vantaggio per le ZES prevista nel Decreto Sud ha la particolarità di essere affiancata da procedure a burocrazia-zero e dal fatto di riguardare investimenti da avviare in un ben circoscritto territorio, che gode dei vantaggi localizzativi e di prossimità con un’area portuale. L’impianto istituzionale fissato dal governo intende, quindi, aggredire tre barriere che vincolano le attività economiche nel Sud del paese: distanza dai mercati di approvvigionamento e di sbocco; efficienza e tempi della burocrazia e tassazione elevata. È probabile che tutte queste misure possano attrarre investimenti a Gioia Tauro (i quali potrebbero subire ulteriori accelerazioni a condizione che l’area si liberi dai condizionamenti socio-ambientali). Tuttavia, nel breve periodo la propagazione dei potenziali effetti positivi della ZES sull’intero territorio regionale dipenderà dalla tipologia delle attività produttive che si insedieranno a Gioia Tauro. La Calabria ne potrà trarre beneficio se gli investimenti produttivi nella ZES saranno l’anello terminale di qualche filiera di successo dell’economia calabrese. E’ questo il punto cruciale della discussione: in teoria la ZES può attrarre attività che nulla hanno a che fare col territorio, che utilizzerebbero l’area portuale per approvvigionarsi via mare delle materie prime che trasformerebbero nel retro-porto e che immetterebbero sui mercati finali ripartendo da Gioia Tauro. Sarebbe un’opzione a basso impatto di sviluppo perché avrebbe come unico probabile effetto un incremento dell’occupazione diretta nell’area ZES, ma non intaccherebbe, se non marginalmente, l’entroterra. Al contrario, avviare imprese legate alle risorse della regione sarebbe molto più vantaggioso.
L’esempio del Polo Agro-Industriale a Gioia Tauro
L’esempio dell’agro-industria può aiutare a comprendere le ragioni sottostanti questo ragionamento. Se la ZES fosse capace di creare un agglomerato di imprese in questo avrebbe come effetto immediato quello di creare e trattenere in Calabria il valore aggiunto associato alla trasformazione delle materie prime agricole. La domanda per la trasformazione proveniente dall’area ZES fungerebbe da stimolo per le attività che oggi operano, nella stragrande maggioranza dei casi, nei mercati del fresco, genererebbe un effetto moltiplicativo sulla capacità di offerta regionale e non sostituirebbe l’ormai consolidato posizionamento sui mercati extra-regionali ed europei di molte produzioni locali. L’effetto della ZES sarebbe addizionale sia in termini occupazionali sia per la ricchezza prodotta in regione: avremmo, infatti, un incremento della produzione regionale e una lucrosa diversificazione dei mercati di sbocco. Un ulteriore esempio potrebbe riguardare il settore di trasformazione delle risorse boschive, i cui ambiti di utilizzo sono innumerevoli.
Sintesi
Il legame con le risorse naturali e le filiere produttive regionali sembra essere implicitamente suggerito dal decreto Sud che istituisce le ZES. A regime, tutte le regioni del Sud avranno una ZES ed esse, pertanto, entreranno in competizione per attrarre capitali “neutri” rispetto al territorio. In tale direzione, chi prevarrebbe? Perché un investitore estero dovrebbe localizzare la propria attività “neutra” a Gioia Tauro piuttosto che a Salerno-Napoli, se entrambe le aree godono della stessa fiscalità di vantaggio? L’obiettivo di trasformare l’intero Mezzogiorno in un’area ZES dovrebbe stimolare la crescita di imprese locali legate alle filiere preesistenti. Dovrebbe, inoltre, attrarre investitori esteri la cui scelta di localizzazione in una specifica zona dovrebbe auspicabilmente essere dettata dall’interesse aziendale di utilizzare e valorizzare le materie prime di quella regione. Se proprio dobbiamo farla, è questo il modo per massimizzare l’utilità di avere una ZES a Gioia Tauro.
Questo contributo è stato pubblicato sul Quotisiano del Sud (Edizione del 4 Agosto 2017)