Al tempo del coronavirus è meglio continuare a studiare

Al tempo del coronavirus è meglio continuare a studiare. La crisi che ci siamo trovati ad affrontare, con le forti ripercussioni che sta producendo sulla nostra economia, avrà conseguenze anche sulle scelte degli studenti e delle loro famiglie in termini di istruzione universitaria. Cerchiamo di capire cosa possiamo aspettarci.

Per il Mezzogiorno, la Svimez prevede una contrazione del Pil del 7,9% nel 2020 (la stima del Fondo monetario internazionale per l’Italia è del 9.1%). Per una regione come la Calabria, con un’economia già debole, si tratta di uno shock che può avere effetti importanti. Molte famiglie si troveranno a dover fare i conti con una consistente riduzione di reddito, il che potrebbe indurre molti giovani che a breve conseguiranno la maturità a non proseguire negli studi e molti di coloro che si sono immatricolati negli anni passati ad abbandonare. Se ciò accadesse ne conseguirebbe un danno enorme in termini di peggioramento sia delle prospettive individuali sia delle possibilità di crescita e benessere per la società calabrese nel suo complesso. Non bisogna, infatti, dimenticare che chi è in possesso di titoli di studio più elevati ha maggiori opportunità occupazionali e guadagna di più. Secondo i dati Ocse, nel 2018 in Italia il tasso di occupazione nella fascia di età 25-54 anni per chi ha conseguito un titolo di istruzione terziaria era dell’81%, mentre per chi ha completato solo le scuole primarie e secondarie la percentuale scende al 71%. Se si guarda al rendimento salariale, i dati Ocse rilevano un differenziale del 39% per i laureati nella fascia di età 45-50% rispetto a coloro che hanno acquisito un titolo d’istruzione secondario superiore. Il vantaggio salariale è invece del 20% tra i giovani di età compresa tra 25-34 anni. La crisi che stiamo affrontando ha messo in evidenza ulteriori benefici derivanti dall’istruzione, i lavoratori che ne hanno risentito meno sono quelli ad elevato capitale umano che si sono potuti facilmente convertire allo smart working. Non si trascuri poi il fatto che, come dimostrato da molti studi, laurearsi ha un effetto positivo anche sulla salute, sull’aspettativa di vita, sulla soddisfazione per il proprio lavoro e, più in generale, per la propria vita. Infine, ma non certo meno importante, c’è il ruolo che l’istruzione svolge nei processi di crescita: le risorse finanziarie fanno poco se non si dispone anche di capitale umano.

D’altra parte, questo è il momento peggiore per entrare nel mercato del lavoro. Non possono evitarlo coloro che completano gli studi quest’anno, ma per gli altri continuare il percorso di formazione può essere una valida alternativa. Affacciarsi al mondo del lavoro in un momento di grave recessione come quello attuale, con le scarse prospettive occupazionali che ne derivano, difficilmente porterà agli esiti che ciascuno legittimamente desidererebbe: trovare un posto di lavoro pagato decentemente e che offra qualche opportunità di avanzamento. Di scarso aiuto possono essere le misure messe a disposizione dal governo che tendono soprattutto a limitare l’impatto della crisi su chi un lavoro lo ha già. Entrare adesso nel mercato del lavoro, oltre che essere poco efficace nell’immediato, rischia di produrre effetti negativi anche nel futuro. Ad esempio, un recente studio mostra che laurearsi durante una recessione porta non solo ad una perdita di guadagni nella fase iniziale della carriera, ma anche in seguito, con effetti che perdurano anche 10 anni dopo la laurea. Inoltre, sembrano esserci conseguenze sull’intera carriera lavorativa, poiché chi si laurea in un momento di crisi tende ad accontentarsi, accettando lavori poco adatti alle proprie competenze ed aspettative. Questa scelta porterà in seguito a cambiare lavoro più frequentemente rispetto a chi si è laureato in tempi migliori.

La teoria economica ci insegna che scarse opportunità occupazionali e salariali riducono il costo opportunità in termini di guadagni a cui si rinuncia rimandando l’ingresso nel mondo del lavoro e, quindi, la scelta di proseguire gli studi dovrebbe risultare conveniente per un maggior numero di studenti. Ciò ovviamente in un modello in cui sono assenti vincoli di liquidità e gli individui sono nelle condizioni di prendere le scelte che massimizzano il loro benessere. Tuttavia, in Italia, e in Calabria ancor di più, l’accesso al credito è piuttosto complicato e le famiglie hanno sempre avuto una scarsa propensione all’indebitamento. Di conseguenza, c’è un rischio effettivo che la crisi abbia effetti nefasti sul futuro dei giovani che provengono da famiglie economicamente più fragili. I 300 milioni stanziati recentemente dal governo per il diritto allo studio vanno nella direzione di cercare di evitare questa eventualità. Ma potrebbero non bastare ed è necessario che la Regione faccia la propria parte mettendo a disposizione risorse aggiuntive qualora fossero necessarie. Non solo, è necessario anche fornire agli studenti informazioni, supportarli nelle scelte, incoraggiarli e accompagnarli in modo che siano in grado di non perdere nessuna opportunità.

I timori relativi al contagio potrebbero anche limitare la propensione a spostarsi per studiare fuori regione. La Calabria è una delle regioni con il più alto tasso di immatricolati fuori sede. Come evidenziato dai dati pubblicati su Open Calabria, nel 2019 circa il 40% degli immatricolati ha scelto un Ateneo fuori dai confini regionali. I motivi di questa scelta possono essere molteplici, c’è chi parte nella convinzione di trovare all’esterno migliori opportunità formative, altri che decidono di studiare nelle regioni più ricche del nostro paese per poter poi più facilmente approfittare delle maggiori opportunità lavorative che esse offrono, altri ancora seguono semplicemente la tradizione piuttosto radicata in alcuni ambienti sociale di  “andare a studiare fuori” a prescindere da valutazioni che ponderino effettivamente vantaggi e svantaggi. Forse, la crisi che stiamo vivendo offre un’occasione per cambiare questa tendenza. Che gli Atenei calabresi abbiano molto da offrire lo hanno mostrato in questo periodo, non solo attrezzandosi velocemente per organizzare didattica, lauree e esami online, ma anche offrendo un grande supporto al territorio, con azioni che hanno vanno da raccolte fondi per rafforzare le strutture sanitarie del territorio, alla fornitura di disinfettante, all’affiancamento delle scuole nella didattica a distanza, solo per citare alcune iniziative.


Questa nota è stata pubblicata sul Quotidiano del Sud (edizione del 18 maggio 2020)


 

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