Sviluppo delle aree interne e accoglienza dei rifugiati in Calabria

La Calabria ha aderito alla Strategia Nazionale per le Aree Interne, istituita nel 2013 dal Ministero della Coesione territoriale. Le “aree interne” (circa l’80% del territorio calabrese) sono caratterizzate dalla mancanza o dalla lontananza dai servizi essenziali. Questi territori, afflitti da gravi processi di spopolamento, conseguente riduzione dei servizi e calo dell’occupazione, sono “destinati in molti casi alla desertificazione umana e all’inselvatichimento se non arriveranno nuovi residenti a pieno tempo, transitori, part-time” (Cersosimo D. 2015). Questi stessi territori hanno grandi patrimoni naturali e culturali che, con opportuni progetti di sviluppo, possono diventare il punto da cui ripartire per la ripresa economica della Regione.

Il progressivo coinvolgimento delle aree interne nei processi della globalizzazione ha innescato profondi cambiamenti. Per esempio, le dinamiche legate alle migrazioni stanno trasformando il paesaggio sociale di queste aree, dove sempre più spesso migranti di diversa origine vivono e lavorano e si confrontano con la popolazione autoctona. I migranti, infatti, “sfidano le identità locali e contribuiscono alla trasformazione delle relazioni sociali ed economiche” (Corrado A. 2012). L’accoglienza dei migranti nei piccoli centri calabresi ha il merito di rispondere all’esigenza di invertire il trend demografico, promuovendo politiche di attrazione di nuovi residenti e incentivando la ripresa delle nascite. L’esempio più virtuoso di questo tipo di relazione viene dalle esperienze di Riace, Stignano e Caulonia, tre piccoli paesini della Locride, che già da vent’anni contrastano lo spopolamento, con  l’accoglienza dei migranti. È grazie a questa iniziativa che oggi un numero sempre più alto di rifugiati e richiedenti asilo partecipa alle dinamiche di sviluppo locale, anche nelle aree interne calabresi.

Le aree interne in Calabria Le aree interne si definiscono come quei territori che, “seppur assai diversificati al proprio interno, si caratterizzano tutti per essere distanti da grandi centri di agglomerazione e di servizio, con traiettorie di sviluppo instabili, con problemi demografici ma tuttavia dotati di risorse che mancano alle aree centrali e con forte potenziale di attrazione”[1] (Barca F. 2013). Per contrastarne la forte marginalizzazione, la “Strategia Nazionale per le Aree Interne”[2] affida lo sviluppo territoriale ad organi di governo in collaborazione con gli attori locali, promuovendo un processo partecipativo indirizzato verso nuovi e alternativi modelli di crescita del paese, basati proprio sul potenziamento di queste aree e sul tentativo di invertire la tendenza allo spopolamento. La Regione Calabria, caratterizzata dalla forte incidenza di comuni periferici e ultraperiferici[3] (sul totale di 409 comuni ben 323 sono classificati come aree interne), ha un’altissima prevalenza di aree interne nel proprio territorio. Lo spopolamento di queste aree, avvenuto tra il 1981 e il 2011, ha generato la perdita di quasi la metà della popolazione, peraltro non bilanciata dalla crescita dei poli intercomunali e dei comuni di cintura. La Calabria, dunque, non poteva non aderire alla “Strategia Nazionale per le Aree Interne” individuando in una prima fase, attraverso la procedura pubblica d’istruttoria per la selezione dei territori partecipanti, quattro aree: Grecanica, Ionico Serre, Sila-Presila e Reventino-Savuto.[4] Nel 2015, la Giunta regionale, con l’approvazione del documento “Strategia regionale per le Aree Interne – Politica di Coesione 2014/2020”, aggiunge altre sei aree: Pollino occidentale, Pollino orientale, Valle dell’Oliva, Presila catanzarese, Serre calabresi, Aspromonte. Con la stessa delibera è stata individuata nel Reventino-Savuto, territorio che comprende quattordici comuni situati tra le province di Catanzaro e Cosenza, l’area pilota per la Regione Calabria. Quest’area è stata considerata la più interessante dal punto di vista delle potenzialità materiali, immateriali e produttive, sia di capitale umano sia di capitale fisico.

Spopolamento, migranti e sviluppo nelle aree interne L’ampio dibattito che si è sviluppato intorno al tema interdisciplinare dello sviluppo delle aree interne, ha consentito un cambio di prospettiva nell’immaginario collettivo, ripensando questa parte del territorio come una risorsa da valorizzare e da cui ripartire. Questo mutamento, insieme alla necessità di contrastare il fenomeno dello spopolamento, ha consentito che questa parte del territorio si “aprisse e accogliesse nuove popolazioni” (Meloni B. 2015). Gli sbarchi di migranti in fuga da contesti internazionali sempre più violenti e fragili è stato, nell’ultimo ventennio, uno dei fattori che è riuscito ad attenuare il calo demografico che ha colpito la Calabria, la cui particolare posizione geografica rende le sue coste punto di approdo ideale, insieme a quelle siciliane, per i flussi migratori verso l’Europa. Degli oltre 170 mila profughi sbarcati in Italia nel 2014, anno record vista la flessione registrata nel 2015, oltre il 18% è sbarcato in Calabria; di questi, quasi 17 mila a Reggio Calabria, più di 6 mila a Crotone, più di 4 mila a Vibo Valentia e più di milleseicento a Corigliano Calabro. Proprio l’idea che il problema dello spopolamento e quello degli sbarchi potessero essere intimamente correlati tra di loro, ha portato la Calabria a dare il più grande contributo in tema di accoglienza dei migranti. Così, sul finire degli anni ‘90 e con risorse esclusivamente locali, tre paesini della Locride, Riace, Caulonia e Stignano, hanno interpretato gli sbarchi dei migranti come una vera e propria risorsa per combattere lo spopolamento e favorire lo sviluppo locale. Seppur con piccoli numeri, l’esempio virtuoso di questi paesini è riuscito a ispirare le linee guida di quella che, nel 2002, è diventata la legislazione nazionale sull’accoglienza dei migranti. La L.n.189 del 2002, con l’articolo 32 ha difatti recepito “l’approccio decentrato all’ospitalità fino a quel momento sviluppatosi in maniera del tutto spontanea in Calabria … istituzionalizzando un sistema reticolare di seconda accoglienza, lo SPRAR,[6] il cui elemento cardine è dato dal coinvolgimento degli enti locali” (Corrado A. – D’Agostino M. 2016). Qualche anno dopo, nel 2009, la Calabria, ispirata dal modello di accoglienza messo in moto nella Locride, è stata la prima a dotarsi di una legge regionale (la Legge Regionale n. 18 del 2009) mirata all’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati, impostata sullo sviluppo sociale, economico e culturale delle comunità locali. La legislazione nazionale e quella calabrese, con l’ambizione di coniugare le esigenze proprie dei percorsi d’integrazione con la domanda di risorse umane per le attività artigianali e per le produzioni locali, rappresentano un importante punto di unione tra il mondo delle aree interne e quello dell’integrazione dei migranti. L’arrivo dei rifugiati ha dato un importante contributo demografico ai borghi segnati da un passato di emigrazione di massa, anche attraverso il rafforzamento dei “servizi pubblici dei comuni coinvolti da questi programmi di accoglienza, soprattutto delle scuole, grazie all’incremento della popolazione in età scolastica” (Corrado A. – D’Agostino M. 2016), rivitalizzando paesi altrimenti destinati a un futuro di decadenza e spopolamento. I programmi SPRAR di accoglienza territoriale nelle aree interne favoriscono il collocamento della popolazione autoctona in posizioni di lavoro qualificate, come mediatori culturali, insegnanti e psicologi, contribuendo, oltre che al ripopolamento dei centri storici abbandonati, anche alla soluzione della crisi occupazionale ed economica e, più in generale, alle attività legate al territorio. L’obiettivo delle leggi che regolano la materia è dunque quello di creare un vero e proprio Sistema Regionale Integrato di accoglienza, nel quale progetti presentati da enti locali su base volontaria favoriscono lo sviluppo di un nuovo tipo di approccio dove i migranti e la popolazione autoctona diventano attori sociali protagonisti dello sviluppo locale del territorio. In realtà, pur avendo ispirato la politica nazionale, le esperienze calabresi rimangono poche e fragili; “le uniche misure regionali attivate per stabilizzare i rifugiati presenti nella Locride sono consistite nell’attivazione di borse lavoro che però non hanno consentito di avviare duraturi percorsi di sviluppo e inserimento lavorativo, foraggiando piuttosto un sistema di tutela che già a livello centrale si connota, sostanzialmente, come assistenzialistico, a causa dei suoi limiti temporali, che non consentono ai rifugiati di acquisire quelle competenze e abilità necessarie per rendersi completamente autonomi e inserirsi nella società di arrivo” (Corrado A. – D’Agostino M. 2016), la stessa Legge Regionale n. 18 del 2009 non ha, purtroppo, trovato completa applicazione.

Implicazioni Date le specificità del territorio calabrese, che riflettono e amplificano caratteri comuni alla maggior parte del territorio nazionale, appare evidente come lo sviluppo delle aree interne sia particolarmente rilevante per la nostra regione. La strategia fin qui descritta ha il merito di aver profondamente modificato l’atteggiamento dei policy makers verso questi territori: da un approccio di tipo keynesiano ad un modello di sviluppo economico sostenibile e multifunzionale. In Calabria l’accoglienza dei migranti, in particolare dei richiedenti asilo e rifugiati inseriti nei progetti territoriali SPRAR, sta diventando una vera e propria risorsa per i comuni delle aree interne. A tal proposito, secondo i dati pubblicati sul sito ufficiale, il sistema degli SPRAR ospita nei progetti territoriali calabresi 1856 persone tra richiedenti asilo e rifugiati, alle quali si andranno ad aggiungere altre 937 persone, già assegnate ai Comuni richiedenti, per l’anno 2016-2017. Nell’area pilota del Reventino-Savuto, alle 44 persone ospitate nei Comuni di Decollatura e Carlopoli si aggiungeranno altre 75 persone, distribuite equamente nei Comuni di Motta Santa Lucia, Colosimi e Scigliano.

Il connubio fra aree interne e accoglienza dei migranti deve essere letto, oggi, come un’opportunità per i territori interni della Calabria di riqualificare i propri borghi antichi attraverso la valorizzazione di antichi mestieri e del proprio patrimonio storico-culturale, promuovere parallelamente percorsi di accoglienza e di promozione dell’insediamento di nuova popolazione nei comuni sottopopolati della Calabria, con particolare riferimento ai rifugiati e ai richiedenti asilo. Ciò consentirebbe di rivitalizzare il contesto socio-economico di questi territori creando opportunità sostenibili e durevoli nel tempo e promuovendo processi di innovazione sociale.

 

Bibliografia

Agriregionieuropa, anno 12 n.45, giugno 2016

Agriregionieuropa, anno 11, n. 42, settembre 2015

Agriregioneeuropa, anno 8 n°28, Mar 2012

Barca F., Intervento conclusivo al Forum Aree interne: nuove strategie per la programmazione 2014-2020 della politica di coesione territoriale Rieti, 2013

Cersosimo D., Italia diasporica: una strategia per la rinascita, in Aree interne e progetti d’area, (a cura di) B. Meloni, Rosenberg & Sellier, Torino, 2015

Corrado A., Ruralità differenziate e migrazioni nel Sud Italia, Agriregioneeuropa, anno 8 n°28, Mar 2012

Corrado A., D’Agostino M., I migranti nelle aree interne. Il caso della Calabria, in Agriregionieuropa, Anno 12 n.45, giugno 2016

Gaudio F., Le aree interne in Calabria, in Agriregionieuropa, anno 11, n. 42, settembre 2015

Meloni B., Aree interne: strategia di sviluppo locale, in Aree interne e progetti d’area, (a cura di) B. Meloni, Rosenberg & Sellier, Torino, 2015

Ministero Coesione Territoriale, Accordo di Partenariato 2014-2020, Strategia Nazionale per le Aree interne: definizione, obiettivi, strumenti e governance, dicembre, 2013

Regione Calabria, Strategia Aree Interne – Politica di Coesione 2014/2020, ottobre 2015

Regione Calabria, Comitato Tecnico Aree Interne Rapporto di Istruttoria per la Selezione delle Aree Interne, 2015

 

Note:

[1] Intervento conclusivo al Forum Aree interne: nuove strategie per la programmazione 2014-2020 della politica di coesione territoriale Rieti.

[2] Per un’ampia trattazione sull’argomento si rimanda alla Strategia nazionale per le Aree interne: definizione, obiettivi, strumenti e governance, 2013.

[3] I Comuni identificati come “aree interne” sono classificati in base alle distanze dai Poli di attrazione quali scuole secondarie superiori (tutti i tipi); almeno un ospedale sede di DEA (Dipartimento d’Emergenza e Accettazione); una stazione ferroviaria di tipo Silver.

[4] Regione Calabria, Comitato Tecnico Aree Interne Rapporto di Istruttoria per la Selezione delle Aree Interne, p.1.

[5] Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati composto dal Ministero degli Interni, dall’Alto Commissariato per i Rifugiati e dall’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani)

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