L’articolo “Autonomia differenziata e omogeneità regionale delle preferenze. Un riscontro empirico“, pubblicato su Regional Economy, a firma di Salvatore Ercolano, Carmelo Petraglia e Domenico Scalera, offre una puntuale analisi sull’impatto del decentramento amministrativo e fiscale sulle regioni italiane. Attraverso una valutazione delle teorie del federalismo, gli autori esaminano i complessi rapporti tra autonomia regionale, omogeneità delle preferenze e efficienza amministrativa, sollevando importanti interrogativi sul progetto di autonomia differenziata oggi in discussione in Italia.
L’articolo in sintesi.
La teoria economica del decentramento che fa riferimento al teorema di Oates dimostra che devolvere funzioni statati a livelli di governo più vicini ai cittadini può migliorarne il benessere in presenza di tre condizioni.
In primo luogo, il bene o servizio pubblico deve essere “locale”, cioè produrre benefici territorialmente delimitati: il territorio di giurisdizione deve coincidere con quello interessato dagli effetti della sua fornitura, anche solo potenzialmente. Se, invece, dall’azione pubblica derivano effetti di traboccamento (spillover effects) tra diverse giurisdizioni, la devoluzione potrebbe non essere vantaggiosa. Il caso di rilevanti esternalità è nella pratica molto realistico: si considerino, ad esempio, le politiche a tutela dell’ambiente o della salute.
La seconda condizione è l’assenza di rendimenti crescenti di scala, in presenza dei quali produzione e amministrazione centralizzata del bene pubblico tendono ad essere economicamente più convenienti. Si pensi, ad esempio, alla gestione della rete elettrica o di altre strutture a network.
La terza condizione è che il decentramento produce vantaggi quando esistono peculiarità della domanda, tipicità dei bisogni, o altre specificità territoriali, per le quali gli amministratori locali dispongono di informazione più ampia rispetto ai livelli di governo superiori. Ciò perché l’amministrazione locale può adeguare, grazie al vantaggio informativo, la fornitura del bene pubblico alle preferenze delle comunità di riferimento. La gestione dello stesso bene pubblico da parte dello Stato centrale comporta per converso un’offerta indifferenziata, one size fits all, che inevitabilmente dà luogo a una perdita di benessere corrispondente alla “distanza” tra consumo ottimale da parte della comunità locale e offerta effettiva, determinata a un livello unico per tutte le diverse comunità locali. Pertanto, l’offerta di beni pubblici locali decentralizzata riduce le perdite di benessere, a patto che le preferenze della comunità regionale siano tra loro omogenee più di quanto lo sono le preferenze della collettività nazionale.
Nel loro studio, gli autori Ercolano, Petraglia e Scalera riscontrano che l’ipotesi di maggiore omogeneità delle preferenze a livello regionale che nazionale resta spesso disattesa dalla realtà. Essi concludono che in assenza di questo presupposto, la teoria del federalismo non è in grado di prevedere maggiore efficienza della amministrazione decentrata e maggior benessere come effetto della devoluzione dei poteri.
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