Buoni spesa Covid: a Firenze si accede con 12000 euro di risparmi, a Udine e Lamezia Terme con 2000 euro

Il provvedimento della Protezione Civile (PC) del 29 marzo 2020 per far fronte all’emergenza alimentare è nella fase attuativa affidata ai comuni, i quali – data l’eccezionalità del momento – hanno regolamentato l’erogazione dei buoni spesa con un elevato livello di autonomia decisionale.  L’unico vincolo fissato dalla PC riguarda l’identificazione dei beneficiari che rientrano “…tra i nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza …. e tra quelli in stato di bisogno”. Si fissa anche una priorità a favore dei nuclei familiari “non già assegnatari di sostegno pubblico”.

L’assenza di linea guida e di criteri su come ripartire i fondi ai meno abbienti è fonte di marcate differenze sull’utilizzo di questi contributi. Si è già mostrato come l’ammontare dei buoni spesa sia diverso da comune a comune, generando l’ingiustificabile risultato che, a parità di dimensione della famiglia, situazioni simili di disagio siano trattate in modo diverso da un comune all’altro (in tutte le aree del paese e perfino nella stessa regione).

A questa distorsione se ne aggiunge almeno un’altra che è legata ad un requisito che i comuni fissano per consentire alle famiglie l’accesso al contributo alimentare. Si fa riferimento alla disponibilità di risorse finanziare “liquide” (risparmi, conto correnti) utilizzabili per l’acquisto di alimenti e di beni di prima necessità.

I casi possibili. L’analisi delle informazioni ottenute dai siti Internet di alcuni grandi comuni italiani e calabresi restituisce una variegata rappresentazione del fenomeno. I casi sono essenzialmente tre:

C’è chi esclude il patrimonio finanziario. In alcuni comuni non è richiesta alcuna dichiarazione sul patrimonio finanziario dei richiedenti: è il caso, per esempio, di Catania, Genova, Napoli, Messina, Potenza Varese. La ricchezza finanziaria non è un requisito di ammissibilità e non è utilizzato per formare le graduatorie dei richiedenti.[1]

Il caso delle disponibilità economiche “sufficienti”. Alcuni comuni non fissano alcuna soglia del patrimonio finanziario come requisito di ammissibilità, ma è richiesta una generica dichiarazione di non avere adeguate/sufficienti disponibilità economiche per far fronte ai fabbisogni essenziali. Chi non sottoscrive questa dichiarazione è escluso dalla selezione. E’ il caso, per esempio, di Ancona, Roma e Verona[2]. Non essendoci altri parametri di riferimento, questa dichiarazione è fortemente condizionata dalle valutazioni soggettive dei potenziali beneficiari rispetto alle esigenze “alimentari” del proprio nucleo familiare: a parità di altre condizioni, l’utente può valutare insufficiente il proprio patrimonio finanziario e, quindi, accedere liberamente alla selezione dei buoni pasto. In questi casi, il comune non ha fissato alcuna soglia quantitativa e, in sede di controllo della veridicità delle autocertificazioni, difficilmente potrà valutare “sufficiente” un patrimonio valutato “insufficiente” dal dichiarante.

Figura 1

Si fissano le soglie, ma sono diverse. Molti comuni fissano una soglia: se i risparmi e le disponibilità economiche in conto corrente (postale/bancario) sono maggiori della soglia, il requisito di ammissibilità non è soddisfatto e, quindi, non si può accedere alla selezione. Il principio è che se il nucleo familiare dispone di un certo ammontare di liquidità finanziaria non ha diritto al contributo della solidarietà alimentare. Il punto critico è che questa soglia è fissata dai comuni senza alcun criterio, con l’indesiderato risultato che in alcune città è alta (Firenze, Bologna, Cosenza, Macerata, Trieste) e in altre città è bassa (Lamezia Terme, Udine, Crotone, Parma, Bari).

Tra i comuni presi in esame in questa nota, a Firenze una famiglia composta da 4 persone (da cui F4 in figura 1) potrà accedere alla selezione dei buoni spesa se dispone di un patrimonio finanziario inferiore a 12000 euro, che diminuisce a 10000 euro se la famiglia è composta da tre persone (Firenze F3). A Bologna, Macerata e Trieste l’accesso è consentito ai nuclei familiari che dispongono di somme immediatamente esigibili inferiori a 10000 Euro. A Milano questa soglia è pari a 5000 Euro, cosi come a Catanzaro, Matera, Pescara, Reggio Calabria e Rende). La soglia più bassa (pari a 2000 euro) è fissata a Udine e a Lamezia Terme, mentre a Crotone, Parma, Bari e Trento il requisito di “ammissibilità finanziaria” è fissato a 3000 euro[3].

Sintesi. Questa brevissima nota conferma che l’applicazione dell’ordinanza della PC sull’emergenza alimentare ha generato delle forti distorsioni che condizionano l’efficacia del provvedimento. Le regole fissate dai comuni  pongono serie questioni di giustizia sociale legate – a monte dei provvedimenti comunali –  alle diverse opportunità di accesso ad un misura di sostegno alimentare e – a valle degli stessi provvedimenti – all’ammontare dei buoni spesa, che è diverso (a parità di condizioni) da un comune all’altro. Poiché sarebbe opportuno un nuovo provvedimento del governo a sostegno dei fabbisogni alimentari dei meno abbienti, l’auspicio è che si apprenda dagli errori commessi in sede di attuazione dell’ordinanza della PC del 29 marzo 2020.


[1] Il comune di Salerno ammette alla misura di sostegno le famiglie con una ricchezza totale (data dalla somma tra la dotazione finanziaria e i redditi  di Marzo 2020) inferiore al “60% della soglia di povertà assoluta, così come calcolata in base agli indici ISTAT 2018”. Di fatto questo criterio basato sulla povertà assoluta, consente di includere nella platea dei beneficiari tutte le famiglie che a Marzo 2020 sono molto povere (quelle con bassissimi patrimoni finanziari e/o con basso reddito mensile).

[2] Il Comune di Verona stabilisce che possono accedere ai buoni spesa coloro “non hanno liquidità sufficiente nei conti correnti postali o bancari...”. Tuttavia nella domanda di adesione si richiede di specificare l’ammontare delle giacenze bancarie/postali, che non sono, quindi, trattate come requisito di ammissibilità.

[3] A Bari si utilizza l’ISEE, piuttosto che le giacenze finanziarie immediate. La soglia è fissata a 3000 euro, ma le richieste delle famiglie con un “ISEE superiore ai 3000 euro” ma in stato di necessità saranno esaminate “attraverso il colloquio telefonico con gli assistenti sociali successivamente alla compilazione del form”.

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