Calabria che prova a rialzare la testa, intervista Tax magazine

* pubblicata su TaxMagazine il 10 gennaio 2018

Non è solo il titolo della recente conferenza svoltasi presso la Università degli Studi Magna Græcia di Catanzaro ma un contributo per la ripresa socio-economica della Regione. Ne parliamo con Francesco Aiello, professore ordinario di Politica Economica presso l’UNICAL e fondatore di OpenCalabria.

 Professor Aiello, quali i dati emersi nel corso della conferenza anche in relazione al Rapporto SVIMEZ ed all’aggiornamento sull’economia regionale pubblicato dalla Banca d’Italia?

“Il dato SVIMEZ più discusso in queste settimane è l’incremento del PIL che dal 2015 al 2016 è cresciuto nel Mezzogiorno del 2,2%. Si tratta di un valore maggiore di quello osservato nel resto del paese (nel Centro-Nord il PIL è cresciuto dell’1,5%), determinante un aumento medio nazionale pari all’1,71%”.

Ripresa economica: quale il filo conduttore che lega la Regione Calabria al Mezzogiorno d’Italia?

“Se focalizziamo l’attenzione ancora sul PIL, la crescita del Mezzogiorno è dovuta in larga misura alla Campania (+2,4%), alla Basilicata (+2,1%) e al Molise (+1,6%). All’estremo opposto si collocano l’Abruzzo (-0,2%), la Sicilia (+0,3%) e la Sardegna (+0,6%).

Il PIL della Calabria cresce dello 0,9%, e questa variazione positiva si aggiunge a quella (0,7%) osservata dal 2014 al 2015. Per periodo 2014-2016, la regione è cresciuta – in termini di PIL aggregato – dell’1,6%, recuperando parte della riduzione di ben 14,2 punti percentuali di PIL che si è avuta dal 2008 al 2014”.

Un argomento molto sensibile nell’attuale dibattito sul Mezzogiorno e sulla Calabria è legato all’efficacia delle politiche di sviluppo: in che misura l’andamento congiunturale dell’economia calabrese è il frutto di un effetto traino della crescita che si sta avviando altrove?

“Sebbene queste variazioni di PIL indichino qualche forma di reazione dell’economia regionale dopo anni di declino, è da escludere che possano essere interpretate come l’esito di riforme strutturali dovute alle politiche di sviluppo. Non sembra, infatti, che ci siano state negli ultimi due-tre anni politiche così forti da aver indotto cambiamenti radicali sul livello di efficienza dei sistemi economici regionali.

Quindi, che cosa ha ispirato questa crescita?

“Le variazioni annuali del PIL sono dovute al trascinamento della ripresa generalizzata che si sta osservando in Italia e in Europa. La motivazione è che l’economia della Calabria – così come qualsiasi sistema piccolo, lontano dai mercati e con un elevato numero di vincoli strutturali – si muove in modo sincronizzato con le altre economie. L’idea, nelle parole di Kuznets, è che “La crescita è un’alta marea che solleva in alto tutti i battelli”.

Tuttavia, in Calabria questo andamento “pro-ciclico” presenta un’anomalia, in quanto l’economia calabrese reagisce pesantemente quando il ciclo è negativo e cresce poco e lentamente quando il ciclo è positivo. ‘E un battello che galleggia, ma a fatica”.

Che implicazione ha questo fenomeno sull’economia della regione?

“Il fatto di recuperare solo in parte le perdite registrate durante le crisi amplia le distanze con il resto del paese e dell’Europa e colloca la regione in una sorta di «trappola della povertà»”.

Su quali settori insistere per amplificare e rendere duraturi questi timidi segnali di ripresa economica?

“Non esiste dubbio alcuno che la crescita duratura dipenda dal livello di capitale tecnologico su cui può far leva il sistema delle imprese. Affinché questo capitale possa garantire alla regione di competere sulla frontiera della conoscenza di qualche comparto produttivo è dirimente che il paese e le regioni investano in modo massiccio in innovazione e ricerca”.

Sembra essere una soluzione praticabile….

“In teoria sì, ma esistono moltissime ragioni che nel tempo hanno determinato, come esito, il fatto che soffriamo di pesanti ritardi in termini di investimenti in R&S da parte delle imprese e del settore pubblico. Dal lato delle politiche pubbliche, nonostante il copioso POR Calabria 2014-2020, le azioni a sostegno della ricerca e dell’innovazione sembrano che siano state debolmente pensate per il compito che le compete: consentire a pochi settori (magari quelli in cui la regione conta qualche embrionale vantaggio competitivo) di fertilizzare in senso tecnologico le produzioni settoriali.

Tutto ciò è la pre-condizione per vincere la sfida della competitività sui mercati mondiali che oggi si gioca sul piano della conoscenza e della qualità. Focalizzarsi su pochi settori significa fissare delle priorità e concentrare la spesa. Al contrario, sembra che l’attuazione del vigente POR Calabria segua i comportamenti passati basati sulla frammentazione della spesa.

Quant’è ragionevole che la Calabria punti su 8 Poli di Innovazione? Non sarebbe strategicamente più efficace selezionarne due/tre e concentrare su questi le limitate risorse comunitarie?

“Forse 8 aree di specializzazione tecnologica sono troppe per poter pensare che una regione debole come la Calabria possa stare sulla frontiera di un numero così elevato di ambiti tecnologici.

Io farei massa critica su un paio di settori, spendendo in essi tutti i fondi comunitari previsti per le attività innovative. Una scelta impopolare, ma strategica per l’impatto che avrebbe nel medio periodo”.

Quali le proposte di politica economica a favore del Sud recentemente varate dal Governo Nazionale? 

Con il decreto “Disposizioni urgenti per la crescita economica del Mezzogiorno (GU 188 del 12/8/2017), sembra che il Sud del paese sia rientrato nell’agenda della politica nazionale.

La ragione è che esiste il diffuso convincimento sulla non sostenibilità del modello di sviluppo dell’economia italiana, in cui un’area relativamente ricca e dinamica si contrappone a un’area debole e stagnante.

L’Italia cresce se cresce il Mezzogiorno –  lo slogan ripreso negli ultimi mesi dal Ministro De Vincenti – ha motivato la predisposizione di un pacchetto di misure a favore delle regioni meridionali, tra cui, per esempio, Resto al Sud e l’istituzione di Zone Economiche Speciali in prossimità di alcuni porti del Mezzogiorno.

Si tratta di misure che dovrebbero:

(a) stimolare la costituzione di nuove imprese nel Mezzogiorno (Resto al Sud) per frenare la fuga di forza lavoro giovanile che stiamo osservando in questi anni e

(b) promuovere l’insediamento di investimenti industriali nelle aree ZES (Zone economiche speciali). Per capire se avranno successo, dovremo aspettare qualche anno”.


Intervista a cura di Raffaella Ascione


L’intervista riprende alcuni contenuti del saggio “Nella trappola della povertà


 

 

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