Cenni sulla fusione tra Cosenza, Rende e Castrolibero: approfondimento sulla situazione finanziaria del Comune di Cosenza

La storia finanziaria del Comune di Cosenza e il dissesto del 2019

In una precedente breve nota, si sono esaminate alcune criticità finanziarie del Comune di Cosenza, ponendo l’attenzione su come possano influenzare il progetto di fusione con Rende e Castrolibero. Proseguendo su questa linea, ci concentriamo nuovamente sull’analisi dello stato di “salute” finanziaria del comune di maggiori dimensioni, poiché le sue difficoltà economiche e l’entità del suo indebitamento potrebbero incidere significativamente sugli altri enti coinvolti.

Prima di entrare nel dettaglio, è opportuno richiamare brevemente la travagliata vicenda che ha portato il Comune di Cosenza a dichiarare il dissesto finanziario nel 2019. Questo percorso ebbe inizio con la delibera n. 5 del 9 febbraio 2013, attraverso cui il Consiglio comunale approvò un piano di riequilibrio finanziario pluriennale (il cosiddetto “predissesto”), con una durata inizialmente prevista di dieci anni.

Il piano di riequilibrio del 2013 prevedeva inizialmente una massa di debiti da ripianare pari a €109.674.000,00. Successivamente, a seguito delle criticità sollevate dalla Commissione per la stabilità degli Enti locali, l’importo fu ricalcolato in €114.751.000,00. Tuttavia, il percorso di risanamento si rivelò presto insostenibile. Nel 2019, la Corte dei Conti, con la Deliberazione n. 66/2019, ha contestato al Comune di Cosenza un “…grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi intermedi fissati dal piano…” di riequilibrio finanziario. In sostanza, il Comune di Cosenza non è riuscito a rispettare gli impegni di risanamento dichiarati e certificati nel 2013. Inoltre, la Corte dei Conti ha sollevato seri dubbi sull’attendibilità dei bilanci dell’ente, evidenziando significative discrepanze, come i debiti verso la Regione Calabria per il servizio idrico (€19.575.340,01) e per i rifiuti (€11.512.355,26). Ha chiesto esplicitamente dove questi debiti (residui passivi) fossero stati iscritti in bilancio, sottolineando: “la Sezione resta in attesa delle risposte del Comune – che dovranno dare conto di come i crediti vantati dalla Regione trovino corrispondenza nei residui passivi del bilancio comunale.”

Il dissesto finanziario e la crisi persistente

Le contestazioni della Corte dei Conti non si limitavano ai circa 30 milioni dovuti alla Regione. La Corte ha evidenziato anche altre anomalie, come l’utilizzo improprio di fondi vincolati per oltre 21 milioni, una sottostima del fondo crediti di dubbia esigibilità e altre problematiche gestionali.

Alla luce delle evidenze emerse, la Corte dei Conti ha rilevato il mancato rispetto del piano di riequilibrio e ha intimato il Comune di deliberare il dissesto finanziario. La Deliberazione si conclude con un’affermazione inequivocabile: “Appare di estrema evidenza che il Comune di Cosenza non è stato in grado di assumere idonee misure per garantire l’aumento delle riscossioni e lo smaltimento della spesa, decorsi sei anni dal percorso di risanamento, e che, in assenza di eventi eccezionali – allo stato neppure prospettati – e tenuto conto di quanto esposto nella presente deliberazione, non potrà, nei restanti tre anni, recuperare il disavanzo pregresso non ripianato nonché l’ingente deficit formatosi durante la vigenza del piano.”

Questa prima fase critica si conclude con la dichiarazione ufficiale di dissesto finanziario da parte del Comune di Cosenza, sancita dalla delibera n.51 dell’11 novembre 2019. Tuttavia il dissesto non ha segnato la fine della crisi finanziaria, ma anzi ne ha rappresentato solo un passaggio, come dimostrano gli sviluppi successivi.

Con il trascorrere degli anni, la situazione finanziaria del Comune non solo non si è risolta, ma si è aggravata ulteriormente. A conferma di ciò, il 17 gennaio 2023 il Consiglio comunale di Cosenza ha approvato, con la deliberazione n. 3, un nuovo piano di riequilibrio finanziario, questa volta della durata ventennale e con decorrenza dal 2022.

 Le prospettive future e i rischi della fusione

A soli due anni dal dissesto, quindi, il Comune è stato costretto a intraprendere un nuovo percorso di risanamento. La relazione approvata dal Consiglio comunale, allegata alla richiesta di accesso alla procedura, ha evidenziato “una massa debitoria complessiva da ripianare pari a €148.135.320,37” (rif. Deliberazione n. 102/2023/PRSP Corte dei Conti Calabria).

Un nuovo debito, addirittura superiore a quello che aveva portato al dissesto finanziario, è stato accertato a soli tre anni dalla dichiarazione di dissesto! Come avvenne nel 2013, anche questa volta la Corte dei Conti ha negato l’accesso alla procedura di riequilibrio a causa di un vizio procedurale significativo. La Corte ha, infatti, sottolineato che “Sotto il profilo procedurale, il ricorso al piano di riequilibrio deve essere preventivamente autorizzato con decreto del Ministero dell’Interno, su proposta della Commissione per la stabilità degli enti locali” e ha indicato al Comune che “Il rimedio per fronteggiare la grave situazione finanziaria del Comune è da ricercare nell’art. 268 TUEL ed eventualmente nell’art. 268-bis TUEL.” In risposta, il Comune di Cosenza ha avviato un nuovo piano per ripianare parte della massa passiva, con un’estensione temporale fino al 2042. Il piano approvato comporta, quindi, un disavanzo annuo pari a circa 2 milioni annui da pagare ogni anno fino al 2042. Si tratta di un onere che andrà inevitabilmente a gravare anche sul bilancio del nuovo ente post-fusione.

Nella deliberazione della Corte dei Conti si legge che “…a partire dal 2024, per giungere alla chiusura del dissesto dichiarato dall’Ente nel 2019, sarà contratto un mutuo per coprire i debiti non coperti dalla massa attiva, pari a €70.000.000 (con rate annuali prudenziali, comprensive di interessi, stimate in €4.200.000, a partire dal 2025, anno ipotizzato per la chiusura del dissesto da parte dell’OSL, con un piano di ammortamento trentennale al tasso del 4,35%”. Anche questo ulteriore debito confluirà nel bilancio del nuovo comune “post-fusione”, trasferendo una parte sostanziosa delle passività pregresse agli enti partecipanti alla fusione. Una sorta di “trasferimento di debiti da dissesto” da Cosenza a Rende e Castrolibero.

Il dissesto finanziario del 2019, dunque, non ha risolto i problemi strutturali del Comune di Cosenza, ma ha evidenziato ulteriori difficoltà nel corso degli anni. La massa attiva, come dichiarato più volte dall’OSL, si è rivelata insufficiente a coprire i debiti pregressi. Non a caso, con deliberazione del 17 giugno 2024, la Commissione ha approvato il ricorso a un mutuo statale ventennale per quasi 30 milioni di euro, destinati a coprire i debiti da dissesto accumulati prima del 2001. Tuttavia, resta irrisolto un debito idrico di circa 20 milioni verso la Regione, per il quale non è ancora stato definito il giudizio pendente.

Un aspetto cruciale riguarda la normativa applicabile: mentre i debiti anteriori al 2001 possono beneficiare di una copertura parziale tramite mutui statali, i debiti successivi non godono dello stesso sostegno. La legge costituzionale n. 3 del 2001 ha infatti limitato il concorso statale al finanziamento delle passività pregresse, richiedendo che eventuali risorse aggiuntive siano reperite a livello comunale o tramite interventi straordinari regionali.

Appare chiaro che una parte rilevante dei debiti contratti nel corso della procedura di dissesto sarà pagata dal nuovo Comune post-fusione, aggravando ulteriormente i bilanci degli enti coinvolti.

La copertura parziale dei debiti antecedenti al 2001 è riservata agli enti che hanno dichiarato il dissesto finanziario dopo l’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001. Tuttavia, questa norma ha eliminato la possibilità per lo Stato di concorrere al finanziamento dei debiti pregressi tramite il ricorso a un mutuo ventennale. Di conseguenza, per raggiungere il risanamento, tutte le risorse necessarie – in assenza di interventi straordinari da parte dello Stato o della Regione – devono essere reperite nell’ambito comunale.

Rimane comunque la possibilità, limitatamente ai debiti anteriori al 2021, di contrarre mutui senza oneri a carico dello Stato per finanziare passività legate a spese di investimento, così come mutui per il ripiano dell’indebitamento di parte corrente, purché riferiti a debiti maturati entro l’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001.

In questo contesto, appare evidente che, qualora venisse attivato un mutuo ventennale, una parte rilevante dei debiti legati al dissesto finanziario graverà inevitabilmente sul nuovo Comune derivante dalla fusione, aumentando ulteriormente il peso delle passività da gestire.

Tutto risolto, quindi? Purtroppo, la risposta è negativa. La procedura ex art. 268 TUEL copre solo una frazione della nuova massa debitoria accertata, pari a in €148.135.320,37. Tra i problemi più rilevanti figura la richiesta dei revisori di restituire immediatamente € 32.608.343,73 di fondi vincolati utilizzati per esigenze di cassa e non restituiti. Tali somme, destinate originariamente a investimenti sono state utilizzate per coprire spese correnti, segnalando una grave carenza di liquidità nel bilancio comunale.

Conclusione

Alla luce di questa complessa situazione finanziaria, emerge un quesito ineludibile: è stato davvero prudente avviare una procedura di fusione in cui uno dei tre enti versa in una condizione economica tanto critica? I dati indicano una situazione finanziaria oggi ancora più grave rispetto a quella che aveva portato al dissesto del 2019, sollevando dubbi sulla sostenibilità dell’operazione e sulle sue conseguenze per gli altri enti partecipanti.

Exit mobile version