Come le Regioni sono intervenute per contrastare gli effetti del Covid

La complessità della pandemia e le sue conseguenze ha reso necessaria una pletora di interventi di sostegno alle famiglie e al sistema produttivo a ogni livello di governo. Se i governi centrali sono stati i grandi protagonisti, supportati anche dall’Unione Europea, i governi sub-nazionali non sono stati da meno. Le esperienze di paesi federali, come ad esempio gli Stati Uniti, l’Australia e la Germania, hanno mostrato un attivismo degli stati che è apparso fondamentale, assieme alla necessità dei governi federali di confrontarsi e cooperare con i singoli stati per articolare una risposta efficace alla crisi pandemica.

In paesi in cui il governo centrale ha latitato nelle fasi inziali, come nel caso dell’Amministrazione Trump negli Stati Uniti e in quella di Bolsonaro in Brasile, i governi sub-nazionali, stati e municipi, hanno spesso giocato un ruolo sostitutivo, di fondamentale importanza per contenere il diffondersi della pandemia e i relativi danni economici. Non sono mancati attriti tra i livelli di governo, come nel caso spagnolo, nonché in quello italiano. Tuttavia, i primi studi mostrano come la cooperazione tra livelli di governo è stato un fattore essenziale per una politica efficace della gestione della crisi pandemica (Agnew, 2021).

Nel caso italiano, l’attivismo delle Regioni, che a volte è sfociato in protagonismo dei Presidenti delle Regioni in una sorta di versione regionale del populismo (Casaglia e Coletti, 2021; Coletti et al., 2020, 2021) è giustificato sia da fattori istituzionali, sia da fattori economico-produttivi. Per quanto concerne i primi, le Regioni hanno da circa un ventennio acquisito un grado di autonomia rilevante accanto allo stato centrale; per quanto riguarda i secondi, le marcate differenze tra i sistemi produttivi regionali, in termini di specializzazione settoriale e dinamiche industriali, giustifica la necessità di approcci bottom-up, che per loro natura generano interventi differenziati e variamente articolati sui territori.

Il saggio di Filippetti e Tuzi  pubblicato su Regional Economy ha come obiettivo quello di operare una prima ‘valutazione’ della capacità di risposta del sistema regionale italiano durante il 2020 nella gestione della crisi pandemica. A fronte dell’analisi quali-quantitativa, peraltro descrittiva, svolta sulle delibere regionali possiamo trarre qualche prima considerazione. Il sistema regionale ha mostrato una certa capacità di mobilitare le risorse provenienti sia dai bilanci regionali, sia attraverso una rimodulazione dei fondi strutturali non ancora impegnati. Al contempo, è emerso anche un grado di differenziazione significativo, indice questo di una capacità di adattamento ai contesti locali che è da leggersi, evidentemente, come caratteristica desiderabile di un sistema regionale. Le Regioni hanno mostrato una certa capacità di adattamento dei loro interventi sia nel tempo, in funzione delle differenti esigenze sorte in periodi diversi della crisi pandemica; sia nello spazio, articolando gli interventi di sostegno economico in funzione delle caratteristiche dei sistemi produttivi regionali.

I risultati ottenuti da Filippetti e Tuzi sono da considerarsi come un primo stimolo di incoraggiamento verso analisi più approfondite in grado di studiare il sistema regionale in modo scientifico e rigoroso. Rimangono da considerare, attraverso analisi più approfondite e non limitate ad un approccio descrittivo, alcuni elementi essenziali per il buon funzionamento del regionalismo, come il livello di efficienza di tali interventi e il grado di complementarietà versus ridondanza rispetto agli interventi del governo centrale. Infine, l’applicazione di un impianto valutativo di tipo controfattuale aiuterebbe a valutare in modo più rigoroso il funzionamento del sistema regionale italiano durante la crisi pandemica.

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