Come provare a combattere la disoccupazione giovanile in Calabria

* il presente saggio ha ottenuto il terzo posto, ex aequo, al Premio Open Calabria

Introduzione

L’ultimo rapporto della Banca d’Italia sull’economia calabrese mostra un grave ritardo sul tema della disoccupazione giovanile. L’occupazione (fascia di età 15-34) ha infatti registrato nel 2015 un calo del 7,7%. I disoccupati di lungo periodo della stessa fascia (medie 2013-2015) rappresentano il 55,4% del totale. I Neet (Not in Education, Employement or Training) hanno rappresentato nel 2015 il 43,1% della fascia anagrafica considerata (media Italia 27%). Dalle analisi del programma Garanzia Giovani si evince che i ragazzi calabresi registrati al programma hanno un grado di difficoltà elevato nell’entrare nel mercato (livello di profilazione medio-alto o alto). L’indice di profiling è molto importante per comprendere le difficoltà dei giovani calabresi rispetto ai loro coetanei di altre regioni nella ricerca del lavoro, dato che nelle variabili considerate si tiene conto anche di elementi territoriali (variazione tasso di disoccupazione dei 15-29 anni a livello provinciale, rischio di povertà familiare, densità imprenditoriale a livello regionale).

La piaga della disoccupazione giovanile calabrese verrà affrontato nel prosieguo con riferimento a due elementi collegati tra loro: la bassa produttività e il costo del lavoro. Verrà poi suggerita una proposta avente lo scopo di migliorare la seconda voce.

Le distorsioni del mercato del lavoro

Il rapporto SVIMEZ 2015 ricorda che la produttività del lavoro (nel settore manifatturiero) è scesa al Sud (2208-2014)di oltre il 18% (divario con il Centro-Nord superiore al 40%). Contemporaneamente la riduzione del costo del lavoro nel mezzogiorno è stata minore, tanto da far segnare un incremento del costo del lavoro per unità di prodotto (“CLUP” nel prosieguo) pari a più del doppio di quello registrato nel Centro-Nord (rispettivamente 31,9% e 15,1%).

Tale scenario rappresenta un forte problema per la competitività delle imprese meridionali, con riflessi negativi sull’occupazione e sull’aumento del lavoro irregolare.

La situazione è stata ben descritta dal Prof. Aquino su Open Calabria, che ha delineato anche diverse strade da percorrere. Nella presente stesura si sostiene la necessità di attivare degli sgravi fiscali per le aziende calabresi, come proposto da Aquino, rimanendo però nei limiti della normativa UE attualmente vigente.

La proposta consisterebbe in una riduzione dell’IRAP, fino al 50%, per le imprese aventi sede in Calabria che assumano persone under 34 – anch’esse residenti in Calabria – con contratto a tempo indeterminato o determinato. Attualmente l’addizionale IRAP è fortemente penalizzante in Calabria, a causa di un meccanismo di aumento automatico per le regioni aventi un disavanzo eccessivo nella sanità. La scelta del target anagrafico sarebbe invece giustificata dai dati allarmanti brevemente illustrati in premessa.

Per  evitare  alcune  conseguenze  spiacevoli  degli  sgravi  contributivi  decisi  dal  Governo  per  le assunzioni a tempo indeterminato, nel caso di specie quelle dei giovani dovranno essere aggiuntive, non mere “trasformazioni” del rapporto contrattuale.La  riduzione  potrebbe  avvenire  nella  forma  di  un  credito  di  imposta  pari  a  una  percentuale dell’imposta liquidata in dichiarazione (ma si possono discutere anche forme più congeniali).

L’ammontare della percentuale di “sconto” dovrebbe essere calcolata in base alle assunzioni di under 34 avvenute nel primo anno di implementazione che, idealmente, dovrebbe coincidere con il periodo di imposta:

+10% di occupati under 34 = credito di imposta del 10%

e così via (Min 10%, Max 50%), per un massimo di 3 anni.

Nel 2° e 3° anno di implementazione, lo sconto verrebbe calcolato sempre in base al numero di occupati  under  34  aggiuntivi  rispetto  all’anno  precedente  all’inizio  dell’implementazione.  Così facendo lo sconto potrebbe aumentare (in caso di nuove assunzioni) o diminuire (in caso di licenziamenti o di scadenza del contratto a tempo determinato).

Per il periodo post- misura, si potrebbe richiedere la permanenza della sede legale del beneficiario in Calabria per altri 3 anni e che l’eventuale riduzione del personale under 34 (nei 3 anni successivi al termine dell’incentivo) non debba mai essere superiore al 50% rispetto all’ultimo anno in cui si è ottenuto il beneficio, a pena di restituzione dell’aiuto ricevuto (non conterebbero come riduzioni gli assunti che dovessero superare nelle more il 34esimo anno di età). Non si dovrà in ogni caso danneggiare ulteriormente le aziende in difficoltà economiche “costrette” a licenziare o a non rinnovare i contratti degli under 34.

Il finanziamento della proposta dovrebbe avvenire utilizzando parte dei fondi europei destinati alla Calabria in quanto area sottosviluppata di zona A. L’ideale sarebbe un importo pari ad almeno la metà di quanto stanziato per il cosiddetto “Patto per la Calabria” (€ 7,2 Mld).

Il gettito IRAP indicato dalla Regione Calabria è stato pari nel 2015 ad € 563,2 Mln, che, moltiplicato per 3 anni (durata massima incentivo) e diviso per 2 (ipotizzando l’erogazione massima pari al 50%), è uguale a circa 844 Mln da coprire.

Si ipotizza In maniera suggestiva ma chiaramente utopistica) uno scenario in cui tutte le aziende calabresi soggette ad imposta IRAP aumentino l’occupazione giovanile nella misura massima ivi prevista. Sottraendo comunque la cifra di 844 Mln dall’importo totale stanziato (€ 3,6 Mld), resterebbero quasi € 2 Mld e 800 Mln che dovrebbero essere sufficienti per contenere l’auspicabile aumento di imponibile che la misura potrebbe comportare. In caso di avanzo di risorse, si potrebbe pensare di prolungare l’incentivo, per altri 3 anni, alle aziende che abbiano aumentato la presenza di under 34 in maniera superiore al 50% (percentuale media calcolata sui 3 anni dell’incentivo).

Purtroppo le risorse inerenti al Patto per la Calabria sembrerebbero oramai tutte destinate, ma forse si potrebbe ancora trovare il modo di ottenere una parte delle stesse inerenti al programma 2014-2020.

Si ritiene che la proposta possa essere sostenibile e possibile anche in base all’attuale sistema normativo e in piena conformità alla disciplina sugli aiuti di Stato. In base all’Art. 107 del TFUE, comma 3, lett. a e c: «a) Possono considerarsi compatibili con il mercato interno: a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all’articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale; (…) c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse».

La Calabria soddisfa il requisito di regione sottosviluppata ed è afflitta da una grave forma di sottoccupazione. L’aiuto non sarebbe selettivo, se non nella stessa misura in cui lo sono anche i finanziamenti per progetti concessi alle imprese.

La Commissione (dal 2012) ha avviato un programma di ammodernamento della disciplina degli aiuti di Stato, occupandosi anche di quelli con finalità regionale. Scrive nelle sue stesse Guidelines che gli aiuti possono avere anche la forma di misure volte a ridurre i costi delle imprese, come tagli di tasse o riduzione dei contributi previdenziali. Ma l’esecutivo monitora attentamente tali tipi di aiuti perché raramente essi sembrerebbero condurre a benefici per la società. E in ogni caso dovrebbero essere proporzionati al problema che intendono alleviare. Il progetto dovrebbe, quindi, mostrare i benefici attesi dalla misura per convincere la Commissione. Difficile, ma non impossibile.

L’  aiuto  dovrebbe  essere  ricompresa  nella  voce  degli  aiuti  al  funzionamento,  «concessi  per compensare svantaggi specifici o permanenti riscontrati dalle imprese nelle regioni svantaggiate». Il caso dell’alto CLUP è sicuramente uno svantaggio specifico e permanente, che si è perfino aggravato negli ultimi anni.

I parametri richiesti per consentire aiuti al funzionamento sembrano poter essere soddisfatti:

–      necessità è i dati sulla disoccupazione giovanile

–      effetto di incentivazione è assumere un giovane sarebbe economicamente più conveniente

–      adeguatezza e proporzionalità è si dovrà tenerne conto nella stesura del testo normativo

–      limitazione degli effetti sulla concorrenza è gli effetti non sembrano essere maggiormente distorsivi rispetto a quelli provocati dai finanziamenti per gli investimenti.

Tutto andrebbe preceduto da una consultazione con la Commissione e con il Dipartimento per le Politiche Europee, per evitare di incorrere in procedure d’infrazione. Sussiste infatti un problema per ciò che concerne l’elenco dei casi in cui si può ricorrere agli aiuti al funzionamento (grande distanza, l’insularità, la superficie ridotta, la topografia, il clima difficile e la dipendenza economica da alcuni prodotti), ma le Guidelines citate rappresentano un punto a favore della proposta.

Conclusioni

La proposta ivi presentata è ancora incompleta e sommaria (anche per ragioni di spazio). Inoltre, essa contiene  dei  limiti  intrinseci,  anche  nell’ipotesi  in  cui  la  Commissione  dovesse  prestare  il  suo consenso alla misura:

1)   non ha lo scopo di migliorare la produttività, vero problema dell’economia calabrese, che va affrontato con altre misure di lungo periodo;

2)   misura non strutturale, i benefici potrebbero svanire al termine degli incentivi.

Tuttavia, presenta alcuni vantaggi potenziali:

1)   può aumentare l’occupazione giovanile, ridando fiducia ai ragazzi e conferendo alle aziende

un incentivo economico per assumere under 34;

2)   può consentire ai giovani calabresi di fare un’esperienza lavorativa, spesso assente nei Cv, anche a causa di un’assenza di un sistema duale efficiente. Un’esperienza di lavoro, benché breve, potrebbe arricchire le skills di un giovane e prepararlo ad una nuova ricerca, nel caso in cui l’esperienza finisca contemporaneamente all’incentivo;

3)   può rendere più attrattiva la Calabria per investitori di altre regioni o esteri;

4)   se l’incentivo dovesse produrre i risultati sperati (+ occupazione giovanile, + Pil), la Regione potrebbe convincersi della convenienza di abbassare la pressione fiscale sulle imprese per favorire la crescita, con misure strutturali e permanenti.

Le misure a favore di sgravi fiscali in luogo dei classici investimenti avrebbero invece le seguenti motivazioni:

  1. a) i fondi di coesione non hanno prodotto i risultati attesi in termini di obiettivi di convergenza;
  2. b) uno sgravio fiscale non necessita di burocrazie particolari per la sua gestione, spesso fonti di sprechi e inefficienze;
  3. c) uno sgravio fiscale comporta benefici erga omnes che non possono favorire solo le imprese aventi rapporti privilegiati con la politica, riducendo fenomeni corruttivi o mafio

A prescindere dalla proposta presentata (l’IRAP è solo un esempio), lo scopo del saggio è di sostenere in via generale che invertire la rotta nell’utilizzo dei finanziamenti europei, passando dal “più spesa” al “meno tasse”, potrebbe rappresentare un cambiamento positivo della Calabria, non solo dal punto di vista economico, ma soprattutto sociale e morale. Mentre qualsiasi imprenditore può avere un interesse perverso nel cercare di ottenere un finanziamento pubblico (moral hazard), l’aiuto nella forma di un’agevolazione fiscale – vincolato alle assunzioni di giovani – potrebbe rappresentare solo un costo inutile per chi dovesse pensare unicamente a operazioni poco etiche per accaparrarselo, poiché il costo di un’assunzione fittizia sarebbe maggiore del credito di imposta ottenuto.

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