“Coronavirus: non vogliamo tornare alla normalità, perché la normalità è il problema” di Francesco Cufari[1]
La normalità ci ha procurato la pandemia. E la maggior parte dell’umanità non desidera continuare a vivere in un mondo tanto ingiusto, tanto ineguale, tanto omicida dell’ambiente.
Nato da appena cento giorni in una lontana città sconosciuta, un nuovo virus ha percorso tutto il pianeta, e ha obbligato a chiudersi in casa miliardi di persone. Qualcosa di immaginabile solo nei film post-apocalittici. L’umanità sta vivendo un’esperienza del tutto nuova, scoprendo che la storia, in realtà, è imprevedibile.
L’apocalisse sta bussando alla nostra porta. La sola piccola luce di speranza è che, con il pianeta in pausa, l’ambiente ha potuto respirare. L’aria è più trasparente, la vegetazione più fiorente, la vita animale più libera. È diminuita la contaminazione atmosferica che ogni anno ammazza milioni di persone. Rapidamente, lavata via la sporcizia dell’inquinamento, la natura è tornata a splendere, come se l’ultimatum alla Terra che il coronavirus ci lancia fosse anche un disperato allarme finale nella nostra corsa suicida verso il cambiamento climatico: “Occhio! Prossima fermata: collasso”.
L’Organizzazione meteorologica mondiale ha stimiamo che quest’anno ci sarà una riduzione del 6% delle emissioni di CO2, sia a causa della mancanza di emissioni dei trasporti, sia per una minor produzione di energia per l’industria. Una diminuzione importante ma che, nell’improbabile ipotesi continuasse nei prossimi anni, non ci consentirebbe, comunque, di centrare l’obiettivo 1,5 gradi Celsius, individuato dall’Ipcc come “aumento limite” della temperatura, soglia da non superare se vogliamo scongiurare i più gravi disastri imposti dalla crisi climatica.
Bisogna mostrare la stessa determinazione e unità che stiamo usando con il Covid19 nella battaglia contro i cambiamenti climatici. Non solo nel breve termine, ma per parecchio tempo a venire, per molte generazioni future.
Le due crisi, sanitaria e climatica, devono essere affrontate insieme e con un approccio sistemico. Con le concentrazioni di anidride carbonica che rimangono a livelli record, si stima, infatti, che dal prossimo anno tutto tornerà alla “normalità”, è fondamentale che la ripresa post Covid-19 sia orientata alla transizione economica, puntando forte sul green deal. Perché non va dimenticato che “le precedenti crisi economiche sono state spesso seguite da una ripresa che ha visto impennare le emissioni climalteranti”. Il rischio è quello di ricommettere, di nuovo, gli stessi errori del passato con una semplice differenza: il tempo è ormai scaduto, non possiamo più posticipare la lotta ai cambiamenti climatici.
La lotta contro il cambiamento climatico deve essere, quindi, al centro dei piani per rilanciare l’economia globale dopo l’emergenza coronavirus: così come affermato nel discorso tenuto dal segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, al primo vertice virtuale internazionale sul clima del 2020, il Petersberg Climate Dialogue, recentemente svolto in Germania con la partecipazione di più di trenta paesi.
Così Guterres ha raccomandato, in particolare, di utilizzare i soldi dei contribuenti per creare posti di lavoro “verdi” e non per salvare industrie obsolete e inquinanti. Gli investimenti devono accelerare la de-carbonizzazione di tutti i settori economici. I sussidi ai combustibili fossili devono finire, le emissioni di anidride carbonica devono avere un prezzo e chi inquina deve pagare per l’inquinamento che produce.
Bisogna, a tal fine, assicurare che i piani di salvataggio delle imprese siano studiati con attenzione, dirigendoli verso le tecnologie a basso impatto ambientale, la riduzione delle emissioni, l’aumento dell’energia generata con fonti rinnovabili. In altre parole, i piani di ripresa economica dovrebbero essere condizionati a precisi obiettivi di carattere ambientale.
E, quindi, quale Calabria vogliamo?
Innanzi tutto in salute, capace di garantire a tutti condizioni di vita adeguate, capace di prevenire le malattie e curare le patologie sociali, capace di garantire la più alta speranza di vita. Poi, giusta. Di fronte a una pandemia che può colpire tutti, e che chiama tutti a cambiare le proprie vite, l’esigenza di giustizia deve tornare a prevalere dopo decenni in cui le disuguaglianze si sono allargate e i guadagni della finanza, concentrati tra i più ricchi, sono stati elevatissimi. Infine, sostenibile. Sono molti i legami tra l’insostenibilità ambientale dell’attuale modello di sviluppo e il peggioramento delle condizioni di rischio e di salute. Il cambiamento climatico è alla radice di molti dei disastri ‘naturali’ e degli ‘eventi estremi’ che hanno colpito il paese. Solo una Calabria sostenibile dal punto di vista ambientale, protagonista nel contrasto al cambiamento climatico, può prevenire nuove gravi emergenze di origine ambientale. In sintesi, la lezione da apprendere è la seguente: Coronavirus: non vogliamo tornare alla normalità, perché la normalità è il problema.
Il percorso che si propone di realizzare in Calabria nell’immediato è la formazione di un gruppo di lavoro di esperti che sviluppi delle proposte concrete (ambiziose, ma realizzabili) di interventi economici, cambiamenti sociali, riforme politiche e istituzionali. E la formazione allo stesso tempo di un’alleanza tra organizzazioni sociali, sindacati, comunità ed enti locali, forze politiche che condividono questa prospettiva e si impegnano a realizzare i cambiamenti proposti. Sapremo trarre un vantaggio da questo terremoto globale per costruire finalmente un mondo migliore?
[1] Dottore agronomo, Presidente Federazione degli Ordini dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Calabria