Demografia e riduzione dei parlamentari. La “legge” della radice cubica

Introduzione. Oggi arriva in Aula alla Camera per la definitiva approvazione la proposta costituzionale di riduzione del numero dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200.[i] Com’è noto, il taglio dei parlamentari, è stato uno dei punti qualificanti del programma del Movimento 5 stelle, prima nel governo giallo-verde, ora in quello giallo-rosso, con l’obiettivo di ridurre i costi della politica senza intaccare il principio della rappresentanza e senza compromettere le funzioni dei due rami del Parlamento. Su questa proposta non c’è un’ampia condivisione. Le critiche vanno, per esempio, dalla debolezza della stima dei risparmi (un miliardo in dieci anni), alla persistenza della lentezza dell’iter parlamentare (rimanendo il bicameralismo perfetto), all’aumento del rapporto abitanti/eletti, che per ogni deputato aumenta da 96.000 a 151.210 e per ciascun senatore da 188.424 a 302.420, con conseguente incremento della distanza fra eletti ed elettori[ii].

La “legge della radice cubica”. La proposta di riduzione del numero dei parlamentari, sinteticamente illustrata in premessa, al di là delle opinioni espresse dalle varie parti politiche, porta inevitabilmente a interrogarci sui fattori che contribuiscono a determinare la dimensione delle assemblee nazionali. In un articolo del 1972, pubblicato su Social Science Research, Taagepera ha osservato che l’ammontare della popolazione è uno dei fattori che maggiormente influenzano la numerosità dei parlamenti nazionali[iii]; inoltre, la radice cubica della popolazione poteva essere considerato il migliore descrittore della dimensione delle assemblee elette nel 1965, sulla base dei dati di 120 nazioni.

Questa relazione, frequentemente citata in letteratura come “legge della radice cubica”, non ha una validità generale, ma va considerata solo come una delle tante relazioni empiriche che spesso s’incontra nelle scienze sociali[iv]. In verità, la legge della radice cubica in campo elettorale fu proposta per la prima volta dall’on. James Parker Smith avanti alla Royal Commission of System of Elections del 1909. In un recente articolo del 2017, pubblicato a cura del Demographics Research Group dell’Università della Virginia, in cui si analizza in che modo la struttura della rappresentanza politica negli USA abbia potuto contribuire ad alimentare i recenti comportamenti populistici e anti sistema nel comportamento elettorale statunitense, è riproposta la versione aggiornata al 2016 della relazione popolazione/eletti esaminata da Taagepera nel 1965. Si può così costatare che l’Italia è uno dei pochi paesi, insieme a Francia, Germania, Regno Unito, Turchia e Polonia, che si colloca molto sopra del numero “ideale” di parlamentari risultanti dalla “legge della radice cubica” (Figura 1). Con la riforma, invece, il nostro Paese si conformerebbe a tale legge. Infatti, la radice cubica della popolazione italiana del 2019 è 392, valore molto vicino a 400, numero previsto dalla legge costituzionale in via di approvazione. Ciò sarebbe dunque uno dei punti più robusti a favore della riduzione dei parlamentari.

La legge della radice cubica, come in precedenza detto, non ha una valenza generale. Per esempio, non è valida per le assemblee regionali italiane. La relazione popolazione – eletti, escludendo le regioni a statuto speciale, a livello di elezioni regionali ha infatti un andamento quasi rettilineo, come si può costatare osservando la Figura 2.

Riferimenti bibliografici


[i] Più precisamente, con la modifica il numero dei deputati passerebbe da seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella circoscrizione Estero, a quattrocento, otto dei quali eletti nella circoscrizione Estero. Il numero dei senatori dai trecentoquindici attuali, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero, a duecento, quattro dei quali eletti nella circoscrizione Estero.

[ii]Ricordiamo che il testo della Costituzione approvato dall’Assemblea Costituente prevedeva un rapporto numerico costante abitanti/eletti e che il numero dei parlamentari potesse mutare al variare della popolazione (un deputato ogni 80mila abitanti o frazione superiore a 40mila e un senatore ogni 200mila o frazione superiore a 100mila, fatta eccezione per la Valle d’Aosta alla quale si attribuiva un unico seggio). Ricordiamo ancora, che con la legge costituzionale n. 2 del 1963 il numero dei senatori è divenuto metà di quello della Camera, fissato in 630, a prescindere dalla variazione della popolazione.

[iii] Gli altri fattori individuati da Taagepera sono: il livello di sviluppo economico; il grado di mobilitazione sociale; il grado di reale autonomia o indipendenza della nazione; il metodo di selezione della rappresentanza; le funzioni dell’assemblea; la tradizione della nazione in termini di assemblea nazionale; l’idiosincrasia personale e nazionale.

[iv] Per rimanere in campo demografico ricordiamo, per esempio, che la funzione matematica “Logistica” è stata spesso impiegata per descrivere la crescita della popolazione.

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