Introduzione. Nel corso degli oltre 150 anni trascorsi dall’Unità, gli accadimenti sociali e politici che hanno interessato il nostro Paese, come la rivoluzione industriale, le guerre mondiali, il boom economico e così via, hanno prodotto straordinari cambiamenti. Siamo passati da un popolo in prevalenza rurale, con un elevato livello di analfabetismo[i], a uno con tratti marcatamente urbani. La composizione per età della popolazione, che in passato aveva un profilo giovane, oggi ha caratteristiche che la collocano tra quelle più vecchie del globo[ii]. Tutto ciò come conseguenza della continua riduzione della mortalità seguita da un’altrettanta continua contrazione della fecondità e della natalità. Ricordiamo che rispetto al passato l’attenzione della demografia rispetto agli accadimenti sociali ed economici si è spostata dalla crescita complessiva della popolazione alla modificazione della sua struttura per età, per il forte impatto che la struttura ha sulla propensione al consumo e al risparmio, sulla spesa pensionistica e su quella sanitaria, sulle preferenze politiche e sulla popolazione scolastica, quest’ultima fortemente condizionata dal declino dalla natalità. E proprio per il ruolo che la demografia ha avuto sul settore scolastico, si è recentemente soffermato uno studio della Fondazione Agnelli[iii] che qui abbiamo ripreso con l’intento di analizzare alcuni aspetti che interessano più da vicino anche la regione Calabria.
Denatalità e popolazione in età scolare. La tendenza della natalità a diminuire costantemente ha inizio per l’Italia verso la fine dell’800, raggiungendo un minimo intorno agli anni ’50; in seguito si è avuta una ripresa terminata verso il 1964. Dopo tal epoca la natalità ha continuato nel suo trend discendente. Per avere un’idea di quanto intenso sia stato il calo della natalità in Italia, ricordiamo che nel 1862-65 si registravano 38,6 nascite per 1000 abitanti; nel 1970 questo valore era sceso a 16,8 per mille e nel 2016 a 7,8 per mille. Nello stesso periodo anche la mortalità ha conosciuto una diminuzione notevole: si registravano 30,6 morti per 1000 abitanti nel 1862-65, nel 1970 l’indice era sceso a 9,6 decessi per 1000 abitanti, e nel 2016 a 10,1 decessi per 1000 abitanti. Queste due tendenze[iv], con quelle delle migrazioni internazionali, prima in uscita oggi in entrata, hanno modellato la struttura della popolazione che via via ha assunto la forma di una piramide rovesciata, in cui le generazioni giovanili sono diventate nel tempo sempre più anemiche. Tutto ciò ha messo in forte crisi il sistema scolastico, la cui popolazione di riferimento si è ridotta viepiù nel tempo. Infatti, dal 1982 al 2015 la popolazione complessiva in età scolare (13-18 anni) è passata da 13.958.532 a 9.126.427 (-0,35%) e per il 2028 si prevede che si diminuirà a 8.079.344 (Figura 1)[v].
Le cause di questa implosione sono da imputare in primis alla riduzione della fecondità generale che dal valore di 3,5 figli per donna feconda dell’inizio degli anni ’50 del secolo scorso è scesa al livello odierno di 1,34; alla diminuzione delle nascite che questi comportamenti riproduttivi hanno prodotto; alla sempre minore numerosità delle generazioni delle donne feconde e al marginale contributo riproduttivo delle donne straniere sempre più vicino a quello delle italiane. Assumendo lo scenario mediano delle previsioni dell’Istat (base 2016) per il 2028 si prevede nel Nord e nell’Italia centrale un’ulteriore diminuzione della popolazione della scuola dell’infanzia, elementare e media, mentre per quella della scuola superiore verosimilmente si dovrebbe avere ancora una lieve crescita. Nel Sud invece si registrerebbero consistenti riduzioni della popolazione in tutti gli ordini di scuola, da – 13% a – 19%, e una contrazione complessiva dall’a. s. 2017-2018 al 2027-2028 di 36.700 classi e di 55.600 posti/cattedra[vi].
Riduzione della popolazione in età scolare nelle regioni italiane e in Calabria. Lo scenario previsivo mediano dell’Istat al 2028 ci consegna una geografia regionale che rispetto alla base del 2016 in quasi tutte le regioni è segnata da variazioni negative. Questi decrementi sono più contenuti per la scuola superiore e addirittura in crescita nel Centro-Nord. Soffermandoci sulla Calabria, ricordiamo che la popolazione in età scolare dal 1982 al 2028 si è ridotta sensibilmente e nuove riduzioni sono previste fino al 2028 in tutti i gradi dell’istruzione, come si può osservare dalla Figura 2 e dalla Tavola 1.
In questo quadro molto segnato dalla demografia, a regole vigenti, e sulla base delle ipotesi già indicate nella nota VI, in Calabria nella scuola dell’infanzia sono previste 242 classi in meno, 454 in meno nella scuola primaria, 276 nella sec. di I grado e 357 in quella di II grado, con una perdita totale di 1.329 classi/sezioni e una conseguente rilevante contrazione degli organici. Ovviamente, una situazione come quella illustrata sia a livello nazionale che locale sollecita nuove politiche scolastiche che abbiano come obiettivo il miglioramento della qualità dell’offerta formativa. Per esempio, dilatando i tempi di presenza nella scuola; avviando iniziative volte al contrasto degli abbandoni; aumentando dov’è possibile il numero degli insegnati per classe; riducendo il numero degli alunni per classe; avviando una politica di contrasto all’analfabetismo e all’analfabetismo di ritorno. Fenomeni, questi ultimi, ampiamente diffusi, preoccupanti e sottovalutati, come ha denunziato qualche anno fa Tullio De Mauro il quale, citando alcuni studi internazionali, ha ricordato che ancora in Italia il 71% della popolazione è di sotto del livello minimo di lettura e comprensione di un testo scritto in italiano di media difficoltà, il che denota ”una regressione alfanumerica dilagante tra le persone di età adulta”[vii].
[i] Ricordiamo che nel 1861 l’analfabetismo in Italia era del 78% con punte massime del 91% in Sardegna e 90% in Calabria e Sicilia.
[ii] L’indice di vecchiaia, ovvero il numero dei vecchi per 100 giovanissimi, (P65+/P0-14) x 100, nel 2017 è stato 165,1.
[iii] Fondazione Agnelli, Scuola. Orizzonte 2028. Evoluzione della popolazione scolastica in Italia e implicazioni per le politiche, aprile 2018.
[iv] Che si collocano in quella che è chiamata la Transizione Demografica, TD, cioè il passaggio da un regime demografico tradizionale, caratterizzato da alti livelli di natalità e mortalità, soprattutto infantile, a un regime demografico moderno, basato su bassi livelli dei due fenomeni. La TD dipende da una molteplicità di fattori, che nel loro insieme sono chiamati “modernizzazione”, e ha riguardato per primi i paesi economicamente avanzati e solo in seguito i paesi in via di sviluppo. Riportiamo qui di seguito lo schema della TD italiana.
[v] Scenario mediano delle previsioni Istat. www.demo.istat.it.
[vi] Nell’ipotesi di classi/sezioni formate da 25 alunni; di un rapporto posti/sezioni pari a 2 per la scuola dell’infanzia, 1,23 per quella primaria, 1,67 per le secondarie e nell’invarianza del quadro normativo attuale. Valori assunti nella ricerca della Fondazione Agnelli citata.
[vii] Ricordiamo che sulle prospettive della scuola italiana dal punto di vista numerico e sul ruolo che la demografia può giocare nell’anticipare alcune tendenze da tenere in conto nella programmazione degli interventi, il dibattito è stato sempre lacunoso. Fa eccezione, almeno a livello della regione Calabria, l’attenzione posta a quest’aspetto nel convegno tenutosi dal 23 al 25 gennaio del 1980 su iniziativa del Dipartimento di Scienze dell’educazione dell’Università della Calabria e della CGIL Scuola di Cosenza dal titolo “Tempo pieno e sperimentazione” in cui compare un intervento dello scrivente su “Strutture e tendenze della scuola materna e della scuola dell’obbligo nelle province calabre”.