I divari nelle competenze* C’è un aspetto trascurato del divario tra Nord e Sud, ma assai importante per le sue conseguenze economiche e sociali[1]. Riguarda l’istruzione e le competenze. Quanto sia ampio questo divario lo mostrano i test scolastici in matematica e in lettura. Nell’ultima rilevazione disponibile (Ocse-Pisa, 2012), il punteggio medio in matematica degli studenti quindicenni del Sud e Isole è stato di ben 68 punti più basso di quello del Nord-Est. Gli studenti del Nord hanno ottenuto risultati in linea con quelli tedeschi, cioè tra i più elevati dei paesi Ocse, mentre i punteggi degli studenti meridionali sono inferiori a quelli della Turchia. Con un punteggio ancora inferiore, la Calabria si posiziona a grande distanza dalle aree più avanzate del Paese. Sotto il profilo delle competenze degli studenti, è come se esistessero “due Italie”.
Questi divari si riscontrano già nei primi anni di scuola. Lo mostrano i test in italiano e matematica, condotti dall’Invalsi nella scuola primaria (Tabelle 1 e 2). Nel 2015, per esempio, i bambini lombardi frequentanti la quinta classe primaria hanno ottenuto 206 punti in matematica, mentre quelli calabresi 194 punti e quelli campani 189. Si tratta di differenze significative, che tendono ad aumentare nel tempo. Nella seconda classe della secondaria superiore, in matematica, gli studenti del Nord distaccano quelli del Sud e Isole di ben 26 punti. I divari sono ampi per tutte le tipologie di istituti (Licei, Tecnici, Professionali). In Calabria, i punteggi medi sono sostanzialmente in linea con quelli del Sud (con l’eccezione dei risultati degli istituti professionali). In generale, si osserva come le differenze tra Nord e Sud tendano ad aumentare man mano che dalla primaria sia passa agli altri livelli scolastici.
Disuguali opportunità Come si spiegano e che importanza hanno queste differenze? Secondo alcuni studiosi, tra cui lo psicologo Richard Lynn, i divari Nord-Sud nei test sulle competenze sarebbero spiegati da differenze regionali nel quoziente medio d’intelligenza (QI), le cui origini sarebbero, almeno in parte, di carattere genetico[2]. Una tesi assai controversa e, quantomeno, dubbia sotto il profilo scientifico e storico. I divari regionali nelle competenze scolastiche, riflettono differenze nella qualità dell’istruzione ma dipendono anche dai contesti familiari e sociali da cui provengono gli studenti[3]. Condizioni di povertà, di disagio e deprivazione materiale e sociale si riflettono negativamente sulle capacità di apprendimento e sui risultati scolastici. Nel 2015, nel Mezzogiorno, 744mila famiglie (il 9 per cento del totale) vivevano in condizioni di povertà assoluta: un’incidenza quasi doppia rispetto al Nord. Il 18 per cento delle famiglie italiane con tre o più figli minori versava in condizioni di povertà. Nel 2014, i minori in condizione di povertà assoluta erano, nel nostro Paese, un milione: 410 mila risiedevano nel Mezzogiorno. Ma la povertà non è solo economica. C’è anche quella educativa: non avere la possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare capacità e talenti, sin dai primi anni di vita[4]. Una condizione che riguarda molti aspetti, a partire dalla possibilità di accedere ai servizi per l’infanzia. Nelle regioni del Nord-Est, oltre l’80 per cento dei comuni ha attivato un servizio di asili nido, mentre la percentuale scende al 17 per cento in Campania e appena all’8 per cento in Calabria. Il risultato è che, mentre il 27 per cento dei bambini emiliani frequenta un asilo pubblico, in Campania o Calabria sono meno di 3 bambini ogni cento. Disuguali opportunità di partenza, dunque. La disponibilità di servizi pubblici per l’infanzia accresce l’occupazione femminile. Ma c’è di più. La frequenza degli asili nido si associa, in media, a migliori risultati scolastici nella scuola primaria, in particolare per i bambini delle famiglie più svantaggiate[5].
Un problema di equità Le disuguaglianze regionali nei servizi pubblici non sono solo un ostacolo alla concreta realizzazione di diritti fondamentali, come quello all’istruzione o alla salute. Riflettendosi sull’apprendimento, rappresentano anche un’insidia, perché accentuano le differenze iniziali e contribuiscono alla trasmissione delle disuguaglianze tra le generazioni. Minori opportunità di partenza si traducono in minori competenze, e ciò si riflette sulle prospettive occupazionali e sulla condizione sociale da adulti[6]. In breve, le disuguaglianze nell’istruzione accrescono quelle economiche e sociali. Alfred Marshall, nel 1890, sosteneva che “il più prezioso di tutti i capitali è quello investito negli esseri umani”[7]. Oggi le ricerche dimostrano come l’investimento nel capitale umano, a partire dall’infanzia, assicuri un elevato rendimento sociale e sia fondamentale per lo sviluppo economico[8]. L’Italia è un paese economicamente diviso. E ciò significa un fatto ovvio. Che il futuro di un individuo dipende, in larga misura, dal luogo in cui è nato. Nascere in Piemonte o in Sicilia, a Bologna o in un paesino dell’Aspromonte non è la stessa cosa. Non lo è perché i contesti sociali, economici e culturali sono profondamente, radicalmente diversi e, dunque, diverse le opportunità offerte agli individui. Per questo, in un Paese disuguale, l’investimento in istruzione, in competenze è importante. Perché riduce le disuguaglianze, contribuendo a creare più opportunità e maggiore equità.
*Il presente articolo riprende una precedente versione, pubblicata sulla rivista Economia e Politica, “Istruzione: i divari in un paese disuguale” , ampliandone i contenuti e la discussione al caso della Calabria.
[1] Vittorio Daniele (2014)“Il più prezioso dei capitali”. Infanzia, istruzione, sviluppo del Mezzogiorno, Rivista Economica del Mezzogiorno, 2014, n. 3, pp. 597-616. Disponibile al sito: http://www.vittoriodaniele.info/papers/
[2] Sulle differenze nel QI si veda, per esempio, Richard Lynn (2010), In Italy, north–south differences in IQ predict differences in income, education, infant mortality, stature, and literacy, Intelligence, 38, pp. 93-100. Per una replica, Vittorio Daniele (2015), Two Italies? Genes, intelligence and the Italian north-south economic divide, Intelligence, 49, pp. 44–56. https://www.researchgate.net/publication/270594850.
[3] Per esempio: Moris Triventi (2014), Le disuguaglianze d’istruzione secondo l’origine sociale. Una rassegna della letteratura sul caso italiano, Scuola democratica, 2, pp. 321-341. 1. Tommaso Agasisti , Giorgio Vittadini (2012). Regional economic disparities as determinants of student’s achievement in Italy, Research in Applied Economics, 4, pp. 33-54.
[4] Save The Children Italia (2014), La Lampada di Aladino. L’indice di Save the Children per misurare le povertà educative e illuminare il futuro dei bambini in Italia, http://www.savethechildren.it.
[5] Ylenia Brilli, Daniela Boca, Chiara Pronzato (2016). Does child care availability play a role in maternal employment and children’s development? Evidence from Italy, Review of Economics of the Household, Springer, vol. 14(1), pp. 27-51.
[6] Cfr. Greg Duncan, Ariel Kalil, Kathleen Ziol-Guest (2013), Early Childhood Poverty and Adult Achievement, Employment and Health, Family Matters, 93, pp. 27-35. Per gli aspetti medici: Joan Luby et al. (2013), The Effects of Poverty on Childhood Brain Development: The Mediating Effect of Caregiving and Stressful Life Events, JAMA Pediatrics,167(12), pp. 1135-1142.
[7] Alfred Marshall (2006), Principi di economia, Milano Finanza Edizioni, Milano [ed. or. 1890], p. 747.
[8] Flavio Cunha, James J. Heckman (2009), The Economics and Psychology of Inequality and Human Development, Journal of the European Economic Association, 7(2-3), pp. 320-364.