Nell’analisi dei casi di CoronaVirus che si erano verificati fino all’otto marzo 2020 si era individuato un rallentamento dell’epidemia a livello italiano e a livello delle principali regioni focolaio del contagio. I dati successivi hanno fatto mutare il quadro, poichè se guardiamo i grafici vediamo sostanzialmente che la curva che meglio fitta i dati è un’esponenziale pura (figura 1). Le Marche (fig. 5) e il Piemonte (fig. 6) sembrano discostarsi leggermente da questo andamento, mai i dati sono ancora pochi per trarre conclusioni definitive sull’andamento del contagio.
Figura 1
L’andamento esponenziale è dato dalla nascita e dallo sviluppo di nuovi focolai, in Lombardia (fig. 2) nelle provincie di Bergamo, Brescia e Cremona, che hanno oscurato il sostanziale rallentamento verificatosi nelle prime zone rosse nella provincia di Lodi. Ovviamente questi dati ancora non tengono conto delle misure introdotte con il decreto dell’otto marzo scorso e che avranno un effetto sui dati a partire dal prossimo 14 marzo e avranno i loro massimi effetti intono al 17-20 marzo. Dopo quella data ci aspettiamo un ritorno della curva logistica e si potranno fare delle ipotesi concrete sul picco che oggi sembra ancora molto lontano. L’epidemia non è ancora sotto pieno controllo nelle regioni del Nord e presenta soprattutto un tasso di mortalità molto più elevato rispetto ad altri stati.
Figura 4
Figura 6
L’Italia e la Corea del Sud Purtroppo, è necessario dire che nella risposta all’emergenza Covid-19, l’Italia ha utilizzato strumenti poco tecnologici e molto “medioevali”. La quarantena di uno stato intero con il divieto/invito a non uscire di casa è esattamente la stessa misura che sarebbe stata usata di fronte ad un’epidemia di peste qualche secolo fa. Questo approccio ha dei costi economici enormi, perché blocca un paese intero e lo isola dal contesto economico globale, ma purtroppo era l’unica misura che poteva mettere in campo un paese come l’Italia che, pur avendo un sistema sanitario con alcune eccellenze dal punto di vista sanitario, è piuttosto carente dal punto di vista dell’approccio tecnologico alla malattia.
Il caso della gestione dell’emergenza Covid-19 da parte della Corea del Sud è emblematico per capire cosa si potrebbe fare in casi del genere. L’epidemia è iniziata in Corea del Sud prima che in Italia, ha avuto, però, una crescita più lenta, anche se in presenza di un sistema sociale caratterizzato da una maggiore densità della popolazione rispetto all’Italia. La figura 7 mostra l’andamento dell’epidemia in Corea e in Italia.
Figura 8
Qual è la differenza fra il modello Coreano e il modello Cinese/Italiano? L’approccio tecnologico alla gestione dell’epidemia e della malattia. La Corea ha effettuato un numero elevatissimo di tamponi, anche agli asintomatici, i contatti di ogni positivo sono stati tracciati con strumenti tecnologici evoluti come contatti social, sms, transazioni di carte di credito, dati di geo-localizzazione. In questo modo si è contenuta la diffusione entro un alveo ben preciso e si è potuta realizzare una quarantena selettiva che in breve ha bloccato la trasmissione del virus. Infatti, quando si individuano bene le catene di contagio e si bloccano con l’isolamento, l’epidemia ha “meno spazio” per diffondersi. Quest’approccio permette anche una migliore gestione del paziente che viene individuato come affetto da Covid-19 due/tre giorni prima del caso italiano e, quindi, può essere curato tempestivamente.
Uno dei motivi che può spiegare la più elevata mortalità da Covid19 in Italia rispetto alla Corea del Sud (circa 9 volte, fig. 9) è sicuramente la struttura demografica della popolazione. Questo fattore però non è sufficiente a spiegare tutto anche a parità di efficienza del sistema sanitario. La differenza può dipendere dal fatto che in un numero consistente di casi italiani la diagnosi di Covid-19 è avvenuta in presenza di una situazione già critica e qualche volta la diagnosi è avvenuta post mortem. Probabilmente il malato è stato individuato quando già la situazione era compromessa, anche a seguito di patologie preesistenti. La Corea è riuscita con un approccio tecnologico alla gestione dell’epidemia a minimizzare i danni prodotti e a contenere in breve tempo il contagio, mentre l’Italia, che su questo versante è ancora molto indietro, ha dovuto seguire l’esempio cinese con drastiche limitazioni alla libertà di movimento con costi economici enormi e, ancora in gran parte da quantificare, e soprattutto con risultati ancora da verificare, perché determinate misure, come la limitazione delle libertà, funzionano bene in paesi che già sono abituati ad un deficit di garanzie in termini di diritti, ma funzionano meno bene in una democrazia avanzata. Va anche aggiunto che la Cina ha dispiegato enormi risorse tecnologiche per la gestione dell’epidemia nella fase di cura, piuttosto che in quella di contenimento, con gli sforzi fatti attraverso strumenti di intelligenza artificiale per il sequenziamento del virus e per l’individuazione di nuove forme di cura a partire da farmaci esistenti.
La risposta data dall’Italia all’emergenza Covid-19 è stata, quindi, una risposta conservativa e poco innovativa, anche se, considerata la situazione del Sistema Sanitario Italiano, era l’unica possibile. Tuttavia, non si può nascondere che se la risposta non appropriata anche i risultati saranno sub-ottimali. E, di fatto, in Italia abbiamo dei tempi di contenimento più lunghi dell’epidemia e un maggior tasso di mortalità.
Il CoronaVirus in Calabria. Quanto alla situazione in Calabria i dati sono ancora pochi. Ad oggi abbiamo dal Comunicato della Regione Calabria 35 positivi (37 con gli ultimi due comunicati dal GOM di Reggio Calabria dopo le 18), così distribuiti territorialmente:
- Catanzaro: 5 in reparto
- Cosenza: 7 in reparto; 2 in rianimazione; 1 in isolamento domiciliare
- Reggio Calabria: 4 in reparto; 6 in isolamento domiciliare; 1 guarito
- Vibo Valentia: 4 in isolamento domiciliare
- Crotone: 5 in isolamento domiciliare
I soggetti in quarantena volontaria sono 2382, così distribuiti:
- Cosenza: 430
- Crotone: 140
- Catanzaro: 396
- Vibo Valentia: 363
- Reggio Calabria: 1053
I tamponi fatti sono 360.
Il dato incoraggiante è il gran numero di soggetti in quarantena, soprattutto a Reggio Calabria, che può essere considerato un indicatore delle approfondite azioni che si stanno adottando per spezzare le catene di trasmissione e il livello di aggressività del virus. In Calabria, il CoronaVirus appare meno aggressivo con un numero inferiore di ricoveri rispetto alle altre regioni e una percentuale di pazienti in intensiva che è del 5,7% a fronte di un dato nazionale superiore al 10%. Va detto, comunque – per evitare facili ottimismi – che il numero esiguo di casi non rende quest’ultimo dato molto attendibile in questa fase.
Se un insegnamento utile la Calabria e il paese possono prendere in prestito dall’esperienza coreana è quello di usare una strategia più aggressiva nell’individuazione dei positivi. L’appello da fare all’On. Santelli è quello di estendere in Calabria l’analisi dei tamponi anche agli asintomatici per ottenere una mappatura migliore della propagazione del contagio e per poter intervenire terapeuticamente in maniera più rapida ed incisiva. Questa misura – congiunta con la già attuata creazione della zona rossa – può rapidamente portare la Calabria fuori dall’incubo coronavirus.