I fondi europei e la Calabria. Un primo bilancio sulla spesa

di Ivan Frijia e Saverio Spadafora

I principali risultati di spesa  Il 31 dicembre scorso si è formalmente concluso il ciclo dei finanziamenti europei per il settennio 2007-2013. Complessivamente, le risorse assegnate all’Italia ammontavano a 46,4 miliardi di euro. La spesa certificata dall’UE al 31 dicembre si attestava a 37,1 miliardi di euro (l’80% del totale). Le regioni hanno, comunque, tempo fino a marzo 2017 per rendicontare le spese sostenute.  La maggior parte delle risorse finanziarie era allocata sul Fondo europeo per lo sviluppo regionale (Fers), che sostiene programmi in tema di sviluppo, competitività e ricerca, e sul Fondo sociale europeo (Fse) per l’occupazione e lo sviluppo economico-sociale. Nel periodo 2007-2013, la Calabria ha avuto risorse per poco più di 2,5 miliardi di euro. Quali sono stati gli ambiti d’intervento? Prendendo in considerazione il fondo principale, ovvero il Fesr, i dati (al 31 dicembre 2015) mostrano come la Calabria abbia indirizzato la maggior parte in tre settori principali: ambiente, trasporti, città e aree rurali. 

Come mostra la Figura 1, questi tre settori hanno assorbito circa il 60% della spesa totale. Vediamo quali sono stati i principali progetti finanziati in Calabria. Sempre secondo i dati forniti da Opencoesione, nel campo dei trasporti si è intervenuto realizzando o ammodernando la viabilità, a partire dalla E90 (Autostrada Salerno-Reggio Calabria) e un ampio tratto della SS106 ionica, attingendo ai finanziamenti europei e in minor quantità, a quelli nazionali-regionali. Per questi interventi infrastrutturali sono stati spesi 262 milioni di euro impiegando interamente (100%) le risorse disponibili. Per quanto riguarda l’ambiente, si è intervenuto per la sistemazione e messa in sicurezza di alcune aree a rischio idrogeologico, con percentuali di utilizzo dei fondi, per determinati progetti, addirittura del 100%, ma per altri, inferiore al 20%. Percentuali ancora minori riguardano, invece, i progetti avviati per le città ed aree rurali.

L’opinione diffusa, secondo la quale le risorse messe a disposizione dell’Europa siano insufficienti per lo sviluppo regionale, in parte stride con le cifre sul loro effettivo impiego. Le risorse per alcuni importanti interventi ci sono ma, spesso, non vengono utilizzate in maniera efficiente. In Calabria, nello scorso ciclo di programmazione, alcuni settori non hanno trovato alcun sostegno economico-finanziario: è il caso dei servizi destinati agli anziani ed ai bambini. Vi sono, poi, molti progetti mai portati a termine che ammontano, stando ai dati riportati su Opencoesione, a circa mille. Gli ambiti maggiormente interessati sono: Istruzione, Cultura, Turismo, Ricerca ed Innovazione.

I dati sulla spesa certificata dall’UE, mostrano un utilizzo dei fondi strutturali (sul totale delle risorse) pari, per la nostra regione, al 74% sui 2,5 miliardi di dotazione complessiva dei programmi operativi. Un risultato positivo o negativo? Per stabilirlo, si possono confrontare i risultati ottenuti dalle regioni ad obiettivo convergenza. La Tabella 1 riporta i dati sulla dotazione totale di risorse per i programmi regionali, la quota di fondi comunitari attribuita a ciascun programma, la spesa certificata e la differenza tra dotazione e spesa.

Si osserva come la spesa certificata sia stata, nel nostro Paese, pari all’80% della dotazione complessiva. Devono ancora essere rendicontate spese per 9,3 miliardi di euro (come detto prima, c’è tempo fino al 31 marzo 2017), ma il rischio che si perdano risorse effettivamente esiste. Per la Calabria, la spesa certificata è, come detto, pari al 74% del totale, cioè 1,9 miliardi. Spicca il risultato della Puglia con il 93%, ben 5 miliardi. Inferiori, invece, i risultati conseguiti da Sicilia e Campania con, rispettivamente, il 66 e il 69% della spesa certificata.

La situazione economica  Al di là delle percentuali sul loro utilizzo, è molto importante valutare l’efficacia dei fondi europei, cioè l’impatto sull’occupazione e sullo sviluppo regionale. L’analisi d’impatto è molto complessa, poiché sono molte le variabili da considerare. Per avere un’idea dei risultati è possibile, però, riferirsi agli specifici indicatori per la valutazione delle politiche di sviluppo, alcuni dei quali sono riportati nella Tabella 2.

Si osserva un trend negativo per il grado di competitività delle imprese che, pur essendo tra i principali obiettivi delle politiche di coesione, risulta in calo di 17 punti percentuali. La capacità di esportare è rimasta, sostanzialmente, invariata: il peso dell’export della Calabria è marginale, rappresentando poco meno dell’1% del totale nazionale. Anche il tasso di natalità delle imprese, invece che aumentare, è diminuito. Per effetto della crisi che ha colpito il Paese e, in particolare, il Mezzogiorno, le condizioni del mercato del lavoro si sono fortemente deteriorate. Il tasso di occupazione è calato (-12,3%), mentre il tenore di vita delle famiglie è peggiorato. La quota di famiglie in condizione di povertà è aumentata considerevolmente, sfiorando il 27%, mentre il Pil per abitante ha subito una significativa contrazione.

Alcune considerazioni  I fondi europei, pur consistenti, non sono sufficienti a sostenere la crescita e la convergenza tra le regioni. Le ragioni sono diverse. La prima è che le risorse europee, secondo il principio di addizionalità, dovrebbero sommarsi, non sostituirsi, a quelle ordinarie o nazionali. In realtà, nel nostro Paese accade il contrario: la spesa ordinaria diminuisce e i fondi europei diventano le principali, se non le sole, risorse per lo sviluppo regionale. La seconda ragione è che la spesa non viene sempre concentrata in progetti in grado di aumentare la competitività regionale ma, piuttosto, dispersa in tanti piccoli progetti che, anche nell’ipotesi in cui siano utili su scala locale, non sono in grado di influenzare la crescita economica. La terza ragione è che l’andamento delle economie regionali dipende largamente dalla congiuntura economica nazionale: dal 2007 l’Italia ha attraversato una profonda recessione che ha colpito in misura molto severa le regioni più deboli come la Calabria. Naturalmente esistono altri motivi: l’efficacia dei fondi strutturali dipende dall’efficacia complessiva delle politiche ordinarie, ed è legata all’efficienza delle amministrazioni regionali. In questo, la Calabria ha ampi margini di miglioramento.

La Calabria deve cogliere le nuove opportunità. Ad esempio, attraverso la Legge di Stabilità 2016, il Governo ha attivato in sede europea la clausola investimenti, mettendo a disposizione nel 2016 uno spazio di bilancio di 5 miliardi di euro. Tale operazione consentirebbe di cofinanziare i Fondi strutturali con l’effetto di porre sulla bilancia un totale di investimenti pari a 11 miliardi di euro, dei quali circa 7 destinati al Sud e, quindi, alle regioni ad obiettivo convergenza. L’esperienza appresa nello scorso ciclo di programmazione sarà, inoltre, fondamentale per attuare il nuovo Accordo di Partenariato. Tale accordo presuppone il raggiungimento di diversi obiettivi, tra i quali: il rafforzamento del sistema innovativo nazionale e regionale, l’aumento dell’occupazione nelle regioni maggiormente colpite dalla crisi, l’incremento della competitività delle imprese. L’Italia potrà beneficiare di oltre 32 miliardi di euro di finanziamenti totali nell’ambito della politica di coesione nel periodo 2014-2020. Bisognerà partire dall’esperienza, da una franca valutazione dei punti di debolezza, ponendosi l’obiettivo di snellire un sistema complessivamente in affanno, dotato di mezzi e strumenti, ma con una qualità di “governance” ancora scarsa, lentezza cronica e con molte difficoltà strutturali che, se non superate, continueranno a gravare anche in futuro.

Ivan Frijia e Saverio Spadafora –  Studenti Corso di laurea in Economia Aziendale – Università Magna Graecia di Catanzaro

 

 

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