Il futuro di Gioia Tauro: integrazione delle attività portuali e nelle filiere territoriali logistiche

La genesi del porto di Gioia Tauro Prima di affrontare le questioni legate al futuro del Porto di Gioia Tauro si ritiene opportuno ricordare la genesi di siffatta infrastruttura logistica che è il frutto di quella che appare come una costante del comportamento degli attori dell’economia nazionale che, parafrasando un linguaggio musicale, è sempre fuori tempo rispetto all’evoluzione dei comportamenti dei sistemi economici degli altri paesi sviluppati. Infatti nella piana di Gioia Tauro negli anni settanta, quando ormai il ciclo dei grandi settori energivori dell’acciaio, della chimica di base, dell’alluminio cambiava verso “tornando a bocca di miniera” si pensava di costruire un ulteriore centro siderurgico. Ciò non avvenne e dell’intera iniziativa restò solo l’infrastruttura portuale che solo negli anni novanta trovò un utile impiego, sfruttando la sua casuale centralità nel Mediterraneo divenne ben presto il più importante porto di transhipment del Mediterraneo. La casualità della sua nascita come infrastruttura logistica di trasporto – certamente avulsa da qualsivoglia disegno di sviluppo del sistema logistico nazionale- e il mancato decollo delle attività del retroporto non hanno certo giovato ad accrescere ed irrobustire il ruolo e la posizione del porto di Gioia Tauro nel complesso e conflittuale scenario dei flussi commerciali che si svolgono nel bacino del Mediterraneo, un bacino nel quale transita quasi un terzo dei traffici mondiali. Gioia Tauro pertanto non ha potuto che conservare, diversamente dalle altre più importanti realtà portuali europee, la sua natura di porto di solo transhipment.

Nuove funzioni modali per il porto Negli scenari geoeconomici che si vanno delineando a livello globale e, in particolar modo, nelle nuove definizioni dei flussi di traffico nel bacino del Mediterraneo, Gioia Tauro per difendere la sua centralità geografica e il suo ruolo logistico dovrebbe procedere risolutamente ad un cambio di passo dando spazio a quelle attività portuali connesse allo Short Sea Shipping (SSS) quali RO/RO RO/PAX e MULTIPURPOSE. L’impego di queste funzioni modali rende possibile, infatti, intercettare e gestire i flussi di traffico attivabili lungo i corridoi longitudinali e trasversali del bacino mediterraneo. L’attivazione di operazioni di SSS favorirebbe il necessario riequilibrio nelle operazioni del porto, infatti, le attività di transhipment nei principali porti europei, compresi quelli del Northern Range rappresentano circa un terzo del totale delle movimentazioni portuali.  Il passaggio alle operazioni più complesse e a più alto contenuto di valore logistico è una necessità. Anche perché è difficile competere nelle operazioni di transhipment con i porti della sponda sud del mediterraneo nei quali il costo del lavoro è appena un decimo del nostro e le politiche fiscali e tariffarie decisamente più vantaggiose. La competizione dovrebbe, dunque, spostarsi su segmenti di mercato con più elevato contenuto tecnologico e di innovazione, maggiormente prossimi al mercato finale di destinazione. E’ questa una strategia vitale e senz’altro praticabile anche nel nostro paese nel quale non mancano certo le intelligenze, fattore competitivo decisivo nel governo dei cambiamenti in atto nel nuovo contesto dell’economia globale. Certo non possiamo nasconderci le difficoltà di mettere a sistema questo patrimonio, cosa assai più facile negli altri paesi europei che anche per questo hanno ripreso a crescere e a svilupparsi.

Le continue evoluzioni nel Mediterraneo Nel Mediterraneo gli scenari economici cambiano rapidamente e con altrettanta rapidità si adeguano i flussi mercantili. Va prendendo corpo sempre più la strategia commerciale della Cina che sta concentrando le sue attività sul Pireo e, per la penetrazione nei mercati del Centro-Nord Europa si sta avvalendo dei porti dell’Alto Adriatico. Le scelte operative dei maggiori players logistici marittimi stanno privilegiando in porti degli archi nord tirrenico e adriatico, mentre si rafforzano le posizioni di Tangeri. In questi scenari il ruolo di Gioia Tauro rischia di indebolirsi se non addirittura subire una crescente marginalizzazione. Una possibile strategia di contrasto e di rilancio del porto è identificabile nella definizione di nuovi flussi di traffico dei corridoi logistici trasversali al bacino Mediterraneo.

Si tratta di veri e propri corridoi logistici alternativi al tutto strada nei quali predomina la parte marittima. Dalla figura 1 si evince con chiarezza come dall’attivazione di essi possa passare il rilancio del porto di Gioia Tauro nella sua duplice veste di collettore dei traffici internazionali e di promotore dello sviluppo dell’economia della Calabria. Attraverso questi corridori si potrebbero superare le difficoltà dovute, da un lato al congestionamento dei traffici nei corridoi della core net-work europea e dall’altro, all’assai modesto sviluppo di quello che sarebbe dovuto essere il primo corridoio della rete TEN-T dell’Ue, il corridoio noto come Berlino Palermo.

L’integrazione delle attività portuali Nel porto di Gioia Tauro si potrebbe così realizzare un’integrazione tra le attività del deep e quelle dello short sea shipping in sinergia con le operazioni nelle aree retroportuali. In queste ultime potrebbero, infatti, svolgersi attività manifatturiere e di quasi manifacturing ad elevato valore aggiunto in regime di agevolazione fiscale e doganale, ma non necessariamente. Il pensiero va alle iniziative in atto per l’istituzione di ZES a Gioia Tauro, a Taranto e a Napoli. Un percorso complesso che prevede un confronto negoziale con la Commissione Ue dai tempi certamente non brevi. La presenza di una ZES costituisce un forte attrattore di investimenti esteri, occasione notevole per lo sviluppo di una regione in sofferenza come la Calabria, ma anche del resto del Sud. Cosa sarebbe successo a Gioia Tauro se si fosse istituita una ZES o meglio cosa e quanto si sta perdendo non facendola, ce lo dimostrano i risultati ottenuti a TangerMed – porto del Marocco di puro transhipment in profonda trasformazione nel quale l’integrazione deep-short sea shipping ha favorito l’insediamento di una vasta area industriale adiacente al porto nella quale opera in condizione di ZES circa un centinaio di imprese industriali che danno lavoro ad oltre 55 mila persone.

L’assenza di incentivi fiscali e doganali non dovrebbe ad ogni modo compromettere lo sviluppo di attività produttive nel retroporto di Gioia Tauro, solo se i vantaggi competitivi legati alla centralità del porto nelle rotte del Mediterraneo e alla presenza di infrastrutture portuali di rilievo, venissero esaltati dalla fruibilità di servizi amministrativi efficienti e di una struttura burocratica motivata e altamente formata, frutto questi ultimi di un agire e di una visione condivisi tra gli attori politici locali e centrali. L’azione corale degli attori potrebbe favorire, dunque, l’attrazione di quelle imprese, e non sono poche, che stanno ritrasferendo in Italia e, più in generale, in Europa le attività di produzione dopo una fase di delocalizzazione, il cd reshoring. Nella maggior parte dei casi si tratta di imprese che svolgono attività ad alto contenuto tecnologico e di innovazione che non temono la concorrenza dei paesi in via di sviluppo e che hanno necessità appunto di servizi logistici di alta qualità certamente erogabili in un ambiente portuale evoluto e gestito in modo consapevole.

Dall’integrazione deep-short sea Gioia Tauro può accreditarsi come veicolo per la promozione e lo sviluppo dell’economia della Calabria favorendo l’attivazione di Filiere Territoriali Logistiche (FTL) dedicate alle produzioni di eccellenza dell’agroalimentare calabrese. Le FTL per la loro caratteristica di rete di imprese possono favorire lo sviluppo delle varie aree interne e costiere della regione come sintesi della Calabria “interna” e quella “esterna” seguendo un percorso che coinvolge sistematicamente le altre realtà portuali, quella di Corigliano in primo luogo.

Sintesi Gioia Tauro per la sua posizione baricentrica nel Mediterraneo e la rilevanza delle infrastrutture portuali supera la dimensione territoriale locale per affermarsi come questione nazionale. Al porto affluiscono i traffici che provengono dal Far East passando per il canale di Suez per essere smistati nei vari porti nazionali, del Mediterraneo e verso l’America. Esso costituisce, inoltre, un punto di riferimento nella strategia dei rapporti commerciali dell’Italia con i paesi della sponda sud del bacino del Mediterraneo. Con riferimento a questi ultimi e, più in generale, al continente africano è prevista una vera esplosione demografica che è attesa a partire dalle coste meridionali del Mediterraneo sino ai paesi più interni del continente africano; in quest’ultimo la popolazione dovrebbe crescere, secondo le previsioni dell’ONU, dall’attuale miliardo e 186 milioni a tre miliardi e 114 milioni nel 2065, e dovrebbe essere investito da un intenso processo di sviluppo, effetto di quella tendenza alla globalizzazione che muovendo da ovest verso est, sta ora interessando il Far East, ma sta già dando segnali importanti in alcuni paesi africani. Si tratta di un mercato di dimensioni rimarchevoli collocato proprio di fronte alle nostre coste, di cui dovranno essere intercettate tutte le opportunità di crescita sia ripensando alle attività portuali che si svolgono a Gioia Tauro sia definendo nuovi flussi di traffico dei corridoi logistici trasversali al bacino Mediterraneo.

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