I problemi e le conseguenze dell’autonomia differenziata

Una recensione al volume di Daniele e Petraglia

Nel loro volume “L’Italia differenziata. Autonomia regionale e divari territoriali” (Rubbettino, 2024), Vittorio Daniele e Carmelo Petraglia offrono un contributo rilevante per comprendere le cause e gli effetti della legge sull’autonomia differenziata, approvata il 19 giugno 2024. Un pregio del libro è quello di farsi leggere come un romanzo, pur trattando argomenti di difficile comprensione. E’, quindi, un libro adatto a soddisfare il bisogno di conoscenza di un pubblico che non ha competenze specialistiche. Questo risultato è dovuto a un approccio che privilegia l’intuizione all’analisi formale e la ricerca delle risposte alle domande che pone l’autonomia differenziata attraverso l’investigazione, piuttosto che la dimostrazione di tesi preconcette.  L’altro fattore che rende il volume di agevole lettura è la ricostruzione dettagliata del contesto, economico, sociale e politico e degli eventi che hanno portato all’approvazione della legge, che dicono molto sulla storia recente e non solo del nostro paese.

Pur analizzando molteplici aspetti dell’autonomia differenziata, gli autori focalizzano l’attenzione sull’impatto dell’autonomia differenziata sui divari territoriali tra Nord e Sud d’Italia e sulle diseguaglianze tra gli individui. Esaminando i diversi casi di federalismo fiscale in Europa, gli autori concludono che una maggiore autonomia regionale non necessariamente porta ad un aumento delle diseguaglianze tra regioni se esistono due condizioni: 1) il decentramento non deve pregiudicare la funzione redistributiva del governo centrale; 2) la qualità dei governi regionali ai quali vengono delegati poteri e risorse è elevata. Viceversa, “nei paesi meno sviluppati e/o con istituzioni meno efficienti (ma anche con meno risorse da redistribuire), il decentramento fiscale tenderebbe a far crescere i divari regionali”.

La questione dell’impatto dell’autonomia differenziata in Italia, secondo Vittorio Daniele e Carmelo Petraglia, è quindi quella di capire quali fattori sono prevalenti nel nostro paese.

Rispetto al primo punto, gli autori dimostrano come il solo trasferimento delle materie alle regioni comporterà un aumento consistente della spesa pubblica (oltre che un caos amministrativo), per il solo fatto che decuplicheranno gli apparati burocratico-amministrativi, senza ridurre considerevolmente l’apparato burocratico dello Stato nelle stesse materie, dovendo essere garantiti i servizi alle regioni che non chiedono l’autonomia. Quest’ultima, comunque, riduce le entrate dello Stato a vantaggio delle regioni. Ne consegue che, mentre l’autonomia differenziata comporta – in linea di principio – un maggiore impegno redistributivo del governo centrale, quest’ultimo è sottoposto a maggiori vincoli di bilancio, che rendono illusoria la realizzazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) su tutto il territorio nazionale. Inoltre, la minore qualità dei governi regionali e locali nel Mezzogiorno rende evanescente anche la seconda condizione per avere minori diseguaglianze regionali. Secondo Daniele e Petraglia l’effetto principale dell’autonomia differenziata sarà quello di aumentare i divari regionali tra in Nord e il Sud del Paese, in cui anche la quantità e qualità dei servizi offerti ai cittadini dipenderanno sempre più dalle condizioni economiche regionali e locali.

Al riguardo, gli autori dimostrano come l’esempio delle regioni a statuto speciale (non si è ridotto il divario tra regioni a statuto speciale del Nord e del Sud) e quello della sanità nelle regioni a statuto ordinario (nelle regioni del Sud non vengono garantiti nemmeno i LEA) siano la riprova che garantire ampia autonomia fiscale o amministrativa alle regioni italiane non abbia ridotto il divario tra regioni del Nord e del Sud, per cui, concludono,  “non ci sono motivi per pensare che l’autonomia differenziata produca esiti diversi”.

Se questo volume ha il merito di fare chiarezza sull’impatto dell’autonomia differenziata sul divario Nord-Sud, da parte di due tra i massimi esperti di divari regionali, suscita altri interrogativi su questioni non secondarie per il futuro dell’Italia. Quali sono le conseguenze dell’autonomia differenziata sulla sostenibilità del debito pubblico dell’Italia? In quali settori migliorerà o peggiorerà la competitività internazionale del nostro paese a seguito dell’autonomia differenziata?  Quali saranno le conseguenze sul futuro demografico dell’Italia? Senza contare che, come magistralmente emerge dal volume, la legge sull’autonomia differenziata inchioda il centrosinistra al dovere predisporre una proposta alternativa di assetto istituzionale dell’Italia alternativo a quello perseguito dall’attuale governo. Se non altro per riparare agli errori del passato. Ma questa è un’altra storia.


 

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