I ritardi della strategia nazionale per le aree interne

Si definiscono interne le aree che sono significativamente distanti dai centri che offrono servizi essenziali in materia di istruzione, sanità e mobilità.  Più in particolare, un’area interna non è in grado di soddisfare l’offerta simultanea di: i) istruzione scolastica secondaria; ii) ospedali con Dipartimento emergenza-urgenza (DEA I livello) e iii) stazioni ferroviarie classificate almeno come “Silver” dalle Rete Ferroviaria Italiana.

Secondo la classificazione dei comuni realizzata dall’Agenzia per la Coesione Territoriale, una parte prevalente del territorio italiano (circa il 60%) fa parte di Comuni lontani dai servizi essenziali, contraddistinguendosi, pertanto, come ‘area interna’. Nel corso del tempo queste aree hanno scontato la distanza dai centri urbani con una forte contrazione demografica e occupazionale e una conseguente riduzione dell’offerta di servizi pubblici e locali rischiando, soprattutto nelle aree rurali, la desertificazione demografica. Invertire le attuali tendenze demografiche è, pertanto, un obiettivo delle politiche di sviluppo locale, le quali puntano alla rivitalizzazione del capitale territoriale (risorse naturalistiche, culturali, artistiche, sistemi agro-silvo-pastorali) inutilizzato e ad alto potenziale di sviluppo economico delle aree interne.

A tal fine è stata implementata la Strategia Nazionale delle Aree interne (SNAI) nell’ambito della politica regionale di coesione per il ciclo 2014-2020 con l’obiettivo di aumentare il benessere della popolazione residente e potenziale. La mappatura delle aree è stata effettuata secondo livelli di perifericità, ossia in base al tempo di percorrenza che intercorre tra il comune e il centro di offerta di servizi più vicino. Le aree sono state classificate in: “di cintura” (percorrenza inferiore a 20 minuti), “intermedie” (tra 20 e 40’), “periferiche” (tra 40 e 75’) e “ultra-periferiche” (oltre 75’). La somma delle ultime tre tipologie, rappresenta le cosiddette “aree interne” nella quale rientrano 4261 comuni (53% del totale) in cui risiede il 23% della popolazione italiana.

In base all’Accordo di Partenariato 2014-2020, le Regioni e la Provincia Autonoma di Trento hanno selezionato un minimo di due fino a un massimo di cinque aree, per un totale di 68 aree a cui ne sono state aggiunte altre quattro nel corso del 2017, per un totale di 72 aree comprendenti 1077 Comuni.

Le risorse finanziarie. Il finanziamento della Strategia Nazionale per le Aree Interne avviene sia tramite risorse proprie dello Stato, sia con le risorse della politica di coesione (FESR, FEARS, FSE). La dotazione finanziaria complessiva della Strategia Nazionale ammonta a 281,18 milioni di euro[1] a cui si devono sommare le risorse allocate dalle regioni per le Strategie regionali delle aree interne, nell’ambito dei Programmi Operativi Regionali (POR) e dei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR).

La strategia regionale per le aree interne. Seguendo la classificazione ministeriale, i comuni calabresi classificabili come “Area interna” sono 327 e rappresentano l’80% circa del totale regionale. I comuni classificati come “intermedi” sono 152 (37%), i “periferici” sono 142 (35%) e gli “ultraperiferici” 33 (8%). Il restante 20% dei comuni è classificato nella macro-categoria “Centri” [2].

Elaborazione Opencalabria su dati Agenzia Coesione (link)

Con Delibera della Giunta Regionale della Calabria (n. 490/2015) è stata approvata, inoltre, la Strategia Regionale per le Aree Interne (SRAI). I comuni calabresi che ricadono in ambiti territoriali di sperimentazione sono 58 e sono cosi’ suddivisi: “Grecanica” (11 comuni), “Ionico Serre” (14), “Reventino Savuto” (14), “Sila e Presila” (19). Queste 4 aree interessano una popolazione complessiva di 104 mila residenti e una superficie di 2300 km2 circa. L’area del “Reventino Savuto” è stata scelta quale prima area progetto sulla quale sperimentare la SNAI.

Per quanto riguarda il sostegno alla politica, la Regione Calabria prevede un impegno integrato a valere sui tre fondi comunitari (FESR, FSE e FEASR) per un importo di almeno 200 milioni di euro. Ulteriori risorse potranno essere individuate nell’ambito degli stanziamenti afferenti al FSC e al PAC (per la parte riguardante la mobilità sostenibile).[3]

Discussione. La politica in esame e’ nata per offrire risposte immediate ai territori che soffrono di un congruo numero di marginalità. L’esame dello stato di attuazione della strategia evidenzia i forti ritardi che si osservano in Italia e, soprattutto, in Calabria. Basti pensare che il progetto pilota dell’area del Reventino ha superato la fase della firma da parte dei sindaci dei comuni coinvolti alla fine del mese di Giugno 2018. Tre anni dopo la delibera regionale di approvazione della SRAI. E siamo ancora all’inizio dell’attuazione della strategia nell’area pilota, perché la stessa deve essere approvata dal Comitato Tecnico Nazionale SNAI, prima della predisposizione dell’APQ, dell’individuazione delle linee di indirizzo e di tutte le fasi legate ai bandi. Esistono ragionevoli dubbi sul fatto che il timing della politica per le altre aree possa essere diverso da quello osservato finora per il Reventino. A meno che non si utilizzera’ la SRAI per accelerare la spesa delle risorse comunitarie in prossimità della fine del ciclo 2014-2020. In estrema sintesi, si può’ dire che la SNAI prima e a valle le SRAI, siano l’ennesimo esempio del basso successo della governance a più livelli delle politiche di sviluppo locale. Questo approccio, evidentemente, sconta difficoltà legate all’incapacità di usare in modo efficiente il tempo nelle fasi della predisposizione della politica, della concertazione, del dialogo istituzionale, del coordinamento tra centro e periferia, della condivisione delle idee di sviluppo dei territori. Peraltro, e’ ragionevole affermare che le aree interne non debbano essere considerate come laboratori per verificare l’efficacia di un modello di gestione delle politiche che più volte ha già mostrato le sue criticità. E’ più sensato pensare che il primo obiettivo della SNAI debba essere, invece, aggredire e risolvere la marginalità in tempi rapidi e con azioni efficaci sui territori. Per conseguire questo risultato si potrebbe sperimentare – certamente nelle aree dei progetti pilota e poi eventualmente estenderlo altrove – un modello di fast track, che e’ metodo  alternativo alla farraginosa governance multilivello.


[1] Così ripartita: 16 milioni di euro per l’anno 2015, 60 milioni di euro per l’anno 2016, 94 milioni di euro per l’anno 2017, 20 milioni di euro per l’anno 2018, 30 milioni di euro per l’anno 2019, 30 milioni di euro per l’anno 2020 e 31,18 milioni di euro per l’anno 2021

[2] Nella tabella non si tiene conto dell’istituzione ne’ del comune di Casali del Manco, nato dalla fusione dei comuni di Casole Bruzio, Pedace, Serra Pedace, Spezzano Piccolo e Trenta, ne’ del comune di Corigliano-Rossano nato dalla fusione tra Corigliano Calabro e Rossano.

 [3] Deliberazione n. 490 della seduta del 27 novembre 2015. Oggetto: Politica di Coesione 2014/2020. Approvazione Strategia Regionale per le Aree Interne (SRAI) e individuazione area progetto per la Strategia Nazionale per le Aree Interne del Paese (SNAI).

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