Il lento recupero dell’economia calabrese

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Il rapporto annuale della Banca d’Italia sull’economia della Calabria conferma la tendenza ad una lieve ripresa dell’attività economica, iniziata nel 2015. Complessivamente, nel periodo post crisi (2014-2018) si registra un tasso di crescita del 1,8 per cento, a fronte di un dato medio nazionale del 4,6 per cento. L’economia calabrese, assai duramente colpita dalla crisi, con una perdita di valore aggiunto del 12,9 per cento tra il 2007 e il 2014 (oltre 5 punti percentuali in più rispetto la media nazionale) stenta pertanto a recuperare il terreno perduto.

Nel 2018, il PIL della regione è cresciuto in maniera minore rispetto all’anno. precedente. Tale rallentamento è dovuto alla modesta crescita della spesa per consumi (0,4 per cento rispetto al 2017) ma soprattutto al ristagno della spesa per investimenti, che riflette il clima di incertezza riguardo le. prospettive di crescita della domanda di beni e servizi.

La produzione nel settore agricolo è rimasta sostanzialmente invariata. rispetto all’anno precedente, in linea con quanto accaduto nel resto del paese. Tale settore, che rappresenta circa il 6 per cento del valore aggiunto regionale (il doppio della media nazionale), è caratterizzato da una bassa. produttività e da una ridotta spesa per investimenti. Per ciò che concerne l’industria regionale, si registra un aumento dei volumi di produzione, seppur inferiore rispetto al 2017; al contempo si è però fermato il processo di accumulazione di capitale fisso. L’export delle aziende calabresi ha proseguito la sua fase di espansione registrando un aumento del 15,9 per cento a prezzi correnti. Il settore delle costruzioni rimane principalmente frenato dai bassi livelli di investimento delle amministrazioni pubbliche.

Per quanto riguarda l’attività nei servizi la crescita viene trainata dal comparto turistico, che beneficia del costante aumento delle presenze straniere sul. territorio (+2,7 per cento nel 2018) Il numero di passeggeri negli aeroporti calabresi è aumentato del 9,3 per cento, sopratutto grazie al maggior afflusso di turisti stranieri.

In merito al trasporto marittimo, i traffici di container sono ulteriormente calati (-4,9 per cento). La situazione del porto di Gioia Tauro potrebbe tuttavia migliorare in futuro a seguito della recente cessione del terminal container al gruppo MSC.

Vale però la pena sottolineare la presenza sul territorio di imprese che sono significativamente cresciute nel periodo post crisi. Dai dati di bilancio su un campione di società di capitali, emerge un insieme di aziende che ha almeno raddoppiato il fatturato tra il 2007 e il 2016. Tali imprese, che si caratterizzano per un livello medio di investimenti per addetto superiore alla media regionale e per un utilizzo maggiormente intensivo di nuove tecnologie, sono riuscite ad aumentare la propria redditività (di valori quattro volte superiori rispetto alla media del campione considerato) ed a ridurre il proprio indebitamento, mediante la cospicua riduzione dei debiti finanziari e al rafforzamento patrimoniale.

Il livello occupazionale è cresciuto, pur subendo un lieve peggioramento nell’ultima parte dell’anno. L’aumento degli addetti si è concentrato principalmente nei mesi primaverili ed estivi, a fronte della crescente domanda di lavoro proveniente dal settore turistico. Il tasso di occupazione si assesta al 42,2 per cento, circa 17 punti percentuali in meno rispetto al livello nazionale. Preoccupante appare il dato per cui l’occupazione sia aumentata solo per individui in possesso di titoli di studio pari o inferiori al diploma, evidenziando la bassa capacità di assorbimento di giovani laureati.

La crescita occupazionale ha comportato un aumento nel potere d’acquisto delle famiglie. Tuttavia, la Calabria continua a caratterizzarsi per elevati livelli di povertà e disuguaglianza, frutto della cronica mancanza di occupazione. Il lieve aumento dei consumi risulta essere fortemente sostenuto dal ricorso al credito da parte delle famiglie.

L’attività del settore pubblico rimane condizionata dalla difficile situazione economico finanziaria della maggior parte degli enti territoriali. Molti comuni hanno dovuto avviare procedure di riequilibrio finanziario. La situazione della sanità permane critica, tale da richiedere l’intervento governativo. Per ciò che concerne la spesa corrente degli enti pubblici, sono stati contenuti gli acquisti di beni e servizi ed il costo del personale, mentre per la spesa in conto capitale, si rilevano aumenti solo per l’ente regionale, mentre cali per provincie e comuni. Dal lato delle entrate, il settore pubblico calabrese continua ad essere dipendente dai trasferimenti delle amministrazioni centrali, anche in ragione della bassa capacità di riscossione dei tributi propri.

Dal rapporto emerge, pertanto, un quadro di moderata ripresa ciclica dell’economia calabrese, che sconta ancora la notevole contrazione subita durante il periodo di crisi (2008-2014). Rispetto al resto del paese, l’economia regionale subisce un pesante divario in termini di produttività del lavoro (31 punti percentuali in meno rispetto alla media nazionale), divario diffuso tra tutti settori, in special modo in agricoltura e in manifattura. Ciò è dovuto alla minore dotazione di capitale fisso per addetto, che rispecchia un tessuto produttivo fatto di tante imprese di piccole dimensioni. La scarsa produttività determina disoccupazione, soprattutto tra i giovani in cerca di prima occupazione; il che richiama un’altra criticità fondamentale legata alla dinamica demografica: la regione Calabria vede ogni anno partire giovani in cerca  di opportunità di lavoro. Il conseguente invecchiamento della popolazione costituisce un ulteriore freno alle prospettive di crescita.

In sintesi, la lettura del rapporto è un invito a riflettere sulle criticità dell’economia della nostra regione che, allo stato attuale, non consentono di formulare previsioni ottimistiche circa la possibilità di ridurre i divari economici con il resto del paese.

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