*al presente articolo è stato assegnato il secondo posto al Premio Open Calabria
Introduzione
L’idea che vi sia una qualche dipendenza tra ciclo economico e ciclo politico, costituisce ormai un fatto consolidato e ampiamente documentato, sia nella letteratura teorica che in quella empirica. Nel corso degli anni, l’attenzione degli studiosi si è spostata gradualmente dallo studio del Political Business Cycle (Kalecki, 1943; Nordhaus, 1975; Hibbs, 1977), ovvero delle manipolazioni pre-elettorali messe in atto tramite il ricorso agli strumenti della politica monetaria, all’analisi del Political Budget Cycle (PBC) (Rogoff, 1990; Drazen e Eslava, 2006; Shi e Svensson, 2006). Con quest’ultima definizione si intende una fluttuazione della politica fiscale attuata dal governo in prossimità delle elezioni al fine di aumentare le probabilità di rielezione. Il PBC può palesarsi così come un aumento della spesa pubblica (totale o solo di alcune sue voci); un incremento del deficit di bilancio o una riduzione del prelievo fiscale in prossimità di una tornata elettorale.
L’obiettivo di questo contributo è indagare se si manifesta un PBC sul versante della spesa pubblica comunale calabrese. Secondo la linea di ricerca conosciuta come opportunistic approach, i politici hanno una funzione obiettivo diversa da quella degli elettori che dipende positivamente dalla probabilità di rielezione. Risulta così estremamente interessante studiare se esiste traccia di comportamenti politici opportunistici in una regione come la Calabria, caratterizzata da una situazione economica di costante e perpetuo declino e dove le misure politiche adottate nel corso degli ultimi decenni, nonostante l’avvicendarsi dei vari schieramenti politici, non sono state capaci di produrre significativi effetti positivi. È inoltre molto probabile che emergano tracce di un comportamento politico opportunistico nei comuni di medio-piccole dimensioni e nelle regioni italiane del meridione. Nei piccoli comuni si hanno infatti dinamiche politiche meno complesse rispetto ad una grande città ed è quindi più facile attuare una strategia opportunistica volta ad incrementare le probabilità di rielezione. Per quanto riguarda l’Italia meridionale, la spiegazione è invece di tipo culturale: nel Sud c’è minore “coscienza civica”, minore partecipazione alle decisioni pubbliche e minore controllo sugli amministratori; l’elettorato risulta così più facilmente influenzabile dai politici (Putnam, 1993; Guiso et al, 2013; Nannicini et al, 2013). Appare perciò evidente come la contestualizzazione del fenomeno del PBC alla regione Calabria fornisca un interessante case study da approfondire, finora non studiato (in Appendice 1 è esposta una rassegna della letteratura sul PBC in Italia).
Aspetti istituzionali.
Il decentramento amministrativo italiano comprende tre livelli di governo: le regioni, le province e i comuni. Le regioni sono coinvolte principalmente nella fornitura di servizi sanitari; le province svolgono funzioni relative alla manutenzione delle strade e alla tutela dell’ambiente, i comuni sono responsabili per servizi quali l’illuminazione pubblica, la manutenzione delle strade urbane, i trasporti locali, lo smaltimento dei rifiuti, l’assistenza sociale, la scuola primaria e altri servizi per l’infanzia.
Gli organi decisionali, a livello comunale, in Italia, sono: il Sindaco; il comitato esecutivo rappresentato dalla Giunta Comunale, che viene nominata e presieduta dal sindaco, e il Consiglio Comunale, dotato del potere legislativo.
Dati
Per verificare l’esistenza di un PBC in concomitanza delle elezioni comunali calabresi, abbiamo considerato i 406 comuni della Calabria per il periodo 1998 – 2006.
L’analisi si concentra sulla spesa comunale. I sindaci, infatti, non hanno un elevato grado di controllo sulle entrate locali e i trasferimenti da parte del governo centrale alle amministrazioni regionali rivestono un ruolo di primaria importanza dal punto di vista finanziario. I comuni, inoltre, hanno un limitato potere impositivo e sono poche le aliquote locali che possono essere da loro manipolate (e con margini di manovra, comunque, piuttosto limitati).
Le variabili chiave dell’analisi sono la spesa totale e la spesa in conto capitale. La spesa in conto capitale rappresenta, infatti, non solo una voce del bilancio molto “visibile”, ma è anche facilmente indirizzabile nei confronti di elettori particolarmente sensibili; inoltre la parte più importante di spesa in conto capitale (gli investimenti) è esclusa dalla regole fissate dal Patto di Stabilità e Crescita. La maggior parte delle spese correnti è, invece, costituita dalle retribuzioni ai dipendenti, che rappresenta una voce di bilancio relativamente fissa (le statistiche di riferimento sono consultabili dal sito del Ministero degli Interni).
Come proxy del ciclo elettorale utilizziamo una variabile dummy che assume valore 1 nell’anno precedente alle elezioni comunali e 0 altrimenti (sulla scelta di questa variabile si veda l’Appendice 2).
In tutte le regressioni abbiamo introdotto per ogni comune degli indicatori delle risorse finanziarie pubbliche e/o private a disposizione, vale a dire l’ammontare di trasferimenti correnti da altri livelli del governo e il reddito pro-capite.
Sono state incluse anche delle variabili socio-demografiche: la popolazione; la densità di popolazione e l’indice di dipendenza strutturale.
Aggiungiamo, inoltre, una dummy, denominata fine mandato, che assume valore 1 se il sindaco in carica è nel suo secondo mandato e quindi non è rieleggibile. Altro aspetto interessante da studiare è la possibilità che vi siano differenze nell’eventuale comportamento opportunistico se il politico in carica è affiliato ad un partito politico nazionale o fa parte invece di una lista civica. Van Houten (2009) argomenta che i partiti politici nazionali, a livello comunale (o almeno in quelli medio-piccoli), non sono motivati dall’obiettivo della rielezione o della vittoria di una singola campagna elettorale, sono piuttosto interessati a costruirsi una solida reputazione di attori politici fiscally responsible. Costruiamo così una variabile dummy, denominata affiliazione, che assume valore 1 se il sindaco in carica è affiliato ad un partito politico nazionale e 0 se, invece, aderisce ad una lista civica.
Risultati
Dal 1998 al 2006 si sono svolte, in media, 0,23 elezioni annue per comune. Da un’analisi delle statistiche descrittive (Tabelle 1; 2 e 3) si può notare che nell’anno precedente alle elezioni si ha un forte aumento della spesa in conto capitale per un importo superiore al 12%. La spesa totale registra, invece, un aumento meno marcato pari al 3,25%. Per trarre delle conclusioni più solide dobbiamo ricorrere però a dei modelli di regressione.
L’appendice 2 presenta la specificazione del modello stimato utilizzando i metodi proposti da Arellano e Bond (1991); Arellano e Bover (1995) e Blundell e Bond (1998) e viene discussa anche la fase di diagnostica e convalida. Nella Tabella 4 sono presentati i risultati.
Concentrando l’attenzione sulle variabili che “catturano” il comportamento politico, si evince che nell’anno precedente alle elezioni (var. anno pre-elettorale) si ha un incremento delle spese in conto capitale di 120,325 euro pro-capite nel modello stimato con difference GMM e di 129,051 euro pro-capite se si utilizza il system GMM. Facendo riferimento alle spese totali, emerge un aumento pari a 149,917 euro pro-capite nel caso di difference GMM e 164,676 euro pro-capite quando si considera il metodo system GMM.
La variabile affiliazione mostra, indipendentemente dal metodo di stima, un segno negativo sia per le spese in conto capitale che in quelle totali; ciò indica che il sindaco facente parte di un partito politico nazionale tende a spendere, in media, di meno rispetto ai candidati eletti in delle coalizioni collegate a liste civiche.
Abbiamo poi sottoposto a verifica se l’ineleggibilità del sindaco, a causa dei due mandati consecutivi, provoca un aumento della spesa pubblica. È, infatti, plausibile supporre che la maggior parte dei politici hanno dei candidati a loro più congeniali e maggiormente graditi come successori (cd. delfini). Risulta così ragionevole ipotizzare che anche un sindaco non più rieleggibile abbia interesse ad aumentare la spesa pubblica per incrementare le probabilità di elezione del suo “prediletto”. In questo caso otteniamo in tutte le regressioni dei valori positivi, ad indicare la presenza di un aumento della spesa pubblica comunale da parte dei sindaci in carica non più candidabili rispetto a quelli ricandidabili. Tali valori non risultano però statisticamente significativi agli usuali livelli di confidenza e non si ha, perciò, sufficiente convalida statistica per avallare questa conclusione.
Conclusioni
Sulla base dell’analisi presentata riteniamo di poter affermare che i sindaci calabresi tendono ad attuare strategie opportunistiche volte ad aumentare le loro probabilità di rielezione tramite incrementi delle spese in conto capitale (e delle spese totali) in prossimità delle elezioni. Queste conclusioni non si discostano dai risultati presenti in letteratura. Il risultato conseguito è coerente con l’agire di un politico razionale che cerca di massimizzare una funzione obiettivo positivamente correlata con il mantenimento del potere. Risulta così ragionevole sostenere che manipolazioni politiche del sistema economico, volte alla conservazione del potere, siano implicite dell’azione politica. È, inoltre, dimostrato che regole fiscali che riducono la discrezionalità delle scelte politiche, si pensi al Patto di Stabilità e Crescita, riescono a smorzare tali comportamenti politici opportunistici, ma non ad eliminarli completamente.
L’auspicio legato ai risultati di questo contributo è che le future misure politiche, a tutti i livelli di governo, siano prioritariamente rivolte all’incremento del benessere dei cittadini e che la conservazione del potere occupi un ruolo marginale e minoritario nell’ordinamento delle preferenze della classe politica. La Calabria registra ormai da tempo una fase di declino strutturale, aggravata negli ultimi anni dalle avverse condizioni cicliche. I versanti sui quali agire sono molteplici: miglioramento della dotazione infrastrutturale; implementazione di politiche per l’innovazione; misure a sostegno dell’occupazione giovanile; riorganizzazione di un apparato burocratico eccessivamente lento, costoso, inefficiente e inefficace; un contrasto più aspro alla criminalità organizzata, in modo da ridurre le sue ingerenze nei pubblici appalti e creare migliori condizioni socio-ambientali che attraggano investimenti privati e incentivino una maggiore diffusione dell’imprenditorialità. Il tempo dei proclami è finito: occorre adesso perseguire con decisione obiettivi difficili e ambiziosi, ma necessari. Per fare tutto ciò è prioritario che la politica locale guardi in prospettiva e non si limiti a gestire le fasi dei cicli elettorali. Un’utopia?
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