Perché misurare il benessere – È ormai condivisa l’idea che il PIL non sia un indicatore adeguato a misurare il benessere di una collettività. Perciò, a livello internazionale, si è raggiunto un primo consenso sulla necessità di intraprendere la misurazione del progresso sociale, andando oltre le misure economiche convenzionali (come il PIL pro-capite). La Commissione Europea, già nel 2013, tramite la pubblicazione “Non solo Pil. Misurare il progresso in un mondo in cambiamento” si è impegnata, di concerto con gli Stati membri, a lavorare per integrare il Pil con indicatori ambientali e sociali, fornire informazioni più precise sulle disuguaglianze ed elaborare una tabella europea di valutazione dello sviluppo sostenibile.
“Già dagli anni Settanta diverse ricerche hanno dimostrato che la crescita del Pil è generata anche da attività che danneggiano gli individui, la società e l’ambiente. Le politiche orientate esclusivamente verso la crescita del Pil potrebbero non essere le migliori per trovare soluzioni politiche e sociali che mirino al benessere e a una crescita sostenibile. I limiti del Pil sono ampiamente riconosciuti ma se benessere, sviluppo e progresso sostenibili sono gli obbiettivi da raggiungere, allora devono essere supportati da un cambiamento degli indicatori utilizzati” (D’Orio, 2013, p.135).
A livello nazionale è stato pubblicato, a partire dal 2013, il primo rapporto BES (Benessere Equo e Sostenibile) che offre informazioni dettagliate per area geografica su 12 macro-aree: dalla salute all’istruzione, dal benessere economico alle relazioni sociali, dall’ambiente alla qualità dei servizi, dalle istituzioni alla ricerca e innovazione.
Un nuovo indicatore europeo – È del Febbraio 2016, invece, la divulgazione della prima bozza dell’Indice del Progresso Sociale Regionale (Regional Social Progress Index, nel seguito SPI) realizzato dalla Direzione Generale per la politica regionale della Commissione Europea, in collaborazione con l’istituto di ricerca sulla competitività Orkestra e l’Università di Gothenburg. L’indice si basa sul Global Index Social Progress sviluppato dall’organizzazione non-profit Social Progress Imperative con sede a Washington DC, revisionato su misura per l’Ue utilizzando indicatori costruiti principalmente su dati Eurostat.
Lo scopo è quello di misurare il progresso sociale di 272 regioni europee come complemento alle misure tradizionali di progresso economico. Gli indicatori sociali e ambientali utilizzati sono 50 e catturano tre dimensioni del progresso sociale: bisogni umani fondamentali, fondamenti di benessere e opportunità. Ogni componente è misurato attraverso specifici indicatori, esclusivamente sociali ed ambientali (nessuna misura economica è inclusa), e riguardano questioni che possono essere affrontate direttamente dagli interventi di policy. Lo studio completo, che sarà pubblicato ad Ottobre 2016, avrà una funzione molto importante poiché servirà come cassa di risonanza per i servizi della Commissione europea per valutare se i programmi 2014-2020 affrontano “the right issues in the right places” cioè le questioni giuste nei luoghi adeguati.
È noto che esistono differenze radicali all’interno delle regioni dell’UE (in particolare tra le aree rurali e urbane) in termini, ad esempio, di accesso alle cure sanitarie, di sicurezza, di percezione del livello di corruzione, di accesso all’istruzione superiore o di utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. L’analisi delle bozze dello SPI conferma l’esistenza di differenze significative sia interne agli Stati (cioè tra le regioni dello stesso) che tra regioni di Stati differenti, in tutte le dodici componenti tematiche.
Le prime trenta posizioni del ranking sono occupate da regioni nordiche di Svezia, Finlandia, Danimarca e Paesi Bassi. Solo a metà classifica compare la prima italiana, la Provincia autonoma di Trento, seguita dalla Provincia autonoma di Bolzano e da Umbria, Friuli Venezia Giulia e Toscana. La Calabria, così come le altre regioni meno sviluppate dell’Italia, è in fondo alla classifica in posizione 254 su 272 con un indice di progresso sociale pari a 51.25 (il migliore italiano è 66,3 di Trento, il migliore europeo è Övre Norrland (Sezia) 81,3).
L’aspetto più interessante di questo indice, innovativo rispetto agli studi precedenti sul benessere o sul progresso, riguarda la metodologia di confronto regionale. Piuttosto che su base assoluta, la misurazione delle performance avviene confrontando le prestazioni di regioni con un livello simile di sviluppo economico, ovvero con un PIL pro capite simile. In questo senso è stato rispettato l’obiettivo di utilizzare, per la misura del progresso sociale, l’indicatore del prodotto interno lordo pro capite in via inclusiva piuttosto che esclusiva.
A tal proposito, sono stati creati cluster di 15 regioni con PIL pro-capite simile e la performance della singola regione è, poi, calcolata rispetto all’andamento mediano delle regioni del gruppo. A livello metodologico, è stata utilizzata la mediana piuttosto che la media per ridurre al minimo l’influenza di valori anomali. Come risultato sintetico, a ciascuna regione è assegnato un colore (giallo, verde o rosso): giallo indica prestazioni simili (differenze trascurabili), verde e rosso indicano, rispettivamente, performance migliori e peggiori della regione rispetto al benchmark del gruppo.
Le performance della Calabria – Il gruppo di riferimento della Calabria è composto dalle seguenti regioni: Galles occidentale, Grande Polonia, Estonia, Portogallo centrale, Moravia centrale, Sicilia, Transdanubio occidentale, Grecia occidentale, Campania, Puglia, Slesia, Macedonia Centrale e Portogallo settentrionale. Il primo risultato osservabile è che in nessuno degli indicatori la Calabria presenta dei punti di forza (Figura 1). Su 12 indicatori, 7 presentano punti di debolezza e i restanti 5 valori simili con il resto del gruppo. Sono, inoltre, piuttosto preoccupanti i risultati riguardanti l’accesso alla conoscenza di base e all’educazione avanzata, che sono negativi sia all’interno del gruppo di confronto sia a livello assoluto. Nella classifica generale, rispetto cioè a tutte le regioni europee, la Calabria registra anche uno dei peggiori punteggi nella macro-area “Opportunità” (posizione 260) che include, tra l’altro, la fiducia nel sistema politico e giudiziario, oltre che corruzione, tolleranza e inclusione sociale. In riferimento all’indicatore accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (per approfondire: Il ritardo digitale della Calabria), tutte le componenti (internet e banda larga domestica e interazione con la pubblica amministrazione) presentano punti di debolezza rispetto al resto del gruppo. In quest’ultimo caso, è utile considerare la presenza, all’interno del cluster, dell’Estonia, regione in cui l’accesso ad Internet è un diritto umano, il 97% degli affari si effettua on-line e 8 famiglie su 10 hanno accesso ad Internet.
L’importanza dell’inclusione sociale – Questi dati evidenziano quanto sia complessa e articolata l’analisi e l’interpretazione delle cause che determinano i diversi livello di sviluppo della Calabria. A parità di reddito pro-capite, i dati segnalano un rilevante ritardo in tutte le dimensioni considerate e, in questa prospettiva, assume particolare importanza tentare di comprendere quali azioni possono essere intraprese per consentire un miglioramento delle condizioni di benessere regionale. L’aspetto tanto ambizioso quanto controverso riguarda la definizione di adeguate politiche di inclusione sociale e di contrasto alla povertà, il cui perseguimento potrebbe avere effetti positivi che si riflettono in molteplici indicatori di progresso sociale. Tale obiettivo è perseguito con diverse modalità dagli attori istituzionali in tutti i livelli di governo. Tuttavia, le misure risultano frammentarie e, almeno nel caso della Calabria, insufficienti o non ancora definite. Gli ultimi dati disponibili (2012) evidenziano, infatti, che i comuni calabresi hanno destinato una spesa annua per gli interventi per servizi sociali di 25,5 euro pro capite a fronte della media nazionale di 115,9 euro. A livello regionale, invece, l’obiettivo tematico 9 del Programma Operativo Regionale (POR) 2014-2020 della Regione Calabria dedicato all’inclusione sociale e alla lotta alla povertà, dispone di una dotazione finanziaria di 216,8 milioni di euro (equivalenti a 109 euro pro-capite) che il Consiglio Regionale della Calabria, con la proposta di legge n. 19/10 (in discussione), intende utilizzare a copertura del “Fondo Regionale per il Reddito d’Esistenza”. Non è ancora nota, peraltro, la strategia che la Regione Calabria sta definendo in materia di inclusione sociale e di contrasto alla povertà. Altre misure, in tal senso, sono in via di definizione da parte del Governo che il 28 Gennaio 2016 ha approvato un disegno di legge delega che introduce una misura nazionale di contrasto alla povertà e prevede l’istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di un organismo nazionale di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali. Ragione per cui appare necessario un immediato coordinamento tra i diversi enti di governo del territorio per evitare duplicazioni o addirittura incoerenza nell’implementazione degli interventi dei singoli attori.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
D’ORIO (2013), Well-being territoriale. Nota per la definizione di un indicatore complesso in Giannini Napoli “Aspetti e misure territoriali del benessere”, Saverio Coppola e Antonio Corvino, p.135
Programma Operativo 2014-2020 (2014), Regione Calabria
BES, Benessere Equo e Sostenibile (2015), ISTAT