Da più parti si afferma che gli investimenti in infrastrutture di trasporto non determinano automaticamente sviluppo economico; sarà pur vero, ma è indubbio il fatto che da oltre 30 anni si assiste alla realizzazione di rilevanti opere infrastrutturali che vedono favorite le regioni del Nord Italia. Esse hanno determinato nei fatti un ampliamento della forbice fra Mezzogiorno e Settentrione. Basta scorrere i numerosi documenti di programmazione e pianificazione, ed in particolare rilevare la destinazione delle risorse, per rendersi conto che si è perpetrata una profonda ingiustizia sociale, in parte da attribuire anche ad un mediocre ceto politico meridionale. Piano delle reti europee (TEN-T), Piano delle infrastrutture strategiche, Piano per il Sud, Piani di sviluppo FS, Programmi Operativi Nazionali, Decreto Sblocca Italia, Cura del ferro, Patto per la Calabria, Documenti di Economia e Finanza, si sono rivelate delle bufale colossali, con l’invariante della penalizzazione della Calabria in particolare.
Volendo limitare l’attenzione alle reti di trasporto ferroviario, ammontano ad oltre 120 Miliardi di Euro gli investimenti per la rete TAV che ha avvantaggiato solo le grandi città del Centro-Nord; nel mentre si impoverivano i servizi sulle direttrici interregionali e regionali, spingendoli verso la catastrofe. Nell’ultimo piano di sviluppo delle FS sono destinati 43,5 Miliardi di Euro per la realizzazione di linee TAV e valichi alpini, opere imponenti e costosissime, ma solo una minima parte a Sud (linea Bari-Napoli). E nel Piano del Ministro Delrio per il triennio 2016/18 emerge una attribuzione di risorse ancora fortemente sbilanciata a favore del Nord Italia (90%); fa sorridere il fatto che il Ministro medico abbia titolato il suo piano come una “cura del ferro”, dimenticando che una cura di tal genere andrebbe destinata agli anemici, ovvero ai territori più sofferenti come quelli del Sud Italia. In questa visione distorta non mancano esempi eclatanti di monumenti allo spreco di risorse finalizzati a cattedrali nel deserto come la stazione calatraviana di Reggio Emilia (135 Milioni di Euro) o quella di Roma Tiburtina (330 Milioni).
Il potenziale del trasporto ferroviario da Gioia Tauro lungo la penisola e verso i grandi mercati del Nord Italia e dell’Europa è rimasto una triste incompiuta. Il potenziamento della rete ferroviaria, sia sul versante tirrenico che su quello ionico-adriatico, è ancora sulla carta. Gli incentivi al trasporto merci su treno non si sono mai concretizzati; avrebbero forse favorito il travaso dei flussi dalla strada alla ferrovia e dato slancio all’intermodalità mare-ferro nel porto di Gioia Tauro, dando fiato alle attività logistiche in Calabria. Ma siamo rimasti alle dichiarazioni di intenti dei politici e alla scientifica demolizione di tale prospettiva, tant’è che negli anni 2000 Gioia Tauro movimentava 10 coppie di treni al giorno (con una quota di traffico dell’ordine del 6-7% sottratta ai collegamenti via mare) e dopo pochi anni i servizi ferroviari sono scomparsi. Si potrebbe citare la vicenda dell’interporto di Gioia Tauro, un’altra grande promessa di cui non si parla più da oltre 10 anni, o la telenovela dell’allaccio ferroviario del porto alla linea tirrenica. Il famoso gateway ferroviario, di cui si parla da 20 anni, pare oggi lentamente uscire dalle nebbie con il Project-financing della Sogemar del gruppo Contship (guarda caso, con concessione vincolata a 30 anni); da Novembre 2015 l’iter progettuale non si è però ancora concluso e forse l’attivazione vedrà la luce nel 2019. Senza dimenticare la vicenda del Piano Regolatore Portuale, redatto nel 2008, con ampia partecipazione degli attori locali, finito in un cassetto polveroso di uffici ministeriali romani, nel silenzio assoluto delle istituzioni di governo calabresi.
Occorre una reazione del territorio calabrese, delle sue forze migliori. A partire dalla rivendicazione di adeguate risorse sia in termini di infrastrutture che di servizi. Tenendo conto che la risorsa più preziosa, il tempo, comincia ad essere sempre più scarsa. Si tratta di dar vita ad una nuova spinta allo sviluppo, assumendo Gioia Tauro come un motore capace di reale capacità propulsiva. Si può fare molto per riattivare un circuito virtuoso, attingendo alle professionalità sane di impresa, alla cultura e all’associazionismo attivo. E’ auspicabile assumere una short list di obiettivi prioritari, condivisi, sui quali proiettare un’azione culturale forte e continua, anche attraverso un martellamento mediatico e forme di mobilitazione robuste e credibili. Si potranno così avviare interessanti iniziative, come ad esempio l’affermazione di un itinerario ferroviario calabrese che raccordi i principali porti (Reggio Calabria, Gioia Tauro, Crotone, Corigliano), evitando i rischi della galleria Paola – Cosenza, adeguando la linea ferroviaria ionica al trasporto di container high cube, dando finalmente e rapidamente concretezza al collegamento diretto verso Nord (Itinerario Ionico-Adriatico). O, ancora, attivando i servizi sulla catena intermodale integrata che sono operativi in altri porti, ivi compreso il porto di La Spezia dove opera da tempo Sogemar (pre-clearing, single window documentale, connessioni intermodali, ecc.) che renderebbero immediatamente competitivo il porto di Gioia Tauro rispetto ai porti del Nord Italia. Ed altro ancora da individuare fuori dalle segrete e fumose stanze, attraverso forme di partecipazione diretta delle imprese e delle competenze.