La senilizzazione I paesi occidentali, e in particolare quelli dell’Europa, e il Giappone da molti decenni stanno conoscendo un’intensa e rapida senilizzazione, o invecchiamento della popolazione, per l’effetto congiunto, sulla composizione demografica per età, della riduzione di lungo periodo della mortalità da una parte (dapprima nella prima infanzia e successivamente nelle età più avanzate) e della natalità dall’altra. Senilizzazione le cui implicazioni economiche, sociali e sanitarie suscitano molte inquietudini sul presente e sul futuro di tutti questi paesi[1]. Forse il primo studioso ad aver previsto che l’invecchiamento della popolazione sarebbe stata una delle sfide del 21.mo secolo è stato il sociologo e demografo francese Alfred Sauvy negli anni ’70 del secolo scorso; mentre qualche decennio più tardi il sociologo belga M. Loriaux[2], introduceva il termine di “revolution grise” che ben descrive il fenomeno che cercheremo di analizzare con riferimento all’Italia e alla Calabria in particolare. Ricordiamo che l’Europa è stata la prima regione del mondo a controllare la sua fecondità: ha iniziato la Francia a partire dalla fine del 1700, poi via via con l’inizio del 20.mo secolo il fenomeno si è esteso fino a interessare anche i paesi del Sud Europa. La diminuzione della fecondità quasi sempre è stata preceduta però da un aumento della sopravvivenza che, grazie al miglioramento generale delle condizioni igienico-sanitarie, si è manifestata da principio nella prima infanzia e poi nelle età piè elevate.
La transizione demografica L’esame delle serie storiche della natalità e della mortalità delle popolazioni europee ha permesso così ha identificare delle regolarità, ovvero un sentiero storico, chiamato Transizione Demografica, che ha portato tutte queste popolazioni, con tempi e modi diversi, da un regime di demografia ”naturale”, nel quale le nascite e le morti si equilibrano e non subiscono modificazioni per l’intervento umano, ad uno stato demografico “moderno” con un forte intervento pianificatore della natalità ed in cui la mortalità (soprattutto quella infantile) risulta molto contenuta. Questo processo al suo compimento ci consegna, come vedremo, popolazioni segnate da forte e accentuato invecchiamento.[3] La Transizione Demografica può essere considerata dunque la risposta demografica a quel processo di modernizzazione che ha caratterizzato le popolazioni europee nel XIX secolo. E il ritardo con cui l’Italia inizia questo percorso, con particolare riferimento alla caduta della mortalità, è sintomatico del ritardo con cui il nostro Paese stenta a trasformarsi in senso moderno (dal punto di vista industriale, amministrativo e socio culturale). Bastano pochi dati, ma significativi, per illuminare questo sentiero: nel 1862 in Italia si registrarono 37,51 nascite x 1000 abitanti, 30,85 morti x 1000 abitanti, mentre ¼ delle nascite viventi non raggiungeva il primo anno di vita. Oggi, terminata la transizione, la mortalità e la natalità sono sotto il 10 x 1000 mentre la mortalità infantile è intorno al 3 decessi nel primo anno per 1000 nascite viventi.
I dati della Calabria Per le regioni meridionali, e tra queste la Calabria, l’inizio della TD risale al primo dopoguerra con un ritardo dunque di oltre mezzo secolo rispetto al resto del Paese. La regione vive il suo periodo di piena transizione negli anni ’50 durante i quali si registrano tassi di crescita demografica molto alti per l’elevata natalità e notevoli contrazioni della mortalità[4] Con la conclusione della transizione demografica la Calabria oggi vive una fase di crescita naturale pari zero o sotto lo zero (anno 2015 -2 x 1000 abitanti). Nel corso di questo processo la struttura della popolazione si modifica in una forma tipica delle popolazioni demograficamente mature in cui è evidente il forte squilibrio fra le età anziane e quelle giovanili. Questo tratto strutturale normalmente viene sintetizzato calcolando il cosiddetto indice di vecchiaia, ovvero il rapporto fra i “vecchi”[5] (popolazione superiore a 65 anni) su 100 giovanissimi (cioè con meno di 15anni). Dall’esame del grafico che segue si può cogliere la velocità e l’intensità con cui verosimilmente nel prossimo futuro la Calabria percorrerà il sentiero dell’invecchiamento demografico, con valori che ben presto supereranno quelli della media italiana e che ci consegneranno una regione che nel 2065 avrà ben 321,8 vecchi per 100 giovanissimi.
La spesa sanitaria per la terza età Una popolazione che invecchia, com’è noto, pone alla società delle sfide importanti di ordine sociale, economico e politico, aggravati nel caso in esame dalla velocità del processo ma anche dalla fragilità delle strutture sociali operanti sul territorio. Ricordiamo solo alcuni di questi problemi che richiederanno adeguate e tempestive risposte: aumento considerevole della spesa sanitaria per la terza età, peggioramento della spesa pensionistica, difficoltà delle famiglie nel provvedere all’assistenza degli anziani. Una semplice simulazione ci permette di cogliere l’ordine di grandezza di una di queste sfide: la spesa sanitaria per la terza età. Infatti, secondo le stime Istat, la spesa sanitaria per anziano in Calabria è stata in questi ultimi anni in media di euro 22,94. Tenendo conto, però, che sulla base delle tendenze future l’Istat stima che il numero degli anziani aumenterà da 378.142 del 2011 a 560.318 nel 2065, e supponendo che la spesa per anziano, in modo prudenziale, rimanga costante sul valore prima indicato di 22,94 euro, segue che la nostra regione nel 2065 rispetto al 2011 registrerebbe un incremento della spesa sanitaria per la terza età di ben il 48,2%[6].
[1] Infatti, l’Intelligence americana, proprio nei Report che pubblica in occasione dell’insediamento dei presidenti eletti, nella lista dei trend globali ha collocato sempre nei primi posti il tema dell’aumento dell’invecchiamento della popolazione dei paesi ricchi per i suoi effetti su welfare, occupazione, sanità e gestione dell’immigrazione. Si veda, per esempio, l’ultimo Report del 9 gennaio 2017: Global Trends “Paradox of Progress”, a publication of the National Intelligence Council.
[2] M.Loriaux, 1990, Il sera une fois….la révolution grise. Jeux et enjeux autour d’une profonde mutation sociétale, Chaire Quetelet 1986, Louvain-la Neuve.
[3] Ricordiamo che l’argomento è presente in tutti i manuali di Demografia, ne citiamo uno per tutti: G.C. Blangiardo, Elementi di Demografia, Il Mulino, 1987, p.63.
[4] Nel 1950 infatti la Calabria registra il valore del tasso di incremento naturale (20 x 1000 abitanti) più alto del dopo Unità, per effetto di una natalità allora ancora molto elevata (31 x 1000) e di una livello di mortalità del 10,7%, valore pari a un terzo rispetto al quello del 1862-65.
[5] La nozione di vecchiaia è fortemente cambiata nell’ultimo secolo. Infatti, grazie ai progressi della medicina gli anziani di oggi possono essere considerati biologicamente più giovani di almeno 5-10 anni per cui in alcuni Paesi, come in Giappone che è il leader mondiale dell’invecchiamento, sta avanzando l’idea di spostare per legge dai 65 anni di oggi a 75 anni l’età alla vecchiaia con tutte le conseguenze che ne deriverebbero. Cfr Il Giappone: pioniere delle politiche per una società che invecchia, Sputnik Italia, Mondo, 12.01.2017.
[6] Nostre elaborazioni su dati Istat.