La Calabria che prova a rialzar la testa

Uscita dalla lunga crisi degli anni scorsi, l’economia italiana si trova in una fase di moderata espansione. La produzione ha ripreso a crescere e la disoccupazione comincia, pur lentamente, a essere riassorbita. La fase di crescita interessa tutto il Paese e quasi tutti i settori economici. Anche la Calabria ne è coinvolta. Secondo la Svimez, nell’ultimo biennio, il Pil calabrese è cresciuto dell’1,6 per cento, dopo la lunga fase di decrescita (2008-2014), in cui la produzione regionale era calata di ben 14 punti percentuali. Qualche segnale di timido dinamismo si osserva anche guardando ad altre variabili macroeconomiche. Nel corso del 2017, l’occupazione è lievemente aumentata, si è registrato un significativo incremento delle presenze turistiche, così come del fatturato delle imprese e delle esportazioni. Dopo una lunga fase di contrazione, anche i prestiti alle famiglie e alle imprese stanno aumentando: un segnale certamente positivo, indice della ripresa in atto e di aspettative positive.

Questi dati, così come quelli negativi degli anni scorsi, mostrano come l’andamento dell’economia della Calabria dipenda fortemente da quello delle altre regioni e, dunque, del Paese nel suo complesso. Le economie sono interdipendenti. La crescita regionale è, cioè, fortemente legata al ciclo economico complessivo e alle politiche economiche attuate a livello nazionale. Sono queste le variabili fondamentali che determinano, in larga misura, lo sviluppo e l’occupazione nelle singole regioni. Per fare alcuni esempi: sarebbe stata possibile l’espansione del credito in Calabria senza le misure attuate dalla Banca Centrale Europea? E, ancora, l’aumento della produzione e delle esportazioni calabresi non dipende forse dal positivo andamento dell’economia italiana ed europea? E quanto hanno influito sulle dinamiche occupazionali gli incentivi concessi nell’ultimo anno?

Pur molto importanti, il ciclo economico e le politiche attuate dai governi non sono, però, le uniche variabili che influenzano l’andamento delle economie regionali. Perché si verifichi un percorso di sviluppo duraturo sono necessarie anche buone politiche regionali. Per la Calabria, che più di altre regioni, sconta profondi ritardi strutturali, le scelte compiute dai governi regionali hanno un’importanza maggiore che altrove. Se la politica regionale è importante nelle regioni del Nord economicamente sviluppate, lo è certamente di più in Calabria, in cui è necessario colmare i ritardi infrastrutturali, fronteggiare il dramma sociale della disoccupazione, fornire servizi efficienti alle imprese, avviare investimenti in grado di offrire occupazione ai giovani qualificati che continuano ad emigrare. In altre parole, come altre regioni del Sud, la Calabria ha bisogno che le positive tendenze in atto siano accompagnate, irrobustite, da politiche economiche, nazionali e regionali, che creino le condizioni perché la crescita non sia effimera e, dunque, incapace di colmare i ritardi. In altre parole, occorre che le politiche affrontino i nodi strutturali del ritardo di sviluppo regionale e che lo facciano in tempi rapidi. A tal riguardo, alcune chiare e utili indicazioni provengono dalle strategie europee: concentrazione della spesa in pochi settori; assegnazione di priorità ai settori economici più dinamici; irrobustimento del sistema della ricerca e dell’innovazione. Sono, queste, solo alcune delle azioni sollecitate dalla politica di coesione europea e riprodotte nel POR Calabria 2014-2020. Rimane da capire se queste indicazioni stiano trovando effettivo spazio nell’agenda dei decisori politici e quali siano i tempi previsti per la l’attuazione dei relativi programmi d’investimento.


Questa breve nota è stata pubblicata sul Quotidiano del Sud (Edizione del 3 Dicembre 2017)

 

 

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