Il dibattito sull’area urbana La discussione a livello politico amministrativo sulla necessità di realizzare la città unica dell’area urbana cosentina vede l’alternarsi di periodi di vivace discussione con altri di relativo silenzio.i Con riferimento solo agli anni più recenti, ricordiamo che nel 2010 il Quotidiano della Calabria ospitò un ampio dibattito su questo argomento con l’intervento di personalità della politica e della società civile, dibattito che mise in evidenza sia l’esistenza di spinte alla conurbazione, sia di riserve più o meno graduate. All’epoca qualcuno sostenne che in questo progetto la città di Cosenza avrebbe dovuto avere un ruolo egemonico per la sua storia e per una identità ”cosentina” prevalente in tutta l’area urbana. La discussione è ripresa poi nel 2015 con nuove idee e nuovi attori ed è continuata in questi ultimi mesi con proposte che – nel mutato quadro di geografia istituzionale della Calabria, vedi l’istituzione della città metropolitana di Reggio Calabria, e lo svuotamento delle provincie, per raggiungere l’obiettivo della città unica tra Cosenza, Rende e Castrolibero contemplano alcune tappe come referendum consultivo, deliberazioni dei consigli comunali, referendum confermativo, legge regionale ad hoc. E’ bene tuttavia ricordare che qualunque dibattito sulla governance di questa realtà territoriale in generale e di quella più interconnessa fra Cosenza, Rende e Castrolibero più in particolare, non può prescindere dalla consapevolezza delle trasformazioni demografiche in atto e in prospettiva. Si dovrebbe infatti partire da questi elementi per una strategia condivisa che, sfruttando le diverse positività e superando la mera fusione, sia in grado di realizzare le funzioni proprie di una città moderna.
La trasformazione urbana L’area urbana cosentina è il caso più interessante del processo di redistribuzione della popolazione che ha conosciuto la Calabria nel secondo dopoguerra. Infatti, a partire dagli anni ’50 del secolo scorso la Calabria ha sperimentato un intenso processo di redistribuzione della popolazione, processo che nell’ultimo mezzo secolo ha avuto una forte accelerazione: si è andato vieppiù attenuando il divario fra città e campagna e si è avuta una crescente diffusione del carattere urbano. Nonostante ciò i centri urbani in Calabria non presentavano e non presentano ancora quei tratti che distinguono le città moderne. Ricordiamo che in passato varie cause hanno spinto le popolazioni calabre a preferire i centri abitati, nonostante l’elevata ruralità della popolazione e l’asprezza del territorio che rendeva difficili gli spostamenti verso i luoghi del lavoro agricolo. Fino alla fine dell’800 la Calabria era considerata una regione sotto popolata a causa delle crisi che si erano avute dal ‘500 in poi, crisi che avevano colpito soprattutto le campagne, provocando un movimento migratorio verso le città. Nel ‘700 la situazione non era mutata tanto che il Galanti nel 1792, dopo aver visitato la regione, affermava che essa era “un vero stato di deserto”. Questo quadro cambia solo verso la metà dell’800 epoca in cui la popolazione calabra registra valori di crescita prossimi a quelli dell’Italia. Fino al 1931 la crescita delle città fu abbastanza lenta, tuttavia i loro tratti stavano via via cambiando: Cosenza si stava trasformando in un centro commerciale abbastanza vivace, favorita in ciò dalla creazione di alcune infrastrutture, tra cui la ferrovia, che ne facilitò l’inserimento nel mercato nazionale. Il terremoto del 1905 fu poi l’evento che contribuì a rompere il suo isolamento, convincendo gli amministratori dell’epoca della necessità di uno sviluppo verso nord che, iniziato lentamente tra le due guerre, è poi proseguito in modo molto frenetico dagli anni ’50 in poi. Negli anni ’80 del secolo scorso termina la crescita convulsa ed abnorme delle tre città capoluogo; segue quindi una fase di stabilizzazione della popolazione e in alcuni casi di declino sia per effetto dell’esaurimento dell’urbanesimo sia a causa di un malessere demografico sempre più evidente. Negli ultimi decenni si sono avuti originali processi di aggregazione tra Cosenza, Rende, Castrolibero e anche Montalto Uffugo, tra Catanzaro e Lamezia, Corigliano e Rossano, Locri e Siderno e si nota una crescente antropizzazione del territorio ma anche un accelerato processo di declino demografico. Limitandoci all’area urbana cosentina in senso stretto, ricordiamo che la popolazione di Cosenza dagli anni ’80 del secolo scorso ha perduto quasi 40mila abitanti (ovvero il 37% della sua popolazione) e oggi con saldi naturali e migratori negativi presenta i tratti che caratterizzano i centri con forte malessere demografico e a rischio d’implosione. Nello stesso periodo le popolazioni sia di Rende che di Castrolibero sono aumentate del 39%, ma con un rallentamento del trend più evidente negli ultimi anni. Fortemente condizionata dalla dinamica della città di Cosenza, in definitiva tutta l’area che va dal colle Guarassano a Settimo di Rende dal 1981 al 2015 ha avuto un calo di popolazione di 26.443 abitanti, pari ad una riduzione percentuale del 19%.
Le previsioni demografiche Dopo queste brevi constatazioni viene spontaneo dunque tentare di prolungare nel futuro la successione passata degli eventi e la loro determinazione vissuta al presente, ovvero realizzare proiezioni di queste popolazioni sulla base delle nuove informazioni raccolte. I motivi che spingono a volgere uno sguardo su quella che potrebbe essere la consistenza e la struttura della popolazione negli anni a venire – al di là dell’affermazione di Goethe secondo il quale “scrutiamo tanto volentieri nel futuro, perché tanto volentieri volgeremmo a nostro favore ]…[ l’incerto” – si basano piuttosto sulla circostanza che le previsioni forniscono un’importante fonte di notizie per le decisioni politiche, soprattutto quando queste decisioni implicano investimenti di risorse finanziare e umane, come per esempio i piani di intervento per l’occupazione giovanile, quelli per la determinazione della rete di assistenza sanitaria e del welfare locale, quelli per razionalizzare del servizio dell’istruzione pubblica, per la programmazione delle attività culturali e così via. Tenendo conto di tutto ciò abbiamo tentato di individuare il sentiero che verosimilmente percorreranno le popolazioni dei tre comuni più interconnessi dell’area urbana cosentina (Cosenza, Rende e Castrolibero), disegnando uno scenario demografico che, escludendo il movimento migratorio di difficile e incerta valutazione, si basa sull’ipotesi che i valori attuali della fecondità (1,29 figli per donna feconda) e della sopravvivenza rimangano invariati nel prossimo mezzo secolo[1]. Quindi, in questo scenario, che riteniamo abbastanza prossimo al vero, dal 2015 al 2065 Cosenza da 67.679 abitanti scenderebbe a 38.363, Rende da 35.160 a 22.773, Castrolibero da 10.028 a 6.146 e l’area urbana nel suo complesso da 112.867 a 67.283; implodendo alle dimensioni che ha oggi la sola città di Cosenza (Fig. 1).
Tutto ciò in un quadro di diffuso, accentuato, crescente malessere demografico, come si può cogliere osservando sia le trasformazioni delle struttura demografica che emergono dall’esame delle piramidi della popolazione (Fig. 3), ma ancora più dagli indici di vecchiaia riportati in Fig. 2, i quali pur se inizialmente differenziati, con valori più elevati per Cosenza, crescerebbero con il tempo, convergendo tutti sul livello davvero eccezionale di 369 vecchi per 100 giovanissimi.
Oltre a ciò, ricordiamo che una realtà come questa, in cui si osservano da vari anni livelli di fecondità inferiori a 1,50 figli per donna feconda, si troverebbe di già in una situazione di implosione demografica da cui sarebbe difficile risalire, in quanto sarebbero ormai consolidati sia comportamenti favorevoli a non avere figli sia propensioni a realizzare comunque dimensioni familiari di piccola dimensioni[2].
Bibliografia essenziale
- De Bartolo, A. Coscarelli, M. Stranges, Demografia e spopolamento in Calabria e in provincia di Cosenza, Stringhe, 2011, vol. 1, n.3, pp. 171-187.
- De Bartolo, M. Prati, I principali caratteri demografici della provincia di Cosenza, contributo al Piano di Sviluppo Socio Economico della provincia di Cosenza, coordinatore Prof. Augusto Graziani, Dipartimento di Economia Politica, Unical, 1997.
- De Bartolo, Tendenze e prospettive demografiche delle città calabre, CNR- Istituto di Ricerche sulla Popolazione, W.P. 08/91, Roma 1992.
- De Bartolo, E. Lombardo, Il futuro della popolazione calabra. Una proposta per i prossimi venti anni, Tipografia editrice Dott. Silvio Chiappetta, Cosenza, 1981.
[1] Si tratta di ipotesi desunte dall’esame dei trend finora osservati della fecondità e della sopravvivenza per la Calabria e la provincia di Cosenza. Più precisamente, si è supposto che la fecondità si mantenga in futuro costante su 1,29 figli per donna feconda, valore che, ricordiamo, non assicura la sostituzione delle generazioni e che produce come vedremo una invitabile riduzione della popolazione. Invece, come legge di mortalità per l’intero periodo previsivo è stata adottata quella sottostante alla tavola di mortalità costruita dall’Istat per la provincia di Cosenza, la quale presenta il valore della vita media di 79,8 anni per il sesso maschile e di 84,2 anni per il sesso femminile. Il metodo usato è quello delle componenti demografiche; cfr. per esempio G. Blangiardo, Elementi di Demografia, Il Mulino, 1987.
[2] In verità, anche se le riduzioni di popolazione da noi previste sulla base del solo movimento naturale potrebbero essere temperate dall’immigrazione straniera in crescita e dalla presenza della popolazione studentesca dell’Unical, nella migliore delle ipotesi, alla fine del periodo di previsione, l’intera area non dovrebbe superare comunque le 85mila unità, e in ogni caso ciò non produrrebbe alcuna regressione sostanziale del trend del malessere demografico previsto.