I lavori sono stati avviati dalla Prof.ssa Rosanna Nisticò con una relazione su “Università e territorio: ricerca e terza missione”. La Prof.ssa Nisticò ha descritto come da qualche anno i rapporti tra Università e territorio siano stati “istituzionalizzati”, previsti, cioè, normativamente come “terza missione” dell’Università, con la quale gli atenei si impegnano a favorire l’applicazione diretta ad esigenze specifiche del tessuto sociale e economico e a diffondere la conoscenza. Le università, in sintesi, hanno il compito di perseguire contemporaneamente tre obiettivi: didattica (formazione), ricerca e “terza missione”, che a sua volta, si articola in attività con almeno due finalità distinte. La prima, più prettamente economica, è legata al “trasferimento tecnologico” (spin-off; contratti e collaborazioni con imprese e istituzioni; sviluppo di prototipi); la seconda, di carattere economico-sociale, è focalizzata sulle relazioni con le parti sociali (diffusione pubblica, anche non tecnica, dei risultati della ricerca scientifica; comunicazione con le scuole, contributo ai processi di policy making). Sulla prima, più facilmente misurabile in termini di output (brevetti, indicatori, ecc..) esistono già diversi lavori e anche valutazioni; sulla seconda, la letteratura è ancora molto esigua (maggiore difficoltà di misurazione), soprattutto se si vogliono valutare le disparità di performance tra atenei a livello territoriale. E, tuttavia, l’attenzione del convegno, a parere della Prof.ssa Nisticò – “è stata focalizzata proprio su questo secondo aspetto, anche perché coinvolge maggiormente dipartimenti con una prevalenza di discipline di area umanistica (anche economica) e sociale”. In particolare, durante il suo intervento, la Prof. Nisticò ha sottolineato le caratteristiche e le implicazioni in termini di economia degli incentivi, della natura multiitasking (prima, seconda, terza missione) delle università; l’importanza della terza missione: in termini di incubatore di capitale relazionale; in quanto la terza missione pone agli universitari un problema di “etica cognitiva”; in quanto la terza missione sollecita una maggiore misurazione dell’attività universitaria con la realtà concreta; perchè la terza missione sottolinea come la geografia funzionale sia più importante di quella fisica geografica. La terza missione è una attività complessa e difficile da misurare, sia perché ha molti compiti da assolvere, sia perché è influenzata da fattori esterni alle potenzialità degli atenei. Questa considerazione ha due conseguenze potenzialmente importanti, sia riguardo una possibile accentuazione nelle disparità tra dipartimenti (università) maggiormente impegnati nelle discipline umanistiche e nelle scienze sociali e quelli più specializzati nelle discipline scientifiche, sia riguardo all’influenza che la struttura produttiva del contesto socio-economico in cui gli atenei sono inseriti, influenzando le attività della terza missione (sia quelle più strettamente tecnologiche che quelle di produzione di beni pubblici sociali e culturali), finisce per determinare parte della performance complessiva dell’ateneo, con un evidente svantaggio per gli atenei ubicati in territori meno avanzati dal punto di vista economico-produttivo e delle dinamiche sociali.
Il Dr. Sergio Magarelli si è soffermato sul ruolo della Banca d’Italia al servizio del territorio. Si tratta di un’attività legata alla riqualificazione della rete territoriale della Banca d’Italia avviata da oltre un decennio. L’obiettivo è di massimizzare le istanze delle comunità servite, offrendo un’ampia varietà di servizi, tra cui (a) l’analisi economica e la rilevazione statistica a livello locale; (b) la gestione del patrimonio immobiliare, tecnologico ed artistico; (c) il servizio di tesoreria dello Stato; (d) la circolazione monetaria e gestione del contante (e) la vigilanza sugli organismi bancari e finanziari (Unione bancaria europea), prudenziale e di compliance (f) l’antiriciclaggio e il contrasto al finanziamento del terrorismo (g) la disciplina della trasparenza e la tutela della clientela. L’esito dello svolgimento di queste attività è l’offerta di un servizio funzionale alle esigenze dei territori, veicolando, in tal modo, l’immagine di un settore pubblico che funziona, che può e vuole essere concretamente dalla parte dei cittadini dimostrando che possono essere spezzate definitivamente la spirale perversa e pervasiva, il degradato connubio tra economia illegale e gangli conniventi o collusi della società civile ed anche della pubblica amministrazione, che rallentano la crescita sociale ed economica della Calabria.
Il Dr. Iconio Garrì ha presentato una relazione dal titolo “Lo studio delle economie territoriali in Banca d’Italia” centrata sulle intense attività che la Banca d’Italia svolge in tema di analisi e ricerca territoriale, anche in considerazione dell’elevata eterogeneità della struttura delle attività produttive e dell’esistenza di ampi divari nel nostro paese. L’analisi dei fenomeni economici e finanziari a livello locale viene svolta dalle strutture per la ricerca economica territoriale, attive presso le Filiali capoluogo di Regione. Le unità decentrate effettuano indagini campionarie e altre rilevazioni statistiche presso imprese, banche e altri enti avvalendosi anche della collaborazione di operatori economici, intermediari finanziari, istituzioni pubbliche, associazioni di categoria e altri organismi. La rete territoriale predispone, nell’ambito della collana le “Economie regionali”, rapporti annuali sull’economia delle singole regioni (diffusi in giugno), nonché i relativi aggiornamenti congiunturali (pubblicati in novembre). Il valore aggiunto di queste pubblicazioni è l’elevata standardizzazione delle metodologie utilizzate che consente la comparazione dei fenomeni economici tra le regioni italiane. Intensa e costante è l’attività di divulgazione delle informazioni e dei dati statistici a livello territoriale, attraverso presentazioni pubbliche e con l’ausilio dei canali di comunicazione più avanzati. Nel mese di giugno sarà pubblicato il rapporto sull’andamento dell’economia calabrese nel 2016 (e nei primi mesi del 2017).
L’obiettivo della relazione del Prof. Francesco Aiello (“Output della ricerca economica come input per le scelte pubbliche”) è di spiegare il motivo per cui il processo che si conclude con una scelta pubblica può essere assimilato ad un processo di produzione: l’azione del decisore pubblico è l’esito di una selezione di opzioni e scelte alternative legate, tra le altre cose, allo stato di conoscenza delle dinamiche economiche. In altre parole, i risultati della ricerca economica rappresentano uno dei fattori (“il più importante fattore” dalla prospettiva del Prof. Aiello) che determinano le scelte pubbliche. E’ verosimile pensare che se il decisore pubblico effettuerà le sue scelte (“cosa fare”, “come farlo”, “quando farlo”) senza tener conto dei risultati della ricerca economica, l’esito sarà rappresentato da interventi di politica economica ad elevato potenziale di fallimento (”l’area A della Calabria ha un fabbisogno di X e il policy making nazionale o locale offre Y”). Questo processo produttivo in cui l’analisi economica precede e indirizza le scelte pubbliche è tanto più efficace quanto maggiore è la contaminazione tra economisti, istituzioni e decisori pubblici. Facendo riferimento a due casi concreti di fabbisogni reali dell’economia calabrese (“la riforma del governo locale e le fusioni tra i comuni calabresi” e “lo sviluppo delle potenzialità del porto di Gioia Tauro”), il Prof. Aiello mostra come le decisioni prese non valorizzino lo stato di conoscenza dei due settori e rappresentino due eclatanti casi (“ahimè tra i tanti in questa regione”) di disallineamento tra analisi economica e scelta pubblica. Ciò dipende dalla concomitante presenza di divergenti comportamenti degli economisti e dei decisori pubblici. Da un lato, gli economisti prediligono la ricerca accademica e il mercato delle pubblicazioni scientifiche su temi generali. Dall’altro lato, il policy making calabrese non annovera in alcun anello della filiera decisionale alcun economista. La singolare implicazione di questo mis-matching tra ricerca economica e le scelte pubbliche è che di “sviluppo economico in Calabria se ne occupano altre figure professionali (ingegneri, consulenti, commercialisti, tecno-burocrati, micro società di produzione di documentazione comunitaria) generando spesse volte confusione interpretative dei processi economici in atto e definendo, pertanto, politiche inadatte al contesto regionale” (consulta la versione più estesa di questi contenuti).
Il Dr. Umberto Mancino ha relazionato su “L’evoluzione della moneta, dalla carta al digitale” soffermandosi sul fatto che attraverso l’innovazione tecnologica abbiamo moltiplicato le forme e le modalità attraverso le quali compiamo, oggi, molte attività legate alla “moneta”. Per esempio, il gesto di liberarci da un’obbligazione pecuniaria; come regoliamo il costo di un bene o di un servizio attraverso una sempre più amplia offerta di servizi e strumenti di pagamento che consentono il trasferimento di moneta in maniera immediata, sempre più sicura, sempre più economica. Si è ribadito che il Testo Unico Bancario attribuisce alla Banca d’Italia il ruolo di esercitare la sorveglianza sul sistema dei pagamenti avendo riguardo al suo regolare funzionamento, alla sua affidabilità ed efficienza nonché alla tutela degli utenti di servizi di pagamento. La Banca d’Italia definisce gli indirizzi di policy per innalzare i livelli di efficienza, affidabilità e sicurezza nell’offerta diretta dei servizi di pagamento a livello domestico e sovrintende ai pagamenti nelle sue diverse forme di moneta (cartacea e non) sia per gli aspetti di prodotto sia in relazione alle finalità. In questo quadro il ruolo del contante rimane, soprattutto in Italia, ancora primario. La spesa medie delle famiglie italiane è fatta per il 41% in contanti (rispetto ad una media europea di circa 200 pagamenti pro capite con strumenti alternativi al contante in Italia ne avvengono solo 80) e soprattutto la Circolazione monetaria rappresenta in termini reali il 53% dei costi per la funzione di Banca Centrale. Il contante infatti è ancora percepito come uno strumento di pagamento a costo nullo (o quasi) e anche più sicuro. Rimane inoltre il grande problema del ruolo primario che esso assume nell’economia sommersa grazie alla non tracciabilità dei pagamenti effettuati con esso. Sono stati pertanto descritti i compiti e gli obiettivi della Banca Centrale Europea in tema di Circolazione Monetaria ed è stato evidenziato il delicato compito operativo che la Banca d’Italia svolge per il territorio e per assicurare il mantenimento della fiducia nella collettività e nella promozione dell’efficientamento e della modernizzazione dell’intera filiera del contante nonché nel contrasto, nei limiti della sue competenze, al riciclaggio. Sono stati analizzati dunque nel dettaglio il processo produttivo alla base delle banconote della nuova serie Europa presentando il nuovo sistema di stamperie accreditate e i profili richiesti per la partecipazione, il ruolo svolto dalla Banca d’Italia nel sistema di distribuzione delle banconote, con i nuovi poteri di controllo e sanzionatori svolta nei confronti delle attività di ricircolo del contante svolte dalle società di servizio accreditate. Un rapido focus è stato infine fornito sulle caratteristiche di sicurezza di primo e secondo livello delle banconote della Serie Europa evidenziando il grado di innovazione tecnologica raggiunto dal nuovo 50 euro.
Nel corso del suo intervento (“Moneta legale e moneta bancaria ai tempi del bail in“), il Prof. Danilo Drago ha ricordato che la Direttiva Europea relativa alle procedure di risanamento e risoluzione delle crisi bancarie (direttiva n. 2014/59/EU) è ispirata dal principio di evitare che le crisi possano essere risolte con le risorse dei contribuenti. Il principio è condivisibile, ma nel caso delle banche emergono anche altri interessi meritevoli di tutela. Non sempre è facile conciliare i diversi interessi meritevoli di tutela. L’esigenza di tutela è massima nel caso della moneta bancaria, la quale circola sul presupposto della fiducia dei depositanti. E’ noto che la stabilità del sistema bancario dipende in larga misura dalla fiducia dei depositanti. Per evitare che la nuova Direttiva determini un aumento del rischio sistemico all’interno della UE sono necessarie due misure. Da un lato completare l’Unione Bancaria e giungere alla costituzione di un sistema comune di garanzia dei depositi. Dall’altro consentire una maggior flessibilità del ricorso agli aiuti di Stato, almeno quando vi sono timori che una crisi possa estendersi alla moneta bancaria (leggi l’intervento completo)