*al presente articolo è stato assegnato il terzo posto, ex-aequo, del Premio Open Calabria
Quanto emerge dal Rapporto della Banca d’Italia sull’economia della Calabria è un andamento economico regionale stabile rispetto agli altri anni, ma inferiore alla media nazionale delle altre Regioni italiane. Una ripresa debole, occupazione ai minimi, crescita annuale del Pil intorno allo 0,1 per cento.
Facendo riferimento, però, alla capacità delle famiglie di far fronte a situazioni avverse, lo scenario che emerge non rispecchia la consueta bipartizione dell’Italia, tra un Centro-Nord dinamico e ricco e un Sud povero e vulnerabile. Infatti, l’indice di fragilità finanziaria (Domma e Giordano, 2012) assume valori che, al contrario, indicano come le famiglie in Calabria riescano ad essere meno vulnerabili delle famiglie che vivono nel resto d’Italia. Le motivazioni possono essere diverse. Iniziamo col descrivere il processo con il quale si è raggiunto questo risultato ed in seguito proviamo a fornirne qualche interpretazione.
Negli ultimi anni, lo studio sulle determinanti che inducono le famiglie ad essere finanziariamente più vulnerabili a cambiamenti sfavorevoli dell’economia è il focus di numerose ricerche, in quanto il fenomeno si riscontra sempre più spesso in tutti i paesi sviluppati: le difficoltà economiche limitano la capacità di indebitamento e l’abilità di far fronte a situazioni avverse. Secondo un recente studio della Banca d’Italia, il reddito da lavoro non basta al 65% delle famiglie italiane e sono sempre di più quanti hanno un reddito insufficiente a coprire i loro consumi. L’allarme lanciato dalla Banca d’Italia mette in evidenza come il problema stia diventando sempre più importante e diffuso. Molti i segnali che emergono sulle difficoltà delle famiglie a risparmiare, proprio in Italia che, fino a poco tempo fa, faceva del risparmio delle famiglie una delle sue peculiarità. Ad una marcata contrazione del reddito disponibile consegue un contestuale obiettivo di contenerne l’impatto sul proprio tenore di vita.
Le definizioni di fragilità finanziaria nella letteratura economica sono molteplici e non univoche, non esiste un unico indicatore in grado di descrivere tale condizione. La maggior parte degli studi condotti sull’argomento prende in considerazione il grado di indebitamento delle famiglie.
La Banca Centrale Europea ha rilevato che, negli scorsi anni, i tassi di interesse in diminuzione hanno permesso alle famiglie di indebitarsi di più e di accumulare più debito; di conseguenza, nell’area dell’euro l’indebitamento delle famiglie è aumentata significativamente. La commissione Europea nel 2006 ha stimato l’aumento del debito familiare al 54% del PIL e negli Stati Uniti, la Federal Reserve ha rivelato un aumento dei livelli del debito, pari ad 11.804 miliardi di dollari nel 2005 (Brown e Taylor, 2008). Debelle (2004) imputa il sostanziale aumento del debito delle famiglie alla riduzione dei tassi di interesse, nominali e reali, ed all’allentamento dei vincoli di liquidità. L’accresciuto indebitamento ha accentuato la reattività delle famiglie alle variazioni dei tassi di interesse, del reddito e dei prezzi delle attività, e ciò in misura tanto maggiore quanto più alta è l’incidenza dei mutui ipotecari a tasso variabile rispetto a quelli a tasso fisso.
Secondo la definizione introdotta in letteratura da Domma e Giordano (2012), per fragilità finanziaria si intende l’incapacità di una famiglia di coprire i consumi correnti in un anno con il reddito disponibile. In generale, secondo gli autori, una famiglia si definisce potenzialmente fragile quando il consumo annuale del nucleo familiare supera il suo reddito disponibile. Per dimostrare ciò viene utilizzato il cosiddetto modello Stress-Strength, che valuta l’affidabilità di una componente, dotata di una forza casuale Y, soggetta ad uno stress casuale X.
Adattando il modello Stress-Strength (nato e sviluppato nell’ambito degli studi sull’affidabilità) al contesto economico e identificando come componente la famiglia: quando in un anno il consumo corrente (stress, X) supera il reddito disponibile (strength, Y), la famiglia ha problemi finanziari e, quindi, deve ricorrere ai prestiti o decumulare i propri risparmi. In tale contesto, la probabilità di fallimento della componente, P(X>Y), definisce la Fragilità finanziaria delle famiglie. L’ipotesi sulla quale si basa la maggior parte degli studi in tali ambiti è quella di indipendenza tra le variabili stress e strength. Lo studio citato assume, invece, dipendenza tra X e Y, in quanto al variare del reddito varia in modo non casuale anche il consumo. Questo legame è confermato empiricamente dall’indice di correlazione. In questo contributo, per il calcolo di tali variabili, si ricorre allo studio del reddito disponibile e del consumo corrente delle famiglie italiane, utilizzando i dati forniti dalla Banca d’Italia con l’indagine Survey of Household Income and Wealth, condotta con cadenza biennale per un campione rappresentativo della popolazione italiana. Per valutare la dipendenza tra le variabili marginali (reddito e consumo delle famiglie), la misura del fallimento viene specificata mediante un approccio basato sulla funzione copula, che permette di modellare la dipendenza separatamente dalla specificazione delle marginali. Partendo da questo approccio per modellare la dipendenza, diversamente dallo studio Domma e Giordano (2012) che utilizza la copula di Frank, in questa analisi si utilizza la copula di Clayton in quanto, da un approccio grafico, si evince una migliore copertura della gamma di dipendenza tra le variabili. Il modello di distribuzione adottato per modellare le marginali, reddito e consumo delle famiglie, è il modello di Dagum a tre parametri, in quanto è in grado di rappresentare bene le caratteristiche della distribuzione dei redditi e della ricchezza. Una volta scelta la famiglia di copule che cattura la dipendenza e la forma di distribuzione delle marginali, si stima la potenziale fragilità finanziaria delle famiglie, confrontandola con la misura della fragilità empirica e quella sotto l’assunzione di indipendenza, per tutte le regioni italiane.
La valutazione empirica della probabilità che il consumo sia maggiore del reddito, può essere ottenuta dalla frequenza relativa campionaria del numero di famiglie con consumi correnti superiori al reddito disponibile, cioè:
Dal calcolo risulta che in Italia il consumo annuo di 15 famiglie su 100 supera il loro reddito disponibile. I valori dell’indice oscillano da un minimo in Calabria, dove solo 8 famiglie su 100, secondo questo indice, possono definirsi finanziariamente fragili, ad un massimo registrato in Campania, regione in cui addirittura 26 famiglie su 100 non riescono a coprire le loro spese con il reddito disponibile nello stesso anno. La Figura 1 evidenzia l’eterogeneità tra le regioni italiane riguardo alla potenziale Fragilità finanziaria delle famiglie.
La funzione di potenziale fragilità finanziaria in termini di probabilità di fallimento è il calcolo di un integrale che non ha soluzione esplicita, ma è convergente. Si rimanda all’Appendice per i dettagli metodologici. Come accennato precedentemente, in questo studio si è scelto di ipotizzare dipendenza tra le marginali, in modo da conferire al modello maggiore attinenza alla realtà. A questo proposito, è utile calcolare l’indice di potenziale fragilità finanziaria anche nel caso in cui reddito e consumo sono assunti come indipendenti e confrontarlo con il risultato empirico e quello sotto l’ipotesi di dipendenza.
Il primo risultato che si ottiene riguarda la notevole diversità dei risultati per le diverse aree geografiche del paese: i valori dell’indice di potenziale fragilità, infatti, non rispecchiano la consueta bipartizione dell’Italia tra Mezzogiorno e Centro-Nord. Le famiglie che appaiono potenzialmente meno fragili in Italia sono quelle calabresi, sarde e toscane. In secondo luogo, si evince che il valore della probabilità sotto l’ipotesi di dipendenza tra reddito e consumo si approssima meglio alla potenziale fragilità empirica rispetto all’assunzione di indipendenza, in tutte le regioni italiane. I dati dimostrano che in Calabria, regione in cui le famiglie sono meno esposte a vulnerabilità, la dipendenza positiva tra reddito e consumo è la più alta (0,6163) tra le regioni italiane. Questo è un risultato importante, che conferma la validità, sul caso specifico, dell’approccio proposto da Domma e Giordano (2012).
Riassumendo, la misura di potenziale fragilità finanziaria è rappresentata dalla probabilità che in un anno il consumo corrente superi il reddito disponibile. Questo indicatore considera il consumo corrente ed il reddito disponibile delle famiglie, escludendo i risparmi che ciascuna famiglia possa aver accumulato nel tempo. Nel contempo però, l’indice tiene conto che una famiglia è oltremodo soggetta a stress finanziario quando deve ricorrere ai risparmi, visto che il reddito dell’anno non è, comunque, sufficiente a far fronte alle spese attese o inattese dell’anno corrente. Non si considera esplicitamente il risparmio accumulato nel tempo da parte della famiglia, in quanto si assume che il ricorso ad esso determini implicitamente lo stress al quale il nucleo familiare è sottoposto. Dallo studio risulta che le famiglie in Italia meno fragili sono quelle calabresi e le motivazioni a sostegno di ciò possono essere molteplici, ma tutte da sperimentare. Il fenomeno, ad esempio, potrebbe essere spiegato dal fatto che le famiglie in Calabria si affidano all’autoproduzione e alla pratica del dono.
In generale, anche da altri studi, si rilevano delle variabili che incidono positivamente ed altre negativamente sul grado di vulnerabilità finanziaria delle famiglie. Alcune di queste sono di carattere socio-demografiche, come il livello di istruzione e lo stato civile dei componenti la famiglia: ad esempio i divorzi e le separazioni coniugali aumentano la fragilità finanziaria. Tra le determinanti economico-finanziarie, i fattori che contribuiscono a ridurre la fragilità finanziaria delle famiglie è il lavoro a tempo indeterminato, il possesso di immobili (vivere in affitto determina un aumento della fragilità in quanto incide sul reddito disponibile), la dimensione del patrimonio finanziario e la detenzione di polizze assicurative sulla vita. Infine, la letteratura suggerisce che anche le variabili comportamentali, influenzando le decisioni di consumo e di investimento, incidono sul grado di fragilità finanziaria: per esempio, più gli individui sono impulsivi maggiore è la loro vulnerabilità finanziaria; oppure, un elevato grado di avversione al rischio riduce la fragilità delle famiglie (Anderloni e Vandone, 2014).