di Francesco Aiello, Giovanni D’Orio, Maria Concetta Liberto
Negli ultimi decenni l’ambiente ha assunto un ruolo strategico nelle scelte di politica economica: questo è vero qualsiasi sia la scala geografica di riferimento. Un esempio sulla rilevanza del problema è fornito dalla Strategia Europa 2020, le cui priorità sulla crescita intelligente, inclusiva e sostenibile pongono l’ambiente al centro dell’agenda politica. Altri esempi possono riguardare sia i programmi di intervento dei singoli stati, come il progetto PON GAS Ambiente, sia gli accordi internazionali, come la Conferenza di Stoccolma, il Protocollo di Kyoto, Convenzione di Berna e il Protocollo ASP. Le politiche riflettono anche i cambiamenti dell’idea di ambiente: essa è evoluta, divenendo – rispetto alla convenzionale sfera naturale – una dimensione allargata e sistemica, da studiare e affrontare attraverso un approccio integrato e multidisciplinare. In questa direzione, appare utile studiare il caso della Calabria, poiché le politiche che si attueranno nei prossimi anni dovranno necessariamente far leva sulla conoscenza dello stato di salute dell’ambiente calabrese.
Il metodo di analisi. La “qualità” dell’ambiente può essere intesa come l’esito dell’effetto combinato di singoli elementi, la cui diversità e numerosità (inquinamento, pressione demografica, uso delle risorse, pratiche produttive eco-compatibili) motiva la ricerca di indicatori di sintesi in grado di snellire l’analisi, individuare di identificare i punti di forza e di debolezza del sistema e di rendere possibili i confronti tra aree diverse. Si tratta, quindi, di individuare un criterio di scelta delle variabili più importanti che definiscono il fenomeno ambientale, senza, tuttavia, causare un’eccessiva perdita delle informazioni contenute nei dati originari. In questo articolo, si utilizza l’analisi delle componenti principali (PCA), che è un metodo efficace per affrontare il “trade-off” tra la perdita di informazioni e la semplificazione del problema.
L’analisi è finalizzata a fornire una misura della “Sostenibilità e Qualità Ambientale”- SQA – in Italia nel 2006 e nel 2013. Per ottenere l’indice SQA si fa riferimento alle seguenti nove variabili: densità di popolazione, agricoltura biologica, raccolta differenziata, rifiuti, Eco Management, energia prodotta da fonti rinnovabili, emissioni di CO2, aree protette e mobilità. E’ ragionevole affermare che questi fattori rappresentino i riferimenti di base che vengono analizzati in sede di costruzione delle politiche ambientali. Singolarmente considerati, essi colgono specifici aspetti del problema e una loro valutazione congiunta consente di ottenere un’utile sintesi della complessità del problema ambientale. Al fine di poter effettuare confronti temporali, si è scelto di utilizzare le variabili più importanti, che combinate tra di loro, consentono di spiegare almeno 75% della variabilità osservata sui dati ambientali. In altre parole, utilizzando l’indice SQA per gli anni 2006 e nel 2013 siamo sicuri che con poche variabili elementari spieghiamo al minimo i tre quarti della variabilità dei fenomeni ambientali.
Le variabili importanti. L’esercizio di semplificazione ha ridotto da 9 a 3 il numero delle variabili sufficienti per studiare l’ambiente nel 2006. Si tratta di eco management, raccolta differenziata ed energia prodotta da fonti rinnovabili. La replica dell’esercizio nel 2013 fa sì che tale numero aumenti da 3 a 4: agricoltura biologica, raccolta differenziata, aree protette ed emissioni di Co2. Un primo risultato è che dal 2006 al 2013 è aumentato il numero delle variabili da utilizzare per ottenere l’indicatore di sintesi SQA, suggerendo che per avere una buona approssimazione del fenomeno ambientale è necessario includere nell’analisi nuovi fattori che, nel tempo, rappresentano diverse caratteristiche del fenomeno. Inoltre, si osserva una diversa composizione dell’insieme delle variabili utilizzate per calcolare SQA: l’unico fattore comune che rientra nei calcoli sia nel 2006 sia nel 2013 è la raccolta differenziata. Questi risultati confermano, quindi, la presenza di un profondo dinamismo del fenomeno ambientale, all’interno del quale cambia sia il peso sia il ruolo delle variabili che lo caratterizzano. Da un lato, alcuni fattori possono essere considerati irrilevanti per studiare la complessità dell’ambiente: essi, infatti, “catturano” poco della variabilità osservata sui dati ambientali. Le analisi “uni-dimensionali” che focalizzano l’attenzione su queste specifiche fattori giungono, quindi, a risultati di dubbia utilità perché approssimano la complessità ambientale con variabili “poco importanti”. Dall’altro lato, il confronto tra il 2006 e il 2013 è di estrema utilità perché segnala la necessità di analizzare il fenomeno con regolarità: l’analisi puntuale su un anno non è in grado di cogliere la dinamica e la presenza dei cambiamenti strutturali in atto nel settore ambientale.
L’indicatore di Sostenibilità e Qualità Ambientale
La Figura 1 riporta il valore dell’indice SQA della Calabria, del Mezzogiorno e dell’Italia. Il primo risultato che emerge è che, limitatamente agli anni presi in considerazione e tenendo conto delle variabili incluse nell’analisi, le condizioni di sostenibilità ambientale sono migliorate sensibilmente in tutto il paese: per l’Italia l’indice SQA è aumentato da 0,2 a poco meno di 0,4. Inoltre si nota che nel 2006 la qualità ambientale in Calabria era il 13% inferiore rispetto alla media nazionale; la distanza del Mezzogiorno dal resto del paese era, invece, pari all’11%. La situazione è migliorata sensibilmente nel 2013: si è registrato, infatti, un aumento sostanziale dell’indice SQA della Calabria che risulta essere superiore del 34% (0,38/0,62) rispetto a quello calcolato per l’Italia e del 17% rispetto alla media delle regioni meridionali. In base a questi dati, si può ragionevolmente affermare che si è avuto un incremento generalizzato di SQA, sebbene la crescita non sia stata uniforme tra le regioni: in Calabria, per esempio, l’indice SQA è aumentato a tassi rilevanti, passando da 0,05 a circa 0,6.
Analisi di sensibilità I tassi di crescita dell’indice SQA osservati per l’Italia e per le singole regioni sono molto elevati e meritano un minimo di approfondimento. Guardando alla diversa composizione nel tempo dell’indice SQA si evidenzia come il risultato del 2013 della Calabria sia trainato dalla variabile Agricoltura Biologica: nel 2006 non era rilevante, mentre lo diventa nel 2013 con un’elevata importanza relativa nella composizione dell’indice di sintesi (Figura 3). Al fine di verificare l’effettiva significatività ed attendibilità dei risultati finora ottenuti, l’analisi è stata replicata eliminando l’agricoltura biologica dall’insieme delle variabili di base. Questo esercizio mostra come i risultati della PCA siano sensibili alla dimensione e alla composizione del set informativo di partenza. Cambiano sia le variabili sia il loro peso nella costruzione dell’indice SQA, poiché quest’ultimo nel 2006 era sintetizzato dalla mobilità, dall’energia prodotta da fonti rinnovabili ed dalle emissioni di CO2, mentre nel 2013 l’analisi indica la rilevanza di nuove variabili Sebbene non sia possibile fare confronti tra i risultati delle diverse analisi PCA (cambia la varianza di riferimento) è, comunque, importante evidenziare che entrambi gli esercizi PCA giungono alla stessa conclusione. Essi infatti, mostrano come nel 2013 lo stato di salute del sistema ambientale calabrese sia migliore di quello che si osserva nel resto del paese.
Discussione Per rendere più lineare la discussione faremo riferimento alle variabili che l’analisi PCA ha dimostrato essere quelle più importanti nella definizione dell’indicatore SQA (Figure 2 e 3).
La situazione relativa alla gestione dei rifiuti in Calabria è ancora particolarmente critica, soprattutto rispetto al raggiungimento degli obiettivi fissati dalla vigente normativa comunitaria e nazionale ed è resa ancora più complessa, oltre che dai ritardi infrastrutturali (carenza di impianti e servizi per la raccolta differenziata), anche dall’alto livello di frammentazione delle reti urbane e dalla configurazione territoriale. Questi vincoli strutturali emergono dai dati, i quali mostrano come la Calabria sia al di sotto della media nazionale e Mezzogiorno (Figura 2).
L’istituto emergenziale del commissariamento, che è perdurato per oltre 15 anni e che era stato avviato, accertata l’incapacità degli organi amministrativi regionali e locali a dar soluzioni al problema dello smaltimento dei rifiuti, con l’obiettivo di risolvere rapidamente l’emergenza, si è rivelato un fallimento. Il nuovo POR Calabria 2014-2020 prevede l’allocazione di parte delle risorse per l’ottimizzazione della gestione dei rifiuti urbani secondo la gerarchia comunitaria. Dall’esame delle azioni realizzate, di quelle in corso di realizzazione e di quelle programmate nel nuovo POR, emerge che lo sforzo che la Regione deve compiere è principalmente quello di innalzare la quota di raccolta differenziata, garantendosi in tal modo il miglioramento di tutti gli indicatori. Per quanto riguarda il completamento del sistema impiantistico regionale occorre considerare che, pur in presenza delle risorse necessarie, i tempi di progettazione, realizzazione ed entrata in esercizio di tali opere non sono compatibili con le reali esigenze dei cittadini, delle imprese e della collettività in genere. Resta ferma la necessità di attuazione del Piano di gestione dei rifiuti, prioritariamente con la realizzazione degli impianti di trattamento nelle province che ne sono sprovviste, ed è evidente che lo sforzo che la Regione deve compiere è quello di rendere la raccolta differenziata una pratica generalizzata su tutto il territorio regionale.
La Calabria è caratterizzata, inoltre, da una forte dipendenza energetica (31,2% circa del fabbisogno regionale), legata esclusivamente alle importazioni di petrolio. La produzione di energia elettrica regionale deriva in larghissima parte da impianti di tipo tradizionale. In base agli ultimi dati disponibili, gli impianti di generazione elettrica presenti in Calabria sono 40, di cui 25 idroelettrici, 13 termoelettrici e 2 tra eolici e fotovoltaici. Oltre l’87,8% della produzione lorda regionale (7.321,2 GWh) è generata da impianti termoelettrici (comprese le biomasse) e il 19,2% da impianti idroelettrici. A fronte di ciò, la Regione Calabria presenta un saldo energetico positivo. Dai dati pubblicati dal Gestore della Rete e relativi alla produzione di energia elettrica, si rileva che, a fronte di una produzione netta destinata al consumo di 8.600 GWh/anno l’energia richiesta per il consumo interno ammonta a 6.565 GWh/anno, con un surplus di 2.035 GWh/anno. La regione riesce, dunque, a coprire tutto il proprio fabbisogno energetico e esportare la produzione in eccesso. Le fonti alternative, pur se presenti in buona quantità, devono necessariamente essere potenziate. Per poter garantire un maggiore utilizzo di queste fonti alternative si rende necessario creare una strutturata rete di monitoraggio, ridurre l’utilizzo di combustibili derivati dal petrolio e garantire la realizzazione del Piano di Tutela della qualità dell’aria e dei Piani di risanamento.
L’analisi condotta in questo articolo mostra quanto sia importante la presenza sul territorio di esperienze di agricoltura biologica. Emerge, peraltro, un divario sostanziale in termini di diffusione di aziende agricole biologiche presenti sul territorio calabrese rispetto al resto del Mezzogiorno e della media italiana. Sono state, comunque, individuate alcune criticità nella catena di distribuzione, quali, per esempio, l’eccedenza delle produzioni rispetto alla trasformazione dell’alimento pronto al consumo; la bassa valorizzazione del prodotto risultante da una strategia commerciale poco efficace. Tali criticità possono essere attribuite ai PSR regionali ed agli aiuti da esso previsti per l’attuazione di tecniche di coltivazione biologica, i quali hanno consentito alle aziende agricole l’accesso agli aiuti senza prevedere vincoli di commercializzazione delle produzioni. Risulta, quindi, necessario strutturare una strategia commerciale più adeguata per garantire una maggiore diffusione e valorizzazione delle produzioni biologiche.
Infine, la superficie dedicata alle aree protette è ragguardevole sia rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno sia rispetto alla media nazionale (la Figura 3 ne evidenzia il peso relativo in termini di costruzione dell’indicatore SQA). Il POR Calabria 2014-2020, peraltro, prevede di attuare politiche a tutela dei livelli di biodiversità e la qualità dell’ambiente nel suo complesso. Infine, la Regione Calabria ha avviato le procedure per la redazione del Piano Regionale di Tutela della Qualità dell’Aria. La fase di avvio ha previsto l’analisi delle reti e infrastrutture esistenti sul territorio regionale per il controllo della qualità dell’aria in aree industriali, urbane e remote. Ciò ha portato ad un notevole abbattimento delle emissioni.
In conclusione si può affermare che risulta necessario intraprendere un’azione sinergica e di lungo periodo per poter garantire la sostenibilità ambientale a livello locale e, quindi, nazionale. Ciò deve realizzarsi cercando di massimizzare gli obiettivi previsti dal POR Calabria 2014-2020, con la dovuta attenzione di massimizzare l’efficacia della spesa.