In Italia ci sono 1487 coppie di comuni, quindi quasi 3000 comuni, che sono distanti tra loro al massimo 5 chilometri. Nel nostro paese, quindi, si hanno molte aree geografiche ad elevata concentrazione spaziale di centri urbani che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono anche di piccola dimensione. Un modello di governo del territorio basato sull’azione frastagliata di piccoli centri amministrativi che godono, però, del vantaggio di essere prossimi nello spazio: spostarsi da un luogo a un altro richiede tempi di percorrenza significativamente minori di quelli che si osservano in qualsiasi città di media o grande dimensione.
La prossimità geografica deve essere, quindi, intesa come un’opportunità da cogliere in sede di pianificazione di nuovi modelli di governance del territorio. Uno dei tanti vantaggi è che in questi casi non esiste, per esempio, l’onere di ridurre le distanze attraverso la costruzione di nuove infrastrutture fisiche.
L’implicazione è di proporre e implementare, pur nella salvaguardia dell’identità e delle specificità delle comunità, nuove regole a sostegno dei processi di fusione dei nano comuni che sono tra loro vicini. Infatti, non è chiaro il senso di mantenere polverizzata in migliaia di centri di spesa l’offerta di servizi comunali e la gestione del territorio, quando lo spazio relazionale di moltissimi borghi fa già leva sulla prossimità geografica e, quindi, anche su quella sociale, economica e culturale.
Il tema della prossimità geografica fornisce, quindi, elementi di valutazione che vanno nella stessa direzione di quelli suggeriti dall’analisi economica sulla capacità dei comuni di offrire servizi alla collettività in modo efficiente e finanziariamente sostenibile.
L’esito di queste argomentazioni è che non esiste ragione alcuna per frenare le fusioni tra comuni vicini e di piccola dimensione (spesse volte con meno di 1000 residenti).
Nonostante gli incentivi finanziari erogati dal Governo, le fusioni stentano a diffondersi spontaneamente in tutto il paese (sono rare a Sud e più frequenti a Nord). Ne discende che l’unica soluzione per recuperare efficienza e guadagnare risorse in termini di gestione della finanza pubblica è di prevedere fusioni obbligatorie tra comuni che soddisfano alcune condizioni (popolazione inferiore a 5000 abitanti e prossimità geografica). Affidarsi alla volontà delle periferie per riorganizzare l’amministrazione dei territori è risultata essere una strategia fallimentare. E’ tempo di intervenire con una legge nazionale per rendere obbligatorie le fusioni dei comuni.