Le zone economiche speciali e il piano per il Sud 2030

Basta l'accentramento dei poteri per renderle efficaci?

Il 14 febbraio il Presidente del Consiglio Conte e i ministri Provenzano e Azzolina hanno presentato il Piano per il Sud 2030 presso l’Auditorium dell’Istituto d’Istruzione Superiore ‘F. Severi’ di Gioia Tauro. Alcune novità riguardano le Zone Economiche Speciali (ZES) istituite e da istituire nel Mezzogiorno d’Italia. In particolare, si intenderà cambiarne la Governance, nominando un Commissario Straordinario per ciascuna ZES. E’ una modifica che sarà a basso impatto se non sarà affiancata da una rivisitazione del ruolo e degli strumenti dei Comitati di Indirizzo delle ZES.

Il mancato avvio delle ZES. Sebbene dal 9 agosto 2019 l’Agenzia delle Entrate abbia disposto la definizione delle modalità di presentazione della comunicazione per la fruizione dello “straordinario” credito d’imposta, le quattro ZES già istituite nel Mezzogiorno d’Italia (Calabria, Campania, Ionica Interregionale Puglia-Basilicata e Adriatica Interregionale Puglia-Molise) non interessano gli investitori nazionali e internazionali. Ciò dipende da almeno tre motivi.

Il primo motivo è che non si è ancora attuato quanto previsto nei Piani di Sviluppo Strategico di ciascuna ZES in tema di infrastrutturazione e di messa in sicurezza delle aree. Questo è vero anche in presenza di progetti e di capitali regionali e nazionali per finanziare le opere (è quanto sicuramente avviene nel caso della ZES di Gioia Tauro).

Il secondo motivo è che è rimasto sulla carta anche il Decreto Semplificazione, poiché non sono stati avviati gli Sportelli Unici per facilitare il carico burocratico delle procedure amministrative legate agli investimenti industriali.

In terzo motivo dipende dal ruolo ambiguo e, quindi, poco incisivo del Comitato di indirizzo di ciascuna ZES. Pur avendo molti obiettivi da conseguire – tra cui avviare “iniziative necessarie volte ad attrarre investitori nazionali ed internazionali nell’area ZES” (art. 8, c. 1, lettera i, DPCM 12/25 gennaio 2018) – il Comitato non ha né il potere né gli strumenti necessari per perseguirli.

Le ZES e il Piano per il Sud 2030. Affinché ciascuna ZES possa essere considerata un’opportunità di investimento sarebbe quindi sufficiente attuare quanto già previsto nei decreti istitutivi e nei singoli piani di sviluppo strategico (su questo si veda anche Aiello 2018, 2019a 2019b) Si tratta di aspetti che necessariamente devono essere affrontati per rendere efficaci le ZES, tant’è che sono replicati nel “Piano Sud 2030 – Sviluppo e Coesione per l’Italia” predisposto dal Ministero per il Sud e per la Coesione Territoriale.

La novità del Commissario Governativo e l’accentramento dei poteri. L’elemento di maggiore novità del Piano Sud 2030 è che a presiedere i Comitati di indirizzo di ciascuna ZES sarà un Commissario Straordinario di Governo e non più il presidente dell’Autorità Portuale. Ciascun Comitato di indirizzo aumenterà, pertanto, di un’unità di personale e sarà composto in prevalenza da membri di nomina ministeriale (il Commissario Straordinario si aggiunge a due membri già nominati dalla presidenza del consiglio dei ministri e dal ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al rappresentante della Regione e al presidente dell’Autorità Portuale). La risposta al mancato avvio delle ZES è, quindi, un cambiamento della Governance interna di ciascuna ZES e un accentramento decisionale, poiché i soggetti responsabili saranno i Commissari Straordinari delle ZES, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministero dell’Interno e l’Agenzia della Coesione Territoriale (ACT). Cambia, in sostanza, anche il ruolo delle Regioni che sarà residuale e subordinato ai poteri del Commissario e dell’ACT. In questo schema si assume che la responsabilità del mancato avvio delle ZES sia a carico delle periferie e che l’accentramento possa accelerarne l’implementazione per la (presunta) migliore capacità istituzionale del centro. A riguardo, nell’impianto del Piano Sud 2030 tutto ruota attorno alla figura del Commissario Straordinario, la cui caratura professionale dovrà essere di elevato profilo manageriale, anche di livello internazionale per intercettare l’interesse degli investitori istituzionali.

Chi fa che cosa? La questione aperta è che anche quella legata alla tipologia di ZES che vorremmo avere nel Mezzogiorno d’Italia. Al momento attuale non esiste alcuna indicazione e, quindi, il modello di riferimento è di avere tante ZES “generaliste”, la cui differenziazione è filtrata in modo velato all’interno dei piani di Sviluppo Strategico di ciascuna ZES. Poiché non ha molto senso avere tante ZES generaliste, rimane poco chiaro chi dovrebbe selezionare gli investimenti industriali ammissibili per garantire che le ZES siano “specialistiche” o “quasi-specialistiche” in particolari settori economici. E’ un’attività che non può svolgere il Commissario Straordinario, ma che potrebbe rientrare nei compiti del Comitato di indirizzo, il quale però non ha risorse per svolgere questa attività. Alla tendenza di accentrare tutte le decisioni a Roma e in mano al Commissario Straordinario, occorrerebbe affiancare la rivisitazione del ruolo e degli strumenti a disposizione dei singoli Comitati di indirizzo di ciascuna ZES. Il rischio è che il Commissario potrà essere efficace solo per far fare ai Ministeri cose “normali” – quali le infrastrutture e la sicurezza delle aree ZES – mentre sarà poco utile per fare decollare definitivamente le ZES.

 


 

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