Migranti e imprenditori agricoli in provincia di Cosenza

Parlare di stranieri che lavorano nel settore agricolo significa, quasi sempre, fare riferimento ai lavoratori stagionali occupati periodicamente come braccianti. Sebbene questa presenza sia significativa, gli stranieri sono impegnati nel settore agricolo anche come imprenditori. Si tratta di un fenomeno la cui dimensione è ridotta, ma le tendenze in atto lo rendono di interesse per meglio comprendere i percorsi di integrazione lavorativa e sociale che si stanno realizzando in Calabria.

La scarsa conoscenza della presenza e delle caratteristiche della popolazione immigrata che svolge attività lavorativa nel settore dell’imprenditoria agricola rende necessaria un’attività di monitoraggio. Ciò contribuirebbe ad approfondire una parte importante della realtà economica del territorio nazionale che, nel prossimo futuro, vedrà verosimilmente una crescente presenza di immigrati occupati sia con profili di lavoro subordinato e sia di lavoro autonomo.

Per delineare il profilo dell’iniziativa imprenditoriale dei migranti in Italia, il principale riferimento statistico è la banca dati Infocamere, che registra tutte le imprese iscritte negli elenchi delle Camere di Commercio italiane. Il criterio di identificazione di quelle che possiamo convenzionalmente definire “Imprese Immigrate”, è la nascita all’estero dei soggetti coinvolti. Restano esclusi gli imprenditori stranieri nati in Italia, mentre vengono conteggiati i migranti che hanno acquistato la cittadinanza italiana e gli italiani nati all’estero. In questo contributo l’oggetto di analisi, è “l’Impresa Immigrata” e non gli imprenditori immigrati, categorie che si sovrappongono solo nel caso delle ditte individuali. A fine 2015, risultano essere 13.758 (Tabella 1) le imprese a conduzione immigrata in Calabria, un numero che colloca la regione al quarto posto nel Meridione, con una quota sul totale d’area dell’11,0% e del 2,5% in Italia. Rispetto alle imprese presenti in regione, quelle immigrate rappresentano il 7,6% e  raggiungono i picchi massimi nelle province di Reggio Calabria (8,4%) e di Catanzaro (10,4%).

In prevalenza le imprese immigrate sono localizzate nelle province di Cosenza (31,8%), Reggio Calabria (31,5%) e Catanzaro (25,2%). Quelle condotte da donne, invece, che nella media regionale sono il 25,6%, raggiungono le punte più alte nelle province Cosenza (28,8%) e Crotone (29,0%).

Diversamente dall’andamento delle imprese italiane, che in regione è stato negativo (-1,0%), quelle immigrate negli anni 2011-2015 sono cresciute del 25,8%. Degno di nota è il dato di Reggio Calabria, dove l’incremento è stato del 39,5%. Anche nel corso dell’ultimo anno (2014-2015) si è avuto un aumento del 6,5% (a Reggio Calabria +10,5%) a fronte di un corrispondente valore di appena +0,8% per le imprese italiane. A fine 2015, inoltre, il saldo tra iscrizioni (1.440) e cessazioni (624) è stato positivo per 816 unità.

Le ditte individuali Per quel che concerne gli immigrati responsabili di ditte individuali, nel 2015 risultano essere attive in Calabria 12.587 attività, di cui il 24,8% è a capo di una donna. Tra i Paesi di nascita il più rappresentato è il Marocco, che assorbe il 44,1% dei responsabili immigrati, ben al di sopra delle quote dei gruppi nazionali che lo seguono in graduatoria: cinesi (5,2%), senegalesi (4,4%) e pakistani (4,4%). Tuttavia, in alcune province, si rilevano specifiche peculiarità quanto ai gruppi rappresentati: i pakistani sono il terzo gruppo nelle province di Cosenza, Vibo Valentia e Reggio Calabria; i bangladesi sono secondi a Crotone e quarti a Catanzaro; gli indiani sono secondi a Reggio Calabria (ciò verosimilmente è imputabile alla forte incidenza che tale comunità ha nel reggino, a fine 2015 sono residenti 3.422 indiani, rappresentando il 79,3% del totale insediato a livello regionale); i romeni si collocano al terzo posto a Crotone e al quarto in quelle di Cosenza e Vibo Valentia. Alcune differenze si riscontrano nelle fasce di età (si Veda Figura n°1), infatti in Calabria si registrano quote più alte per la fascia d’età 51-65 anni (20,1% a fronte del 18,3% in Italia) e per quella 18-35 (31,2% rispetto a una media del 29,1%), mentre è rappresentato al di sotto del valore medio nazionale il gruppo dei 36-50enni (46,7% contro il 50,9%).

Dai dati disaggregati per provincia si evince che le quote più alte si registrano per tutte e cinque i casi per la fascia d’età 36-50 anni, in particolare l’incidenza maggiore si ha a Cosenza (52,7%) e a  Crotone (50,3%), mentre quote bassissime si registrano per gli over sessantacinquenni. Come nella gran parte del Meridione, anche in Calabria prevale nettamente il settore dei servizi (Tabella 2): quasi 9 responsabili immigrati su 10 (87,3%) svolgono la propria attività in questo ambito (per lo più commercio e alberghi e ristoranti), solo l’8,1% nell’industria (soprattutto costruzioni, ma anche manifattura) e il 3,5% in agricoltura. L’imprenditoria immigrata in Calabria, quindi, si caratterizza per un inserimento decisamente più alto nei servizi e più basso nell’industria.

Le imprese immigrate nel settore agricolo in provincia di Cosenza

Gli imprenditori stranieri nel settore agricolo in Calabria  risultano essere complessivamente 520 al III trimestre 2016, rappresentando l’1,66% del totale delle imprese che operano complessivamente nel settore agricolo (Tabella 3). Dai dati riportati in tabella si evince come le imprese immigrate operanti nel settore agricolo siano soprattutto concentrate nella provincia di Cosenza (242). Risultano essere diffuse in particolar modo nelle seguenti attività: (i) 01.26 Coltivazione di frutti oleosi: 49; (ii) 01.23 Coltivazione di agrumi: 35; (iii) a pari merito troviamo il comparto delle Coltivazione di ortaggi e meloni, radici e tuberi (01.13) e delle Attività di supporto alla produzione vegetale (01.61) che hanno rispettivamente 32 imprese immigrate. Esaminando la dinamica delle imprese immigrate nel settore agricolo registrate dal 2012 al III trimestre del 2016, si evince un tasso di crescita pari a 22,74% (Tabella 4) a livello regionale, mentre nella provincia di Cosenza si ha un incremento maggiore rispetto la media regionale, che è pari, infatti, a 25,12 per mille. Scendendo nel dettaglio del grado di partecipazione degli immigrati al controllo delle aziende loro ricondotte nel settore agricolo e, quindi, della struttura giuridica delle stesse, la fotografia scattata dai dati di Infocamere ci restituisce un’immagine dalle caratteristiche chiare e ben definite (Tabella 5): si tratta in larga maggioranza di attività costituite nella forma dell’impresa individuale (nella misura di 8 casi su 10, ovvero oltre 450 a livello regionale). Detto questo, va pure rilevato il peso delle cooperative che arrivano ad incidere per il 6,92% sul totale delle imprese a conduzione immigrata operanti nel settore agricolo, una netta prevalenza di questa forma giuridica è nella provincia di Cosenza (30 cooperative al III Trimestre 2016).

I dati sulle imprese individuali permettono di valutare il diverso grado di partecipazione al settore imprenditoriale dei vari gruppi nazionali che compongono il quadro dell’immigrazione in provincia di Cosenza[1]. Con esclusiva attenzione in questo contributo del settore agricolo, analizzeremo la nazionalità dei titolari delle imprese individuali. Al III trimestre 2016 nelle principali nazionalità (prime cinque posizioni) troviamo imprenditori che hanno nazionalità tedesca, svizzera, canadese e statunitense, per questo gruppo di imprenditori va fatto un discorso a sé, in quanto verosimilmente essi sono i discendenti degli emigrati italiani del ‘900, quindi sono cittadini italiani nati all’estero e successivamente rientrati in Italia, dove hanno avviato appunto un’attività imprenditoriale.

Le principali nazionalità dei titolari delle attività imprenditoriale sono le seguenti:

  1. Romania (presente in tutte le province, esclusa quella di Vibo Valentia)
  2. Albania (presente nelle prime cinque nazionalità solo per il caso della provincia di Cosenza, ciò verosimilmente imputabile alla forte incidenza della collettività albanese residente nel territorio cosentino)
  3. Da notare che in questo caso la conduzione è femminile
  4. Bulgaria, Ucraina e Libia.

Al III trimestre del 2016 le imprese immigrate individuali operanti nel settore agricolo, sono per il 51,26% condotte dalle donne in provincia di Cosenza.

Conclusioni

Dai dati analizzati emerge che le imprese immigrate nel settore agricolo hanno una dimensione marginale e sicuramente ridotta rispetto agli altri settori di questa realtà. Questo vale sia in termini assoluti sia per quanto riguarda le caratteristiche delle aziende, che risultano essere di ridottissime dimensioni e spesso a gestione individuale. L’imprenditoria immigrata sembra, infatti, anche in altri settori, costituire una delle poche possibili risposte alle difficoltà lavorative che gli immigrati possono mettere in atto. Tuttavia, pur trattandosi di un fenomeno di nicchia, l’imprenditoria straniera nel settore agricolo costituisce anche un segnale della progressiva stabilizzazione e diversificazione dell’immigrazione sul territorio italiano. L’avvio di un’attività imprenditoriale è certamente costellata da mille difficoltà, tra cui quella più vincolante è rappresentata dalla complessità delle procedure burocratiche. Per quel che concerne il finanziamento, si osserva che spesso avviene con risorse personali, che probabilmente si sono accumulate durante l’esperienza migratoria pregressa. La richiesta di aiuto esterno sembra essere comunque limitata, a indicare come sia il bagaglio personale dell’imprenditore a giocare un ruolo fondamentale nell’avvio e nel successo dell’attività in proprio. Un’altra caratteristica di questo settore è la significativa presenza di donne (in Calabria nel  III trimestre 2016 è pari al 51,65%), che è più alta rispetto ad altri settori in cui si registrano considerevoli livelli di imprenditoria straniera. Si fa riferimento, per esempio, al commercio, ove vi è una forte presenza delle attività imprenditoriali straniera. In tal caso, In Calabria nel 2016 la conduzione di imprese femminili pesa per il 25,6%.

Possiamo concludere dicendo che il lavoro autonomo rappresenta una chance di mobilità sociale dei migranti. E’ anche un tentativo di riscatto e di emancipazione dai ruoli secondari cui i lavoratori migranti restano massicciamente convogliati (secondo una tendenza rafforzata dalla crisi). Le potenzialità che un tale bacino imprenditoriale può sviluppare sono molteplici: sviluppo di settori strategici, rigenerazione di territori sofferenti sul piano demografico e produttivo ed, inoltre, supporto all’internazionalizzazione della rete delle piccole e medie imprese locali.

 

[1] La graduatoria delle collettività immigrate nel nostro paese, infatti, si riserva nel mondo imprenditoriale o meglio, nello specifico della ditta individuale, secondo peculiari caratteristiche.

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