Italiani, europei, extracomunitari. L’occupazione nelle regioni europee

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L’Istituto di statistica europeo Eurostat ha pubblicato i dati sull’occupazione dei lavoratori nelle regioni europee di età compresa tra i 20 e i 64 anni, distinti in base alla cittadinanza: nazionale, europea ed extraeuropea.  I primi sono gli occupati la cui nazionalità coincide con quella del paese in cui lavorano (es. lituani occupati in Lituania), i secondi sono i cosiddetti expats, cittadini europei occupati in un altro paese dell’Unione (es. italiani occupati nel Regno Unito) e i terzi sono lavoratori extracomunitari.

Complessivamente, il tasso di occupazione dei lavoratori comunitari impiegati in un paese Ue diverso da quello di residenza è pari al 77% (coerente con il target della strategia Europa 2020 fissato al 75%), quello dei occupati nel paese di residenza  è pari al 74%, mentre l’occupazione degli extra-comunitari è al 59%.  

Expats, un confronto tra le regioni europee 

Prendendo in considerazione i lavoratori expats emerge che il più alto tasso di occupazione si registra nella regione Cumbria in Regno Unito (97% degli europei non-britannici risulta occupato), seguita da Lituania (il 95.3% dei cittadini europei non-lituani ha un’occupazione) e cinque regioni nel Regno Unito (Southern Scotland, Lancashire, Gloucestershire, Wiltshire and Bristol, Highlands and Islands e Devon) nelle quali il tasso medio è del 94%. Al contrario, i tassi di occupazione più bassi (inferiori al 50%) si registrano nelle regioni elleniche Kentriki (38%) e Voreia Ellada (42%), in Molise (44%), Groningen (Paesi Bassi, 48.3%), Limousin (Francia, 49.5%) e in Calabria (49.8%). Relativamente all’Italia, nelle regioni del Nord est si osserva il più alto tasso di occupazione di comunitari (73.6%), mentre al Centro è al 67.6% e al Sud e nelle Isole è mediamente al  54%. Nelle regioni confinanti con uno stato Ue, dove la mobilità transfrontaliera è relativamente più semplice, tale valore è pari al 71%.   

L’occupazione dei lavoratori extra-europei, invece, è particolarmente elevata nella regione ceca Stredni Morava (88.4%), in Lituana (Sostines, 87.3%), nelle regioni britanniche Dorset and Somerset ed Essex (84%) e nella macro-regione della Polonia del nord (83%). Tassi più bassi, invece, si concentrano principalmente nelle regioni di Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito.

“Prima i lavoratori italiani” 

In Italia il tasso di occupazione di cittadini non comunitari è del 66%. Quello più elevato è registrato in Sardegna (70.5%) che è 15 punti percentuali più alto rispetto a quello dei nazionali (55.7%) e 11 punti percentuali più alto rispetto agli occupati comunitari.  Oltre alla Sardegna, anche in altre cinque regioni italiane il tasso di occupazione dei cittadini extraeuropei è più alto rispetto a quello dei nazionali, in particolare in Campania (occupati italiani 44.4% contro occupati extra-Ue 63.7%), Sicilia (15.6 punti percentuali di differenza),, Calabria (+ 12.7 pp), Puglia (+5.4 pp) e Lazio (+0.8 pp).  Nelle altre regioni, di contro, il tasso di occupazione degli italiani è sempre più elevato, con uno scarto oscillante da un minimo di + 3.7 punti percentuali dell’Abruzzo ad un massimo di + 18.2 pp della Valle d’Aosta.

Analogamente, se si confronta il tasso di occupazione dei lavoratori italiani con quello dei comunitari, in 7 regioni tra cui Campania (+12.7 pp), Sicilia (+8.6 pp) e Calabria (+4.9 pp), il tasso di occupazione degli expats è più elevato rispetto a quello degli italiani. Il solo confronto delle percentuali, tuttavia, potrebbe trarre in inganno e far giungere a conclusioni fuorvianti, anche perché il tasso di occupazione è calcolato su popolazioni e su occupati che cambiano in base alla nazionalità. 

Chi e quanti sono i lavoratori in Europa e in Italia

Secondo i dati del primo quadrimestre del 2019, nell’Unione europea sono impiegati più di 224 milioni di lavoratori, di cui 9.6 milioni (4.3%) sono extra comunitari, 9.4 milioni (4.2%) sono europei ma lavorano in un paese Ue diverso da quello di residenza. Ciò significa che più di 205 milioni di persone (91.5% del totale) lavorano nello stesso paese di cui sono cittadini.  In Italia, secondo i dati Eurostat del primo quadrimestre 2019, risultano occupati 22.4 milioni di individui tra i 20 e i 64 anni: il 90% nazionali (20 milioni), 1 milione e 630 mila non europei e solo 770 mila comunitari, ovvero il 3.5% del totale. Quest’ultimo dato è inferiore sia alla media europea sia a quello osservato in altri paesi come Lussemburgo (quasi un lavoratore su due risiede altrove in Europa), Irlanda (13%) o Germania (6.5%). 

Quota di lavoratori non-nazionali rispetto al totale degli occupati, distinti in extracomunitari e comunitari, dati 2019 Eurostat

 

Regioni del Sud fanalino di coda in Europa per numero di occupati nazionali

Gli occupati extra europei, quindi, non solo rappresentano in assoluto una componente minoritaria nel mercato del lavoro italiano, ma sono concentrati nei gradini più bassi della gerarchia occupazionale (collaboratore domestico, lavapiatti, muratore, bracciante agricolo), anche in presenza di titoli di studio superiori. Questo fenomeno, suggerisce anche una possibile spiegazione agli alti tassi di occupazione a livello regionale degli extracomunitari, i quali hanno generato – soprattutto nei settori caratterizzati da bassa specializzazione e nel periodo di crisi- un effetto compensativo rispetto alla contrazione della componente italiana. Uno dei dati più preoccupanti, infine, riguarda l’occupazione degli italiani tra i 20 e i 64 anni, soprattutto nelle regioni italiane in ritardo di sviluppo (Sicilia, Campania, Calabria, Puglia e Basilicata) che si collocano nelle ultime 6 posizioni nel ranking delle quasi 300 regioni europee. A questo si aggiunge anche la bassa incidenza di lavoratori comunitari e la scarsa capacità di impiegare o trattenere potenziali lavoratori high-skilled, come i giovani laureati o dottorati, caratteristiche che rendono ancora meno attrattivo il mercato del lavoro italiano nello scenario globale. 

 

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