Negli ultimi dieci anni, l’economia della Calabria è stata in stagnazione: il valore aggiunto ha fluttuato intorno ai 28 mld di euro all’anno, con un tasso di variazione negativo (-0,014% all’anno). Sebbene l’80% della ricchezza regionale derivi dai servizi, la “terziarizzazione” non si accompagna a livelli di benessere tipici delle economie mature. La regione è tra le più povere d’Europa, intrappolata in un paradosso di “falsa terziarizzazione” che combina una struttura economica di apparente maturità con uno sviluppo arretrato.
Uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo è il peso eccessivo dei settori a bassa produttività, come agricoltura, commercio e pubblica amministrazione. Quest’ultima genera un quarto del valore aggiunto e, insieme a commercio, trasporti e attività immobiliari, rappresenta il 61% del prodotto calabrese. Questi settori, prevalentemente orientati alla domanda locale, sono caratterizzati da scarsa dinamicità e quindi determinano la stagnazione aggregata. La ridotta incidenza del settore manifatturiero, che rappresenta solo il 3,8% del valore aggiunto regionale, conferma la debolezza dell’economia regionale. Le dinamiche in atto sono, peraltro, molto preoccupanti. Dal 2010 al 2021, gli investimenti totali in Calabria sono diminuiti del 21%, con un calo addirittura del 41% nel manifatturiero. In contrasto, a livello nazionale, il manifatturiero ha registrato un aumento degli investimenti del 22%. Inoltre, le imprese manifatturiere calabresi sono diminuite da 8.922 nel 2012 a 7.507 nel 2022, mentre il totale delle imprese è cresciuto. Questo segnala una crescente marginalizzazione dell’industria, che resta ben lontana dalla capacità di trainare l’economia regionale.
È evidente che la Calabria ha bisogno di un nuovo modello di sviluppo per superare la trappola della povertà in cui è caduta. La pubblica amministrazione e i settori tradizionali, invece di stimolare crescita, soffocano l’economia e alimentano un circolo vizioso di dipendenza da sostegni. Per innescare una crescita duratura, è fondamentale creare spazio al mercato e, in particolare, all’industria manifatturiera. Le aree ZES, come Gioia Tauro, devono essere rilanciate come poli industriali di eccellenza. Tuttavia, per farlo, è indispensabile rendere attrattivi i luoghi offrendo beni pubblici di qualità (efficienza amministrativa, servizi, sicurezza, legalità).
Un piano di attrattività degli investimenti privati deve focalizzarsi anche su una maggiore collaborazione tra imprese e il sistema universitario. Solo con posti di lavoro qualificati, la Calabria potrà avere una prospettiva basata sulla permanenza dei talenti, necessari per creare competitività. I dati mostrano chiaramente come la regione si stia allontanando sempre di più dalle dinamiche di crescita del resto d’Italia. La strada dello sviluppo passa obbligatoriamente dall’accrescimento del ruolo del mercato che aiuta la transizione verso un’economia trainata dall’export, dall’innovazione e dal rafforzamento dei settori (terziario avanzato e manifatturiero) in grado di confrontarsi con la disciplina e il dinamismo del mercato globale.
Questa nota è stata pubblicata sul Quotidiano del Sud (Edizione del 12 Novembre 2024) con il titolo: "La Calabria nella trappola della povertà. Come se ne esce"