Quanto spendono i comuni italiani

Nel triennio 2015-2017. la spesa media per abitante dei comuni italiani ammonta a 1856 euro. Questo valore aumenta a 2940 euro quando si considerano i comuni con meno di 1000 residenti e a 2060 euro per la pletora di comuni fino a 6000 abitanti. Elevate differenze si riscontrano sia all’interno di ciascuna regione sia da una regione all’altra. In questa nota si intende fornire un approfondimento sulla differenziazione geografica della spesa dei comuni italiani e una verifica delle economie di scala che possono caratterizzare le attività di particolare gruppi di comuni.

I comuni italiani. L’analisi si basa sui dati di AIDA Pubblica Amministrazione (PA) e si riferisce al triennio 2015-2017. Il numero dei comuni analizzati varia da anno in anno: i comuni sono 7979 nel 2015, 7765 nel 2016 e 7233 nel 2017.[1] Nel triennio 2015-2017 la dimensione media è pari a 7561 residenti per comune. L’Italia è un paese di piccole comunità: nel 2017, ben 54 comuni hanno una popolazione inferiore a 100 residenti. I comuni con meno di 500 abitanti sono 795 (circa 11% del totale), mentre quelli con meno di 1000 residenti sono 1967 (il 27% del totale).

La suddivisione per fascia demografica. Per gli obiettivi specifici di questa nota, i comuni sono stati suddivisi in 7 fasce demografiche. La prima fascia include 1817 comuni con una popolazione massima di 1000 residenti (la dimensione media dei comuni di questa fascia è di 542 abitanti). Nella seconda fascia ricadono 2253 comuni aventi una popolazione compresa tra 1000 e 3000 abitanti (la media all’interno di questo gruppo è pari a 1842 residenti). L’ultima fascia include le città con più di 1 milione di abitanti.[2] I dati evidenziano la presenza di moltissimi comuni di piccola dimensione: nel 2017 i comuni con meno di 1000 abitanti sono ben il 25% dei comuni italiani. In essi vive meno del 2% della popolazione totale. Se si considera la successiva fascia demografica, si ottiene che il 56% dei comuni italiani ha una popolazione massima di 3000 residenti. Quelli con meno di 6000 residenti sono 5375 (il 75% dei comuni italiani) e in essi risiedono circa 12 milioni di persone (meno di un quinto della popolazione nazionale). La sintesi è che il governo della stragrande maggioranza del territorio italiano è affidato a una pletora di piccoli comuni.

La spesa pro-capite dei comuni Italia L’interesse è sulla spesa pro-capite dei comuni italiani, che nel triennio 2015-2017 è in media pari a 1856 euro. Essa assume valori ad elevata variabilità.

A livello di singoli comuni il punto di minimo è pari a 391 euro e si è registrato nel 2015 a Villafranca Padovana in provincia di Padova. I primi dieci comuni più “virtuosi” sono Casale sul Sile (Treviso), Masate (Milano), Terrassa Padovana (Padova), Vigasio (Verona), Teverola (Caserta), Pojana Maggiore (Vicenza) Bovolenza (Padova), Campodarsego (Padova), Cartura (Padova). Si tratta di comuni che guidano la classsifica di quelli che registrano un livello di spesa annuale estrememamente basso (<500 euro pro capite).  All’interno del gruppo composta da 80 comuni più “virtuosi”, si osserva una netta prevalenza di enti del nord e, in particolare del Veneto. Il sud è rappresentato solo da 4 comuni della provincia di Caserta (Cervino con una spesa di 482 euro nel  2016), Napoli (Crispano con 489 euro nel 2016), Lecce (Monteroni di Lecce (492 euro nel 2016 e nel 2017) e Palermo (Misilmeri con 499 nel 2015).  I primi 5 comuni della Calabria con bassa spesa pro-capite sono San Gregorio d’Ippona in provincia di Vibo Valentia con 595 euro nel 2016, Ionadi (Vibo Valentia con una spesa di 631 euro nel 2016), Limbadi (Vibo Valentia con 649 euro nel 2015), Rocca di Neto (Crotone con 656 euro nel 2015) e Davoli in provincia di Catanzaro (679 euro nel 2017).

All’estremo opposto, il punto di massima spesa (oltre 62000 euro per abitante) si è osservato nel 2016 a Carapelle Calvisio in provincia dell’Aquila. Il gruppo dei meno virtuosi  è  composto da molti comuni dell’Abruzzo (Santo Stefano di Sessanio con 54mila euro di spesa per abitante nel 2017;  Acciano con 44mila euro di spesa nel 2015; Caporciano 41mila euro nel 2017; Tione degli Abbruzzi 31mila eruo nel 2016 e nel 2017), da Micigliano (provincia di Rieti con 43mila euro nel 205) e da Ussita in provincia di Macerata (32 mila euro nel 2017). Questi valori riflettono verosimilmente i costi della ricostruzione dopo i terremoti che hanno interressato quella parte del paese. Tuttavia, la spesa pro-capite è elevatissima (>30000 euro) anche in comuni che non sono stati interessati da eventi naturali, tra cui, per esempio, Campione d’Italia (Como), Ingria (Torino) e Foppolo (Bergamo). I 10 comuni calabresi che, in uno degli anni del triennio in esame, hanno registrato la più elevata spesa procapite sono Casignana (nel 2015 e nel 2015), Serra d’Aiello (2015), Pietrafitta (2015), Ferruzzano (2016), Staiti (2016), Roseto Capo Spulico (2015), Cicala (2015), Carpanzano (2015), Castroregio (2015) e San Pietro in Amantea (2015).

Su base regionale, la spesa comunale più bassa si osserva in Veneto (1065 euro per abitante), Lombardia (1226 euro) ed in Emilia Romagna (1321 euro), mentre i valori medi più elevati si hanno in Valle d’Aosta (4661 euro) Abruzzo (3683 euro) e in Trentino Alto Adige (3683 euro). Nel periodo 2015-2017, in Calabria la spesa media pro-capite dei comuni è stata pari a 2071 euro (figura 1).

 

Figura 1

Comuni piccoli ed economie di scala. La figura 2 evidenzia un andamento ad U della spesa procapite comunale osservata in Italia nel triennio 2015-2017: nei comuni appartenenti alla fascia F1 (< 1000 residenti), la spesa media è pari a 2937 euro per abitante. Questi comuni garantiscono un livello di servizi ai cittadini spendendo in media poco meno di 3000 euro per residente. La spesa diminuisce a 1759 euro pro-capite quando si considerano i comuni con una popolazione compresa tra 1000 e 3000 residenti (fascia F2). L’andamento decrescente della variabile di interesse si riscontra fino alla quarta fascia dimensionale: il punto di minimo della spesa media è pari a 1212 euro per abitante e si ha nei comuni che hanno una popolazione compresa tra 6000 e 15000 residenti (fascia F4). La spesa aumenta nei comuni più grandi fino al livello di 3000 euro per abitante nelle città con più di 1 milione di residenti.[3] Limitando l’attenzione ai dati al tratto decrescente della curva della spesa pro-capite, si può evidenziare che nella determinazione della spesa totale, un abitante di un piccolo comune pesa in media il 60% in più di un abitante di un comune ricadente nella fascia F4 (da 6 a 15 mila residenti).

 

Figura 2

I dati per regione L’andamento a U delle spese medie per abitante si riscontra in molte regioni italiane. E’ evidente in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Veneto. Questa regolarità empirica non si osserva in Umbria, le cui spese medie pro-capite dei comuni diminuiscono e aumentano da una fascia all’altra. L’assenza di un andamento regolare si ha anche in Molise e in Liguria. Di particolare interesse sono i risultati relativi ai comuni della Sicilia e della Puglia. In Sicilia, le economie di scala sembra che operino sempre, così come in Puglia (sebbene in quest’ultimo caso la spesa pro-capite aumenti leggermente passando dalla penultima all’ultima fascia dimensionale). Evidente è anche la presenza di forti economie di scala in Basilicata, Toscana, Trentino Alto Adige e in Valle d’Aosta in cui un aumento delle spese pro-capite si osserva solo quando si considera il passaggio dalla penultima all’ultima fascia di popolazione.

I confronti regionali Il confronto dei risultati ottenuti nelle 20 regioni italiane mostra come l’effetto scala sia rilevante quando si passa dai nano comuni (<1000 abitanti) ai comuni con una popolazione compresa tra 1000 e 3000 residenti (fascia F2). Questa regolarità empirica è osservata in tutte le regioni italiane. Le economie di scala determinano una significativa riduzione delle spese-pro-capite anche nel passaggio dalla II alla III classe dimensionale dei comuni, mentre l’effetto si attenua dalla III alla IV fascia dimensionale. E’ anche interessante osservare che il punto di minimo della spesa media pro-capite si raggiunge in corrispondenza dei comuni con una popolazione compresa tra 3 e 6mila residenti in Abruzzo, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta, oppure nella fascia successiva (popolazione comunale compresa tra 6 e 15mila residenti) in Basilicata, Emilia Romagna, Marche e Piemonte e Veneto. La differenza di spesa tra le fasce F3 e F4 non è rilevante in Calabria, Lazio e Lombardia. Infine, esistono marcate differenze da una regione all’altra anche a parità di dimensione dei comuni. Per esempio, la spesa media pro capite nei comuni con meno di 1000 residenti è pari a 2939 euro (figura 2). Questa media nazionale è l’esito di un’elevata eterogeneità che esiste a livello regionale: la spesa media pro-capite registrata nei nano comuni è superiore a 6000 euro in Abruzzo, Puglia e in Valle d’Aosta (figura 3, panela F1). All’estremo opposto, la spesa pro-capite fluttua attorno a 2000 euro nei piccoli comuni della Lombardia, del Piemonte e dell’Emilia Romagna. Elevati divari regionali si ottengono anche quando si considerano i comuni ricadenti nelle altre fasce demografiche.

Figura 3

Sintesi. I dati segnalano quanto sia importante per la finanza pubblica nazionale approfondire le ragioni dell’eterogeneità nell’efficienza della spesa dei comuni. A parità di dimensione, si è osservato che le attività comunali generano una spesa pro-capite molto diversa da regione a regione.  La spesa è più elevata della media nazionale nelle aree con particolari condizioni orografiche (Abruzzo, Molise, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta), in quelle meridionali (Campania, Sicilia, Sardegna e in Calabria), mentre i comuni a più bassa spesa sono quelli del Veneto, dell’Emilia Romagna e della Lombardia. La rappresentazione della spesa procapite per fascia demografia indica, inoltre, la presenza di rilevanti economie di scala all’interno dei comuni più piccoli. Sfruttare queste economie di scala rappresenta un efficace modo per ridurre le inefficienze nella gestione della spesa pubblica del paese.

 


[1] La diversa consistenza numerica dei comuni da anno in anno è l’effetto delle fusioni tra comuni avvenute in questi anni in Italia.

[2] La banca dati AIDA PA considera le seguenti demografiche: fascia F1 (0-1000 residenti); fascia F2 (1001-3000); fascia F3 (3001-6000); fascia F4 (6001-15000); fascia F5 (15001-45000); fascia F6 (45001-1000000); fascia F7 (oltre 1 milione di residenti).

[3] L’andamento ad U della spesa pro-capite è una regolarità empirica che caratterizza la gestione economico-finanziaria dei comuni italiani. Risultati analoghi a quelli di questa nota si ottengono quando si analizza la spesa storica elaborata dall’Istituto SOSE (clicca qua per l’analisi del 2013).


 

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