Fra il 2002 e il 2015 1,75 milioni di persone, di cui oltre 900 mila giovani di età compresa fra 15 e 34 anni, sono emigrate dal Mezzogiorno (il saldo migratorio netto é stato di 519 mila per i giovani da 15 a 34 anni).[1] Per cercare di contrastare questo fenomeno, il 9 giugno 2017 il Governo ha approvato un decreto legge contenente disposizioni urgenti per la crescita economica del Mezzogiorno. Il decreto legge é stato convertito in legge dal Parlamento il 1° agosto 2017 (legge n. 123 del 3 agosto 2017), e la legge di conversione è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica il 12 agosto 2017. Sulla stessa Gazzetta Ufficiale é stato pubblicato il testo del decreto legge coordinato con le numerose e rilevanti modifiche introdotte con la legge di conversione.
La disposizione più significativa contenuta in questa legge[2] appare la “Misura a favore dei giovani imprenditori nel Mezzogiorno denominata «Resto al Sud»” (articolo 1). Essa prevede, per la costituzione di nuove imprese nel Mezzogiorno, finanziamenti fino a un massimo di 50.000[3] euro per giovani da 18 a 35 anni residenti nel Mezzogiorno, con un massimo di 200.000 euro per impresa, di cui il 35% a fondo perduto e il 65% nella forma di prestito a tasso zero da restituire entro 8 anni. La legge ha una dotazione complessiva di 1,25 miliardi di euro[4], proveniente dal Fondo Sviluppo e coesione 2014-2020, ripartita in 9 anni, fra il 2017 e il 2025, di cui poco più di un miliardo nel triennio 2018-2020. Possono essere finanziate attività imprenditoriali relative alla produzione di beni nei settori dell’artigianato, dell’industria, della pesca e dell’acquacoltura, o alla fornitura di servizi, ivi compresi i servizi turistici, ad esclusione del commercio e delle attività libero professionali. Per l’operatività concreta della misura è previsto un decreto attuativo che doveva essere adottato entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione (13 agosto 2017) ma che fino al 23 settembre 2017 non risulta essere stato ancora pubblicato.
Una previsione di massima sugli effetti che potrà avere la misura “Resto al Sud” può essere effettuata sulla base degli effetti del decreto legge 24 ottobre 1985 n. 561, reiterato con il decreto legge 30 dicembre 1985 n. 786, convertito con la legge n. 44 del 1986 (legge De Vito), che introdusse misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo dell’imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno. La legge 44/86, al fine di favorire lo sviluppo di nuova imprenditorialità nel Mezzogiorno, prevedeva per le cooperative e le società costituite prevalentemente da giovani da 18 a 29 anni operanti nel Mezzogiorno contributi in conto capitale fino al 60%, e finanziamenti a un tasso pari al 30% di quello di riferimento, per le spese di impianto e per le attrezzature, nonché contributi per le spese di gestione fino al 75% per il primo anno, 50% per il secondo e 25% per il terzo. La legge prevedeva inoltre assistenza tecnica nella fase di predisposizione del progetto e di avvio dell’iniziativa, attività di formazione e qualificazione professionale, mediante un comitato ministeriale per la promozione dell’imprenditorialità giovanile presieduto da Carlo Borgomeo, e una impresa-tutor che affiancava ciascuna nuova iniziativa nei primi anni di vita. La legge 44/86 fu allora considerata un successo, tanto che a partire dal 1994 la sua operatività fu estesa anche ad alcune aree del Centro-Nord dell’Italia (vari decreti legge a partire del 31 maggio 1994, convertiti con la legge n. 95 del 1995).
In una intervista a “Repubblica” del 25 febbraio 1994 Carlo Borgomeo affermò che in sette anni la legge 44/86, con una spesa di 2.700 miliardi di lire (corrispondenti a circa 2 miliardi di euro attuali) aveva stimolato la nascita di circa 900 imprese, con la creazione di 6.000 posti di lavoro.
Tenendo conto della minore disponibilità di risorse, supponendo che si riesca a replicare il successo delle legge 44/86, si potrebbe stimare in circa 600 imprese e 4.000 nuovi posti di lavoro l’effetto complessivo per i prossimi 5-6 anni delle nuove misure a sostegno dell’imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno. Sulla base di questa stima, gran parte della dotazione della legge sarebbe non utilizzata o spesa per iniziative non sostenibili. Se invece si riuscisse ad utilizzare l’intera dotazione per iniziative sostenibili, si potrebbero avere almeno 6.500 nuove imprese e almeno 26.000 occupati[5]. In ogni caso, se si confrontano queste stime sui nuovi posti di lavoro potenziali con i 900.000 giovani emigrati dal Mezzogiorno fra il 2002 e il 2015 (o anche con il saldo migratorio netto di 519 mila giovani), appare purtroppo alquanto ottimistica l’affermazione “Resto al Sud” con cui si è pensato di etichettare le misure di promozione dell’imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno contenute nella legge n. 123 del 3 agosto 2017.
[1] Svimez, Anticipazione dei principali andamenti economici e sociali dal “Rapporto Svimez 2017 sull’Economia del Mezzogiorno”, Roma, 28 luglio 2017, pag. 42.
[2] La legge prevede inoltre diverse altre misure per le regioni del Mezzogiorno, tra cui: 1) la possibilità di dare in concessione a persone di età compresa tra 18 e 40 anni terreni agricoli o altri immobili inutilizzati; 2) il potenziamento dei cluster tecnologici nazionali per l’accelerazione e la qualificazione della programmazione nel campo della ricerca e innovazione a favore delle aree del Mezzogiorno; 3) la disciplina delle Zone economiche speciali nel Mezzogiorno (una, o al massimo due per regione); 4) disposizioni di semplificazione per la valorizzazione dei Patti per lo sviluppo; 5) misure per il completamento delle infrastrutture; 6) interventi urgenti per il contrasto della povertà educativa minorile e della dispersione scolastica nel Mezzogiorno.
[3] L’importo massimo é stato aumentato da 40 a 50 mila euro con la legge di conversione.
[4] Una dotazione aggiuntiva di 50 milioni di euro è prevista per l’agricoltura.
[5] La forte differenza fra le stime deriva dal fatto che gli incentivi della legge 44/86 erano molto più forti di quelli previsti dalle legge 123/2017. Ciò sembra comportare un rischio piuttosto elevato di una mancata utilizzazione di gran parte della dotazione della legge 123/2017, oppure di una sua utilizzazione per iniziative non sostenibili.