L’indicatore che più drammaticamente evidenzia la profonda crisi strutturale dell’economia in Calabria e in gran parte delle altre regioni del Mezzogiorno é il tasso di occupazione: per 100 persone in età da lavoro (15-64 anni), circa 39 ne sono state occupate in Calabria nel 2014, a fronte di 50 in Grecia, 57 in Spagna, 62 nelle Marche, 64 in Veneto, 65 in Lombardia, 66 in Emilia Romagna, 62 in Belgio, 64 in Francia, 68 negli USA, 74 in Germania. Pressoché uguale a quello della Calabria é stato nel 2014 il tasso di occupazione in Sicilia e in Campania, e soltanto di poco più alto in Puglia (42). Oltre a ciò: 1) circa il 23% degli occupati calabresi sono irregolari, a fronte del 18% nelle altre regioni del Mezzogiorno e dell’8% nel Nord dell’Italia; 2) circa il 92% del lavoro calabrese é svolto in settori protetti dalla concorrenza dei lavoratori di altre regioni o paesi, a fronte del 75% nel Nord dell’Italia [1].
Alcuni dei principali effetti negativi di un basso tasso di occupazione furono messi magistralmente in evidenza da Amartya Sen, premio Nobel per l’economia nel 1998, in un lavoro presentato nel 1997 presso la Banca d’Italia [2]:
“The joblessness …… inflicts damages in many different ways, loss of current output…; skill loss and long-run damages: just as people “learn by doing”, they also “unlearn” by “not doing” …….; income loss and inequality…. : unemployment influences the extent of inequality and also the extent of poverty ……; loss of freedom and social exclusion ……. this loss of freedom is seen by many unemployed people as a central deprivation; psychological harm and misery ….leading to a long-run loss of self-esteem … also for lack of self-respect and motivation generated by persistent unemployment; loss of human relations …. motivational decline and resignation, with a weakening of the distinction between being in the labour force but unemployed and being out of the labour force altogether; … racial inequality and tensions, since immigrants are often seen as taking away jobs from natives; weakening of social values: unemployment…… feeds a sense of exclusion and a feeling of grievance against a world that does not give the jobless an opportunity to earn an honest living;” (Sen, 1997, pp.7-18).
Sen propose un impegno politico per la riduzione della disoccupazione in Europa analogo a quello finalizzato alla riduzione del disavanzo e del debito pubblico, al fine di rafforzare il principio per cui ciascuno dovrebbe contare sulle sue proprie forze, piuttosto che fare affidamento su aiuti pubblici. Una situazione in cui un giovane ha una elevata probabilità di rimanere disoccupato per molto tempo non promuove certo il senso di libertà e di autonomia delle persone. Secondo Sen (1997, p. 26), “Tolerating enormously high levels of unemployment certainly goes against the foundations of a society in which self-help is possible. The penalties of unemployment not only include issues of income loss, but also far-reaching effects on self-confidence, work motivation, basic competence, social integration and the appreciation and use of individual freedom.”
Per l’Italia, il bassissimo tasso di occupazione regolare in Calabria e in gran parte delle altre regioni del Mezzogiorno si riflette in un disavanzo primario della finanza pubblica dell’ordine del 25% del prodotto interno lordo in Calabria e del 17% nelle altre regioni del Mezzogiorno. Disavanzi che devono essere compensati da elevati avanzi primari, vale a dire politiche fiscali fortemente restrittive, nelle regioni del Nord dell’Italia. Disavanzi di analoga entità negli scambi con l’esterno di merci e servizi sono provocati in Calabria e nelle altre regioni del Mezzogiorno dalla carenza di occupazione nelle attività produttive a mercato internazionale; anche in questo caso, i disavanzi della Calabria e delle altre regioni del Mezzogiorno devono essere compensati da avanzi nelle regioni del Nord negli scambi di merci e servizi, che richiedono in quelle regioni sia politiche restrittive della domanda interna, sia salari minori di quelli di equilibrio competitivo[3].
Questi squilibri potrebbero essere drasticamente ridotti mediante sgravi fiscali automatici volti a stimolare in Calabria e nelle altre regioni del Mezzogiorno l’occupazione in attività produttive a mercato internazionale (in particolare attività manifatturiere e servizi a mercato internazionale). Questi sgravi sarebbero essenzialmente a costo zero, poichè l’occupazione regolare in queste attività nelle regioni del Mezzogiorno è attualmente molto bassa, così che, anche applicando gli sgravi fiscali a tutte le persone occupate nel Mezzogiorno in attività produttive esposte alla concorrenza esterna, la riduzione delle entrate fiscali sull’occupazione attuale in queste attività sarebbe molto contenuta. D’altronde, l’occupazione aggiuntiva stimolata da sgravi fiscali in queste attività stimolerebbe occupazione aggiuntiva anche in attività produttive a mercato locale i cui prodotti sono utilizzati nelle attività a mercato internazionale, con conseguenti aumenti delle entrate fiscali. L’avvio verso una relazione fisiologica fra domanda e offerta di lavoro avrebbe, inoltre, come conseguenza una riduzione del lavoro irregolare, con ulteriori effetti positivi sulle entrate fiscali nelle regioni del Mezzogiorno.
[1] A. Sen, “The Penalties of Unemployment”, Banca d’Italia, Servizio studi, Temi di discussione, 1997, n. 307.
[2] I tassi di occupazione nelle regioni italiane per il 2014 sono riportati in: Banca d’Italia, “Economie regionali”, n. 21, giugno 2015, pag. 39. I tassi di occupazione nei paesi dell’OECD sono riportati in : OECD, “Employment outlook”, 2015, pag. 267. Gli occupati nel 2014 nelle diverse regioni italiane, distinti per settore produttivo, sono riportati in: Banca d’Italia, Economie regionali, giugno 2015, pag. 35. Una stima per il 2011 degli occupati regolari e irregolari in Calabria, nel Mezzogiorno e in Italia è riportata in: Banca d’Italia, Economie regionali, l’economia della Calabria, giugno 2015, pag. 54 (tavola a2).
[3] Una stima dei saldi primari delle amministrazioni pubbliche nelle diverse regioni italiane per il triennio 2005-2007 è stata effettuata da Staderini e Vadalà, “Bilancio pubblico e flussi redistributivi regionali”, in: Banca d’Italia, “Il Mezzogiorno e la politica economica dell’Italia”, a cura di L. Canari e D. Franco, Giugno 2010, pagina 160. Secondo le stime presentate in: Banca d’Italia, Economie regionali, n. 43, dicembre 2015, pag. 57, tavola a1.6, nel 2013 la spesa pubblica primaria totale nel Mezzogiorno é stata pari al 65,6% del PIL, mentre le entrate totali sono state pari al 48,1% del PIL, con un disavanzo primario pari al 17,5% del PIL, a fronte di un avanzo pubblico primario nel Centro-Nord pari all’8,6% del PIL, derivante da una spesa primaria pari al 39,2% del PIL e da entrate totali pari al 47,8% del PIL . Una stima delle importazioni nette delle regioni italiane per gli anni fra il 2006 e il 2007 é riportata nella Relazione generale sulla situazione economica del Paese, pubblicata dal Ministero dell’economia e delle finanze a maggio 2010, appendice TR1 (Conto economico delle risorse e degli impieghi per regione).