La distribuzione spaziale dei vitalizi regionali In Italia le regioni erogano 3517 vitalizi a consiglieri e assessori regionali, equivalenti nel 2016 ad una spesa totale pari a 157.4 milioni di euro. In media, un percettore di un vitalizio riceve poco meno di 45 mila euro annui, ossia 3700 euro al mese (al lordo della tassazione). Le regioni con il maggiore numero di vitalizi sono la Sicilia e la Sardegna (310 e 311 rispettivamente, circa l’8% del totale), seguite dal Lazio (269 vitalizi, il 7,6% del dato nazionale) e dal Veneto (245; 7%). All’estremo opposto si collocano la Basilicata (101;2,8%) e il Molise (83;2,4%). In Calabria, i vitalizi sono 185, equivalenti al 5,3% dei vitalizi totali.
Il valore dei vitalizi per regione La figura 1 mostra come il valore medio annuo dei vitalizi vari molto da regione a regione. Il valore più elevato della rendita vitalizia si ha in Puglia, in cui i 208 percettori ricevono in media 72300 € annui (6025€ al mese). In questa classifica, la regione Lazio si colloca in seconda posizione (59200€), seguita dalla Sicilia (57382€), dalla Sardegna (55363€) e dal Trentino Alto Adige (46683€). Le due regioni più “parsimoniose” sono l’Abruzzo (27334€) e la Toscana (26634€). In Calabria, il valore medio annuo del vitalizio regionale è di 51042€, equivalente a circa 4250€ al mese. La figura 2 riporta la distribuzione dei vitalizi calabresi per fascia di rendita mensile: si noti come 5 percettori ricevano al massimo 2450€ al mese. Il caso più frequente è quello dei 43 vitalizi ricadenti nella fascia 3550€-4650€ mensili. Ben 62 vitalizi ammontano a più di 4650€ mensili (di cui 20 ricadenti nella fascia superiore delimitata dal valore massimo di 7950€ al mese). L’elenco dei vitalizi erogati nel 2017 è consultabile dal sito della Regione Calabria
La dimensione relativa dei vitalizi Un modo per comprendere il peso della spesa regionale per vitalizi è di relativizzarla rispetto a qualche aggregato di interesse. Esistono molti modi per ottenere misure relative di questa spesa, due dei quali si ottengono prendendo come base di riferimento la ricchezza pro-capite regionale e le spese correnti dei bilanci regionali. La figura 3 segnala quanto sia elevato il valore relativo dei vitalizi rispetto al PIL pro-capite regionale. Solo in Lombardia, Emilia Romagna e Toscana i vitalizi sono inferiori al PIL pro-capite (in Veneto i valori sono equivalenti). In Puglia questo canale reddituale consente ai beneficiari di ricevere una rendita che è 4 volte superiore al PIL medio dei cittadini pugliesi. Il rapporto è 3,35 in Sicilia, 2,75 in Sardegna e 2,63 in Trentino Alto Adige. In Calabria, un beneficiario (ex consigliere/assessore regionale) di un vitalizio riceve, in modo perpetuo nel tempo, un flusso mensile di reddito che è il triplo del PIL-pro-capite dei Calabresi (figura 3).
Infine, se ci considera la quota dei vitalizi sul totale delle spese correnti delle regioni, emerge che in media in Italia i vitalizi ai consiglieri e assessori regionali assorbono il 10% delle spese correnti dei bilanci regionali (figura 4). I valori estremi si hanno, dal un lato, in Lombardia (3%), Emilia Romagna (5%) e Toscana (5%) e in Molise (40%), Sardegna (27%) e Basilicata (23%). In Calabria, questo rapporto è il 20%, un valore doppio della media nazionale. In molti casi, quindi, la spesa per vitalizi consuma molti gradi di libertà che le regioni hanno nella gestione annuale delle spesi correnti.
Sintesi Si è rilevato come aver svolto in passato funzioni politico-istituzionali all’interno delle regioni italiane sia stata una condizione per poter beneficiare di cospicue rendite vitalizie. Sebbene i valori medi siano diversi da regione a regione, i dati segnalano come l’assunzione di queste cariche si sia rilevata un’attività di investimento ad elevato rendimento economico-finanziario. La quantità di risorse mobilitate da questo canale non è tale da incidere a livello macro sui destini del paese. Tuttavia, l’effetto sui singoli beneficiari è rilevante, tant’è che, nella stragrande maggioranza dei casi, la rendita è assimilabile alla vincita ad una lotteria. D’altra parte, le posizioni di rendita derivanti dall’appartenenza a specifici gruppi sociali rappresentano una caratterizzazione dell’Italia. Ciò detto, la somma di tutte le rendite di “dubbia equità” di ciascun microcosmo delle italiche appartenenze sarebbe pari ad una massa monetaria, che – laddove opportunamente razionalizzata – consentirebbe certamente di re-indirizzare qualche politica di spesa pubblica nazionale.
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