In queste settimane si sta giocando un’importante partita per il porto di Gioia Tauro. Con l’approvazione del decreto semplificazioni si è reso esplicito in che cosa consiste la sburocratizzazione delle procedure amministrative per le attività che si insedieranno nell’area della Zona Economica Speciale. Su impulso del Ministro Barbara Lezzi, le ZES del Mezzogiorno stanno rientrando nell’agenda della politica nazionale e lo sforzo da fare è di rendere (nuovamente) Gioia Tauro il perno centrale della portualità del paese. Si è anche conclusa la vertenza dei portuali che nelle ultime due settimane ha determinato il blocco del trasbordo di containers. La ripresa delle attività lavorative è stata possibile grazie all’ipotesi – emersa in un tavolo romano promosso dal Ministro Danilo Toninelli – di rilanciare gli investimenti nei prossimi 18 mesi e consentire al porto di Gioia Tauro di movimentare 4 milioni di TEUs all’anno. È un valore superiore al punto di massimo di 3.64 di TEU movimentati nel 2008.
Serve un approccio sistemico. Che implicazioni hanno l’avvio della ZES e il potenziale rilancio del transhipment sull’economia della Calabria? È una domanda legittima da porsi, soprattutto perché la comunicazione dei sistemi di informazione nazionale e regionale ha trattato i due eventi in modo separato. Come se fossero questioni indipendenti, quando nei fatti la ZES ha senso e può avere un futuro perché è prossima al porto. Quest’ultimo può trarre sostanziali benefici se le imprese ZES sapranno cogliere le opportunità di approvvigionarsi e di commercializzare utilizzando le vie del mare. Continuare a considerare Gioia Tauro come il porto del transhipment è altamente riduttivo. Ecco perché.
L’impatto potenziale del trasbordo. La ripresa fino all’attuale massima capacità produttiva del porto di Gioia Tauro (immaginiamo 4 milioni di TEUs all’anno) genererà un livello occupazionale che è possibile stimare attorno a 1500 addetti, direttamente occupati in attività portuali. A questi si può ottimisticamente aggiungere un’occupazione indiretta di 1500 unità. Ottimisticamente perché attorno all’area di Gioia Tauro deve ripristinarsi l’insieme di attività di servizio legate al trasbordo di containers. Solo in tal modo si soddisferà la regola empirica 1:1 “ad 1 addetto diretto corrisponde un 1 addetto indiretto”, tipica dei porti specializzati in trasbordo di contenitori. In caso contrario, prevarrà l’occupazione diretta con un impatto più contenuto sul mercato del lavoro locale e regionale.
Il quasi-nonsense del trasbordo. Lo scenario di avere 3000 occupati che ruotano attorno al transhipment è una cosa buona. Ottima, se la contestualizziamo all’interno della attuale fase di stagnazione economica. Tuttavia, il modello di specializzazione assoluta verso quest’unica attività portuale genera effetti sul territorio che sono significativamente inferiori di quelli che si determinerebbero se una quota dei containers movimentati fosse funzionale al sistema di imprese che si pensa dovranno insediarsi nell’area del retro-porto (sul quasi-nonsense del transhipment si veda anche qua). È su questo fronte che si dovrà lavorare nei prossimi mesi per iniziare a dare un senso alla ZES di Gioia Tauro.
L’integrazione funzionale con la ZES. Alcuni insediamenti industriali della ZES potranno far leva sulla prossimità con le vie del mare per “aprire” una quota di containers che veicolano da Gioia Tauro e “richiuderli” con nuovi prodotti dopo aver effettuato nei propri impianti qualche trasformazione delle materie prime o dei semi-manufatti che giungono da chissà quale parte del mondo.
Discussione. L’integrazione funzionale è uno dei modi per creare ricchezza e occupazione addizionale sfruttando la mole di traffico che gestisce il porto di Gioia Tauro. È uno dei modi per dare un ulteriore senso alla ricorrente tutela dei livelli occupazionali che ciclicamente oscillano anche a causa dell’interesse del concessionario di fare di Gioia Tauro un porto monofunzionale, prevalentemente vocato al transhipment. Nella fase di riorganizzazione delle attività portuali di Gioia Tauro, la sfida che deve vinta è quella di sfruttare questa infrastruttura portuale per rilanciare l’economia dell’intera regione. La ricchezza che essa produce non deve essere un’esclusiva degli stakeholder del transhipment: quei contenitori devono anche essere pensati come strumenti per lo sviluppo della Calabria.
Questa nota è stata pubblicata sul Quotidiano del Sud (Edizione del 26 febbraio 2019)