È stato divulgato in questi giorni il rapporto Invalsi 2019. I dati che ne derivano descrivono una situazione estremamente preoccupante per il Meridione e, in particolare, per la Calabria che in tutte le prove e per ogni grado del processo formativo si colloca ultima o penultima nella graduatoria. Il Rapporto Invalsi recita testualmente “Alcune regioni, in primo luogo la Calabria, ma anche la Campania, la Sicilia e la Sardegna si segnalano per risultati particolarmente bassi in pressoché ogni grado d’istruzione”.
Le competenze per disciplina e per livello scolastico. Diamo uno sguardo innanzitutto alle competenze in Italiano (Tabella 1). Già dalla V elementare la nostra regione si discosta in maniera sostanziale e statisticamente significativa non solo dalle regioni del centro-nord, ma anche da alcune regioni meridionali (Abruzzo, Basilicata, Molise e Puglia, che si collocano al di sopra della media nazionale) piazzandosi ultima nel punteggio delle competenze in Italiano con una media di 190 contro un punteggio medio nazionale pari a 200. La situazione peggiora nel corso del tempo: in terza media la Calabria resta ancora ultima nella classifica, ma con un punteggio medio di 186 contro una media nazionale di 199, il gap da 10 punti aumenta a 13. Nelle seconde classi dei licei/istituti tecnici/professionali, la Calabria dall’ultimo passa al penultimo posto (con un punteggio medio di 189 contro una media nazionale di 204), ma torna ad essere ultima in V superiore con un punteggio medio di 182 contro una media nazionale di 200 e, quindi, con un gap di ben 18 punti.
Lo stesso dato sconfortante si rileva quando si esaminano i risultati ai test di matematica. Anche in questo caso la Calabria fa peggio non solo delle regioni del centro-nord, ma anche delle vicine Basilicata e Puglia (Tabella 2). La differenza di circa 8 punti rispetto alla media nazionale in seconda elementare si allarga a 19 punti in terza media e a 21 punti in quinta superiore. Il gap all’ultimo anno delle superiori rispetto alla regione con il miglior punteggio medio (il Friuli Venezia Giulia) è di ben 40 punti. Come si può vedere dalla Figura 1, dove si rappresentano i risultati in matematica per tipologia di istituto, in V superiore, il punteggio medio ottenuto dagli studenti calabresi che frequentano il liceo scientifico è inferiore a quello raggiunto dagli studenti che frequentano un istituto tecnico in Piemonte. Inutile dire che il dato diventa ancora più preoccupante se si considerano gli studenti che frequentano gli istituti professionali (un quadro non molto diverso per le differenti tipologie di scuola emerge se si considerano le competenze in Italiano).
La situazione di grave difficoltà dei nostri studenti è evidente quando si esaminano i dati per livello di competenze raggiunto. La Figura 2 riporta la distribuzione percentuale degli studenti che frequentano l’ultimo anno delle superiori nei livelli di competenza in matematica: emerge che dopo 13 anni di istruzione (se non si considera la scuola materna), più del 60% degli studenti calabresi non raggiunge il livello 3 che è quello considerato adeguato. Ancor peggio, circa il 35% degli studenti raggiunge solo il livello 1.
A questo punto è quasi superfluo dire che la situazione non migliora se si considerano le competenze nella lingua Inglese (Tabella 3). I risultati di queste prove riproducono le stesse differenze con le regioni del centro-nord già riscontate in Italiano e Matematica; differenze che iniziano a comparire in quinta elementare e si amplificano nel corso del processo formativo.
Cosa incide su questi risultati? Cerchiamo, però, di capire meglio cosa ci dicono questi dati. Qualcuno potrebbe osservare che gli studenti calabresi ottengono risultati peggiori perché provengono da condizioni socio-economiche di maggiore svantaggio, in quanto non bisogna dimenticare che la Calabria è la regione italiana con il Pil pro-capite più basso. Ma basta ciò a spiegare le differenze che emergono dai test Invalsi? Certo le condizioni socio-economico si ripercuotono su numerose variabili che certamente comprendono anche il rendimento scolastico. Tuttavia, quello che ci mostrano i dati Invalsi è che il gap con le altre regioni italiane inizialmente piccolo e non statisticamente significativo tende a crescere man mano che si procede ai gradi più alti del sistema formativo. Ciò può dipendere da molti fattori. Un primo aspetto da considerare è che in seconda elementare l’errore di misurazione potrebbe essere più alto e di conseguenza anche le differenze tra regioni potrebbero risultare minori, man mano che si progredisce nel sistema formativo i test tendono a cogliere meglio le competenze acquisite e di conseguenza il gap (che c’era già prima) si allarga. Un altro aspetto da considerare è che l’istruzione è un processo cumulativo, se si hanno fondamenta poco solide si costruisce male e man mano che si procede le carenze che scaturiscono dalle differenze iniziali diventano sempre più evidenti. Quindi, iniziali differenze anche piccole, derivanti da peggiori condizioni economiche, tendono ad ampliarsi anche a parità di altri fattori che incidono sull’apprendimento. Infine, ma certamente degno di grande attenzione, è che gli input ricevuti dai nostri studenti nel corso della loro formazione sono peggiori di quelli di cui godono gli studenti di altre regioni. Quest’ultima spiegazione trova supporto nel fatto che il divario con le regioni del centro nord rimane notevole anche se si considerano studenti che provengono da un background socio economico favorevole (si veda Checchi-De Paola). Ciò significa che si tratta di un problema del sistema formativo a cui neanche le risorse familiari riescono a porre rimedio.
Data la notevole disponibilità di fondi Europei di cui la nostra regione ha goduto negli ultimi anni, non sembrerebbe trattarsi di un problema di risorse finanziarie. È più probabile, invece, che sia un problema di qualità dell’insegnamento che – come mostrato dalla letteratura economica – è uno dei fattori che maggiormente contribuiscono alla formazione del capitale umano. Perché i docenti che lavorano nelle scuole calabresi fanno peggio dei loro colleghi – molti dei quali sono calabresi – che operano nelle scuole di altre regioni italiane? Non è facile a dirsi. Qui forse entra in gioco il contesto sociale, che pervaso da corruzione e cattive pratiche (per non parlare di fenomeni di criminalità vera e propria), dedica scarsa attenzione al valore dell’istruzione. Le famiglie anziché pretendere una scuola che funzioni e che offra ai propri figli le stesse competenze e, quindi, le stesse opportunità di quelle di cui godono gli studenti che vivono in altre parti del paese spesso si impegnano ad esercitare pressioni affinché i propri figli abbiano voti più alti o non vengano bocciati. Sembrerebbe un modo per evitare di confrontarsi con la realtà, che però presenta, comunque, il suo conto: l’istruzione, infatti, incide non solo per i risultati che si ottengono nel mercato del lavoro, ma anche su molte altre sfere della vita delle persone, quali la salute e, più in generale, il livello di benessere individuale.