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Un’analisi della distribuzione territoriale del reddito di cittadinanza

by Domenico Marino e Domenico Tebala
26/08/2019
in Lavoro e Occupazione
A A
Un’analisi della distribuzione territoriale del reddito di cittadinanza

Il reddito di cittadinanza ha rappresentato una politica su cui il governo 5Stelle – Lega ha fortemente investito. E’ sicuramente prematuro tentare una valutazione degli effetti di questa politica, tuttavia è possibile fare alcune considerazioni sulla distribuzione territoriale delle domande di erogazione, analisi che può essere prodromica ad un successivo tentativo di valutazione degli effetti che però potrà compiutamente essere fatto solo a consuntivo di almeno un anno di applicazione della misura.

I dati su cui sono state effettuate le analisi sono quelli aggiornati al 30 aprile 2019 e sono riassunti dalla seguente tabella:

Tab. 1– Dati riepilogativi delle domande di erogazione del reddito di cittadinanza per classe di età – Fonte INPS

Come si può facilmente evincere da questa prima tabella si tratta di una misura che ha avuto un impatto forte sulla classe di età 40-67 anni. Il 59,9% delle domande infatti ricade in questa classe di età a fronte di un 22,3% nella classe 25-40. E’, quindi, verosimile pensare che si tratti di una misura che è stata usata come strumento di sostegno al reddito prima ancora che come politica di inserimento lavorativo. In generale ha avuto una bassissima incidenza e un bassissimo successo fra i giovani dato che i richiedenti con età inferiore ai 25 anni è di appena 32183 domande con un’incidenza del 3,1%. La misura è stata incapace di agire sulla disoccupazione giovanile favorendo la prima transizione al lavoro dei giovani.

Al fine di descrivere l’effettiva incidenza delle domande è stata costruita una matrice relativa ai dati delle regioni italiane attraverso quattro step progressivi:

  1. a) selezione di un set di indicatori elementari in base a un modello di valutazione ad hoc centrato sulla sussistenza di requisiti di qualità;
  2. b) ulteriore selezione volta a rendere il set di indicatori più equilibrato e rispondente alla struttura del framework teorico;
  3. c) calcolo di indici sintetici per macroaree (pilastri) facendo ricorso alla metodologia risultata più appropriata per ottenere indicazioni fruibili e analitiche sull’innovazione delle regioni italiane;
  4. d) elaborazione di un indice sintetico finale come riferimento empirico più immediato sull’incidenza delle domande di erogazione del reddito di cittadinanza delle regioni italiane.

L’analisi esplorativa dei dati di input è stata eseguita mediante il calcolo della media, scarto quadratico medio e frequenza, matrice di correlazione e analisi delle componenti principali. Trattandosi di un approccio non compensativo, l’aggregazione semplice degli indicatori elementari è stata effettuata mediante la media aritmetica corretta con penalità proporzionale alla variabilità “orizzontale”.

La normalizzazione degli indicatori elementari è avvenuta mediante trasformazione in indici relativi rispetto al campo di variazione (min-max).

L’attribuzione dei pesi a ciascun indicatore elementare ha seguito un approccio soggettivo, optando per il medesimo peso a ciascun di essi. Dal momento che in alcuni casi gli indicatori elementari presentavano polarità differenti, è stato necessario invertire di segno quelle negative mediante una trasformazione lineare.

Per il calcolo dell’indicatore sintetico è stato utilizzato il metodo di sintesi Adjusted Mazziotta-Pareto Index (AMPI), che consiste nella standardizzazione min-max degli indicatori elementari e aggregazione con la media aritmetica penalizzata dalla variabilità «orizzontale» degli indicatori medesimi. In pratica l’effetto compensativo della media aritmetica (effetto medio) è corretto aggiungendo alla media un fattore (coefficiente di penalità) che dipende dalla variabilità dei valori normalizzati di ciascuna unità (denominata variabilità orizzontale), ossia dalla variabilità degli indicatori rispetto ai valori di riferimento utilizzati per la normalizzazione.

Tale metodo soddisfa tutti i requisiti:

  • Comparabilità spaziale e temporale
  • Non sostituibilità degli indicatori elementari
  • Semplicità e trasparenza di calcolo
  • Immediata fruizione ed interpretazione dei risultati ottenuti
  • Robustezza dei risultati ottenuti.

L’analisi è stata condotta utilizzando il software COMIC (COMposite Indices Creator), sviluppato in Istat e che consente di calcolare indici sintetici e costruire graduatorie, comparare agevolmente diversi metodi di sintesi per selezionare il più idoneo e scrivere una reportistica efficace dei risultati ottenuti.

Il problema affrontato nello studiare la distribuzione territoriale delle domande è stato quello di tenere conto dei diversi fattori demografici, sociali, reddituali che rendono differenti le regioni italiane per individuare quelle che hanno ottenuto una incidenza maggiore dell’incidenza teorica.

I dati dell’analisi sono riporta nella seguente tabella.

Fig. 2 – MAPPA Reddito Procapite
Fig. 3 -MAPPA Domande/Popolazione Attiva (per 1.000)
Fig. 4 – MAPPA Tasso di disoccupazione

Tab.3 Indicatori statistici dei dati

Tipo di statistica Reddito ProCapite Domande/Popolazione Attiva Tasso Disoccupazione
Media 25.294,925 26.315 11.68
Scarto quadratico medio 6.623,961 13.292 5.375
Frequenza 20 20 20

 

Tab. 4 – Matrice di correlazione

Indicatore
base
Reddito ProCapite Domande/Popolazione Attiva Tasso Disoccupazione
Reddito ProCapite 1.000 -0.906 -0.922
Domande/Popolazione Attiva -0.906 1.000 0.949
Tasso Disoccupazione -0.922 0.949 1.000

 

Figura 5 – Analisi influenza (indicatori che pesano di più)

 

Questi dati evidenziano che in termini di incidenza la Calabria è la prima regione, seguita da Sicilia, Campania e Puglia. La distribuzione dimostra il forte impatto della misura sul Mezzogiorno e il relativo basso impatto sulle regioni del Nord. Si differenziano da questo quadro la Toscana che si discosta dal comportamento delle regioni del Centro, avendo un’incidenza bassa delle domande, la Basilicata che si discosta dal comportamento delle regioni del Sud avendo un’incidenza media, il Piemonte e la Liguria che si discostano dalle regioni del Nord avendo un’incidenza media.

Una prima considerazione che emerge da queste analisi è che un limite forte alla efficacia di questa misura è costituito un’altra ambiguità di fondo. Viene, infatti, mischiata una politica attiva (inserimento lavorativo) con un reddito minimo finalizzato alla lotta alla povertà, immaginando di erogare un certo ammontare di denaro sotto forma di card (controllando i consumi) a tutti coloro che in ultima analisi seguono un percorso di transizione al lavoro. Questa commistione snatura i due strumenti rendendoli potenzialmente poco efficaci, mentre potrebbero tranquillamente essere complementari, se erogati in maniera disgiunta a beneficiari differenti.

Un reddito minimo finalizzato all’inclusione per coloro che sono in situazione di povertà assoluta erogato attraverso una card o un bancomat è uno strumento di lotta alla povertà, il salario d’ingresso per l’inserimento lavorativo è una politica attiva per il lavoro.

Diversi, quindi, sono i destinatari, diversi sono gli strumenti, diversi sono i risultati. In assenza di questa diversificazione degli strumenti la proposta di reddito di cittadinanza del governo rischia di essere un ibrido che non facilita la transizione al lavoro, non combatte la povertà, ma fa solo crescere il numero dei lavoratori in nero e il numero dei furbetti del bancomat di cittadinanza.

Per la correzione e/o evitare di queste distorsioni è necessario ripensare allo strumento del reddito di cittadinanza.

Il reddito di cittadinanza, per essere efficace, deve essere diviso in due grandi tronconi:

  1. un salario d’ingresso;
  2. un reddito minimo finalizzato all’inclusione per coloro che sono in situazione di povertà assoluta, dietro assunzione di impegni precisi e erogato anche nella modalità in

Il salario d’ingresso è lo strumento, oltre che sostenibile e con un impatto sui bilanci limitato, con maggiori effetti in quelle regioni in cui la disoccupazione è più elevata. Se fosse stato inserito in una riforma complessiva degli ammortizzatori sociali o, nel caso delle regioni che utilizzano i fondi strutturali su cui potrebbe scaricarsi gran parte dell’onere, potrebbe addirittura essere una misura a costo zero.

La misura del salario d’ingresso, oltre al basso impatto sui bilanci, ha anche il pregio di essere una misura incentivante ed efficace. È incentivante perché può essere usata una sola volta e per un periodo limitato di tempo e perché mette a disposizione di chi cerca lavoro tutta una serie di strumenti che dovrebbero facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro. Si tratta di erogare al disoccupato, per un periodo di 12-18 mesi, un’indennità a fronte della quale dovrà fornire un livello minimo di servizi alla collettività e nel contempo fornirgli una dote sotto forma di bonus formativo e/o bonus per l’assunzione che nel caso in cui venga assunto potrebbe esser utilizzato dall’impresa per ottenere sgravi contributivi. I punti caratterizzanti l’efficacia dello strumento sono:

  1. la temporaneità;
  2. la non rinnovabilità;
  3. il contenuto formativo;
  4. l’attivazione di strumenti di politiche attive del lavoro.

I primi due elementi si possono stabilire per legge, ma il terzo e il quarto punto dipendono dall’efficienza del sistema di transizione al lavoro che in Italia denota dei livelli tra i più bassi tra i paesi industrializzati e, in questo senso, i navigator, pur rappresentando un importante innesto di competenze, da soli non bastano.

Il reddito di cittadinanza ha avuto un grande successo in termini di domande presentate nelle regioni meridionali e può, se rimodulato, aiutare lo sviluppo delle aree depresse del paese e contribuire effettivamente alla lotta alla povertà. Ma la rimodulazione dello strumento, come evidenziato dai primi dati,  è una conditio sine qua non per la sua efficacia.


 

Domenico Marino

Domenico Marino

Domenico Marino, Professore associato di politica economica Presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria, Direttore del Centro Studi delle Politiche Economiche e Territoriali del Dip. Pau dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria e Direttore del Master di II livello in Economia dello Sviluppo e delle Risorse Culturali, Territoriali e Ambientali.

Domenico Tebala

Domenico Tebala

Lavora presso Istat – Ufficio territoriale Lazio, Molise e Calabria – sede Calabria. Nei lavori presentati in convegni e riviste nazionali e internazionali propone indicatori che misurano la distribuzione territoriale di fenomeni complessi – il benessere, la salute, la corruzione, le attività economiche creative e l’attrattività e l’innovazione dei territori - attraverso l’integrazione di diverse fonti e la messa a punto di procedimenti di sintesi pienamente coerenti con la nuova domanda e gli sviluppi metodologici e tecnologici più recenti della statistica ufficiale

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